Maradona fra Troisi, Carrà e Plastino. Cosa faceva Maradona dietro le quinte

Giovanni Benincasa

L'intervista aTeleroma 56 e quei 13 milioni di persone davanti alla televisione per vederlo a Carramba che fortuna

La prima volta che incontrai Maradona fu in una storica tv locale, Teleroma 56, negli anni Ottanta. Io mi occupavo del segmento spettacolo nel programma Goal di Notte di Michele Plastino. Maradona venne ospite e io, terminata l’intervista, gli passai un’arancia con la quale iniziò a palleggiare. Questo passaggio non l’ho mai messo sul curriculum, ma si trova sul web. Ho un ricordo, prima del mio secondo e più importante incontro con Maradona, legato a un amico d’infanzia di Massimo Troisi, che per “comodità” chiamerò Armando: uomo alto e grosso, con la barba e il vocione che sembra un mangiafuoco. Uomo però buono e mite, dalla risatona contagiosa. Armando in quegli anni era l’autista del Presidente di una Banca napoletana. Quando il Napoli vinse lo scudetto, tutta la squadra festeggiò su uno yacht con amici, musica e champagne. E Armando, che aveva la possibilità di andare a quei festeggiamenti con il suo amico Troisi (ma quando ti ricapita più?), disse alla moglie una bugia: disse insomma che doveva partire per portare il “Presidente” a un convegno a Fiuggi. Quando il giorno dopo, come in Totò, Peppino e la Malafemmina, il Mattino riportò la foto di Maradona, Troisi e Armando con i bicchieri in mano, sopra una barca al largo di Napoli, la moglie chiamò Armando e in modo lento, esplorativo, scrutativo, cominciò a fargli una serie di domande su Fiuggi e le sue acque, con movimenti sussultori e ondulatori del telefono che nemmeno tra Pompei ed Ercolano. Per anni, si rise di questa cosa.

 

Rividi Maradona a fine novembre del 1998: venne come ospite a Carramba che Fortuna, il programma abbinato alla Lotteria Italia (sembrano passati 50 anni, non 22) condotto da Raffaella Carrà. Dopo un paio di mesi di trattative – non solo economiche – riuscii a trovare una ponte tra Rai 1 e Rai 3: Armando Diego avrebbe cioè partecipato alla diretta di Carramba e il giorno dopo avrebbe registrato una lunga intervista per Rai3 con Gianni Minà, amico di Maradona e suo migliore intervistatore, secondo me: come Diego toccava la palla, così Gianni toccava la parola, quando i due si incontravano. Maradona non veniva in Italia da 7 anni. La sua partecipazione a Carramba era un evento. Quel giorno fece tappa a Torino proveniente da Amsterdam (a Torino andò da Ciro Ferrara e poi incontrò il giudice Raffaele Guariniello, se non sbaglio). Nel pomeriggio atterrò all’aeroporto di Ciampino. Lo aspettavamo, dentro un pulmino, io, Minà e l’avvocato Siniscalchi. Diego arrivò con il procuratore Coppola ma l’aria non mi parve buona. Non ricordo il motivo, anche se conservo il sapore di una sciocchezza, ma dentro quel pulmino io e Maradona discutemmo, bisticciammo, polemizzammo. Minà e Siniscalchi riportarono la pace (“Giovanni”, mi disse l’avvocato Siniscalchi, “fammi una cortesia: siediti là in fondo”). Arrivammo all’Hotel Excelsior di via Veneto nel silenzio. Scesero tutti. Io tornai all’Auditorium della Rai per l’ultima lettura di scaletta con Raffaella, Japino e Di Iorio. Era tutto pronto, anche l’intera squadra del Napoli (Carmando compreso) che lo aspettava, nascosta nei sotterranei del Foro Italico. Alle 19:30 mi telefonano dall’Excelsior avvertendomi che forse era meglio rimandare. Rimandare? Anche qui non ricordo il motivo, ma conservo il sapore di una sciocchezza: Diego era stanco per il viaggio e altri motivi. Risposi che per me, sentita la sicurezza, Diego poteva anche entrare in ambulanza sul palco. Invece Maradona entrò da solo, puntuale: scese dalla scalinata alta, tra gli applausi del pubblico, strattonato e invocato: fu spiritoso, disponibile e affettuoso. Quella puntata fece 13 milioni di telespettatori. Al termine, Raffaella ci invitò a cena, a casa sua: io mi presentai con un pallone e un pennarello per avere una dedica. Diego Armando Maradona mi scrisse nome e cognome disegnando un “10” dentro un cuore e me la ripassò, nelle mani, come poteva passare lui una palla: “Che brutto carattere che hai”.

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