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Il Foglio sportivo

Così Albertini prepara i tecnici del futuro

Giorgio Burreddu

"Oggi l’allenatore deve essere molto più manager, deve avere più competenze, tecniche e tattiche, di formazione, anche di leadership". Parla il presidente del settore tecnico Figc

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Su due pilastri Demetrio Albertini ha voluto fondare il suo ruolo di presidente del settore tecnico della Figc. Uno ha a che fare con la buona politica. “Non voglio lungaggini, è una delle prima cose che ho detto qui dentro”. L’altro ha a che fare con i sogni. “Ne ho diversi, e dove ci sono i problemi viene fuori il mio essere sportivo. Non mi fermo mai, vado avanti”. Sta succedendo qualcosa a Coverciano, ed è più di un fermento. È una sorta di operatività, di malleabilità delle idee. Che riguarda sì la scuola allenatori, ma non solo. “Sono tante le macro aree su cui siamo intervenuti. Tre in modo particolare. L’interazione tra il settore giovanile scolastico e il Club Italia, l’inserimento di una formazione per il responsabile del settore giovanile a livello organizzativo e la sinergia con le università”.

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Su due pilastri Demetrio Albertini ha voluto fondare il suo ruolo di presidente del settore tecnico della Figc. Uno ha a che fare con la buona politica. “Non voglio lungaggini, è una delle prima cose che ho detto qui dentro”. L’altro ha a che fare con i sogni. “Ne ho diversi, e dove ci sono i problemi viene fuori il mio essere sportivo. Non mi fermo mai, vado avanti”. Sta succedendo qualcosa a Coverciano, ed è più di un fermento. È una sorta di operatività, di malleabilità delle idee. Che riguarda sì la scuola allenatori, ma non solo. “Sono tante le macro aree su cui siamo intervenuti. Tre in modo particolare. L’interazione tra il settore giovanile scolastico e il Club Italia, l’inserimento di una formazione per il responsabile del settore giovanile a livello organizzativo e la sinergia con le università”.

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Ormai non è più strano sentire Albertini masticare un certo politichese, orecchiabile e bello, persino più concreto. Nominato presidente a gennaio del 2019, in questi due anni il cammino di Albertini nel settore tecnico è stato come un percorso a ostacoli. Il Covid rischiava di rallentare tutto, “invece non ci sono alibi, continuiamo a lavorare per trovare soluzioni e migliorare sempre di più le cose”.

 

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Una vita nel Milan, ma anche esperienze in Spagna (“Avrei voluto finire la carriera in rossonero ma se ricominciassi rifarei tutte le esperienze perché ti formano”), dentro il centro tecnico alle porte di Firenze Albertini lavora sulla post-modernità. Del calcio, degli attori in gioco. Allenatore compreso. “Non ho voluto fare l’allenatore per tanti motivi, ma non c’è niente che non sopportavo nei tecnici. È solo il contesto a essere diverso, la visione. Oggi l’allenatore deve essere molto più manager, deve avere più competenze, tecniche e tattiche, di formazione, anche di leadership”. Pensieri che attraverso il settore tecnico e un fitto lavoro di dialogo, Albertini e la sua squadra stanno sviluppando. “La cosa davvero importante è riportare al centro di tutte le componenti il settore tecnico, e cioè essere al servizio di ogni categoria. Perché tante volte si pensa al settore tecnico come al posto degli allenatori. Questo è il luogo più importante per gli allenatori, come per la Nazionale, però il settore tecnico è anche qualcosa a disposizione di tutto il resto”.

 

Albertini parla di manager e allenatori, soprattutto parla di competenze, fattore imprescindibile per il calcio della contemporaneità. “Il calcio è in evoluzione continua e lo sarà sempre. Io ho smesso nel 2005 e in questi quindici anni si sono aggiunte figure permanenti dentro uno staff. Il match analyst, il nutrizionista eccetera. Ma il dominus è l’allenatore, sempre lui, che è molto più manager di una volta”. Dice Albertini che “gli allenatori si dividono in due macro categorie: quelli che insegnano e quelli che gestiscono. Ma una non è meglio dell’altra. Per me sono stati fondamentali in due: Sacchi e Capello. Sacchi perché mi ha trasformato da calciatore, cioè da uno che calcia bene il pallone, a giocatore di calcio. La distanza tra le due cose è sottile, ma il giocatore si cala nel contesto, il calciatore non è detto che lo faccia. Invece Capello ha avuto fiducia in me nel lanciarmi: avevo vent’anni”. Il talento non basta, serve anche chi lo alimenta. E come si fa? Le competenze aiutano anche gli allenatori. “La cosa che non puoi comprare è l’esperienza. Magari un giovane fa l’esordio, ma prima di entrare in pianta stabile in squadra passa del tempo”.

 

Intorno all’allenatore, però, ci sono uomini decisivi sullo scacchiere di un calcio al passo coi tempi. Anzi, un calcio che i tempi cerca di anticiparli. Albertini, per esempio, si è iscritto al corso di direttore sportivo. Forme diverse applicate al pallone. Ma tutte collegate. “Io sono un uomo di squadra, ho sempre cercato di far convivere tutto, il confronto è un valore aggiunto”. Confronto che porterà beneficio alla Figc, è già realtà. “Abbiamo già diverse convezioni con le università, la Cattolica, lo Iulm e altre, per alcuni master. C’è già questa sinergia, ma ora cerchiamo di fare sistema. Fare un master d’eccellenza sportivo a Coverciano, questo è il mio sogno”. Alla didattica online si è guardato anche per andare avanti con i corsi (quasi 50), e Coverciano ha scoperto nuove forme di operatività. “Dopo i primi corsi durante il lockdown a marzo, abbiamo proseguito con una azione memorabile di rivoluzione politico-organizzativa e anche formativa per l’entrata in vigore dell’obbligatorietà del patentino. Si sono già messi in regola 1.300 allenatori. Vogliamo arrivare a 4.500 il prossimo giugno. È una sorta di sanatoria, diciamo così, molti stavano lavorando con i nostri giovani senza aver preso parte a un corso formativo della Federazione”. Insegnare a distanza si può. E allenare? Il ct Mancini, costretto dal covid, lo ha fatto. Non è stato l’unico. “La tecnologia è entrata sul campo, Mancio era a casa anziché essere in tribuna. Poi dico questo: la macchina non potrà mai sostituire il corso, il campo. Anche i corsi: mai al cento per cento online. Ma il calcio non si può sentire estraneo al progresso. Un altro sogno è avere Coverciano super tecnologica, molto di più di quello che abbiamo oggi”.

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