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Il Foglio sportivo

Così lo sconosciuto Monzon sconfisse Benvenuti e divenne el campeon

Alberto Facchinetti

La sfida mondiale sul ring di Roma, il ko tecnico inaspettato di Nino, le iniezioni di novocaina e il ruolo decisivo dell’allenatore della Lazio, “El Toto” Lorenzo 

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Carlos Monzon sbarca a Roma accompagnato da quattro persone soltanto per la sfida mondiale con Nino Benvenuti. L’argentino a livello internazionale è ancora uno sconosciuto. Il budget risicato per la trasferta non permette al pugile uno staff più strutturato. Patricio Russo è il profe che cura la parte atletica, José Menno lo sparring partner, Tito Lectoure il promoter, Amilcar Brusa la guida tecnica che lo ha accolto dieci anni prima e ora lo sta portando in cima al mondo. Il ridotto clan argentino viene ospitato per gli allenamenti nella Palestra Flaminio di Carlo Repetto. A disposizione per fare i guanti con Monzon c’è anche il pugile romano Mario Romersi, il primo a capire quanto male facciano i pugni di “Escopeta”.

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Carlos Monzon sbarca a Roma accompagnato da quattro persone soltanto per la sfida mondiale con Nino Benvenuti. L’argentino a livello internazionale è ancora uno sconosciuto. Il budget risicato per la trasferta non permette al pugile uno staff più strutturato. Patricio Russo è il profe che cura la parte atletica, José Menno lo sparring partner, Tito Lectoure il promoter, Amilcar Brusa la guida tecnica che lo ha accolto dieci anni prima e ora lo sta portando in cima al mondo. Il ridotto clan argentino viene ospitato per gli allenamenti nella Palestra Flaminio di Carlo Repetto. A disposizione per fare i guanti con Monzon c’è anche il pugile romano Mario Romersi, il primo a capire quanto male facciano i pugni di “Escopeta”.

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In quel novembre 1970 sia la Roma che la Lazio hanno sulla panchina allenatori argentini. I giallorossi sono guidati da un paio d’anni da un crepuscolare Helenio Herrera, i biancoazzurri da Juan Carlos Lorenzo. Entrambi vanno a fare una visita di cortesia al connazionale, ma sarà el Toto Lorenzo ad avere un ruolo fondamentale per l’esito dell’incontro valido per il titolo mondiale dei pesi medi. Aveva conosciuto l’Italia nel lontano 1949 per giocare nel centrocampo della Sampdoria. Era poi ritornato nel 1962 per allenare in B la Lazio. Con i suoi metodi stravaganti ma redditizi l’aveva portata subito in A, facendo un buon campionato anche nella massima serie. Lorenzo è un uomo istrionico, intelligente, dal carattere forte. Pronto a tutto pur di portare a casa il risultato. Su certi variopinti episodi legati alla scaramanzia i suoi ex calciatori ridono ancora oggi. All’inizio dei Settanta è nuovamente sulla panchina laziale, richiamato dopo un’esperienza su quella giallorossa e qualche anno in Argentina, dove gli danno anche la guida della Seleccion ai Mondiali. Ha scoperto da poco Giorgio Chinaglia e Pino Wilson nelle serie minori e sta costruendo la squadra che poi Maestrelli porterà al primo storico scudetto.

 

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Nelle due settimane che precedono l’incontro el Toto fa da anfitrione. Un perfetto padrone di casa, visto che ormai conosce la capitale come le sue tasche. La moglie del mister si trasforma per qualche sera nella cuoca preferita di Carlitos. Ma è il giorno dell’incontro, il 7 novembre 1970, che il clan ha disperatamente bisogno di Lorenzo. Monzon prima di combattere necessita da tempo di un’iniezione di novocaina per lenire i dolori causati dall’artrosi. Il giorno del peso all’Ambra Jovinelli il manager Amaduzzi accusa lo sfidante del suo Benvenuti di questa pratica che sta tra la consuetudine e l’illegalità. Ma al di là delle polemiche della vigilia, a Monzon ora serve un dottore che possa fargli la puntura. Dall’Argentina non si è portato nessuno.

 

Lorenzo si presenta con il medico della Lazio. Classe 1927, Renato Ziaco dal 1961 è il medico sociale del club per cui da sempre fa il tifo. Uno che nella clinica privata cura i campionissimi dello sport alla stessa maniera dei poveracci che non possono economicamente permettersi cure. Nel 1963 si è seduto sulla panchina della Lazio, perché allora Lorenzo, senza passaporto italiano, non poteva ufficialmente esercitare e il suo secondo Bob Lovati era indisponibile.

 

Qui le versioni differiscono un poco. Nella biografia di Lorenzo “El Toto” mai pubblicata in Italia, l’allenatore dice che fu Ziaco a fare l’iniezione al pugile. Mentre in quella di Monzon, “Mi verdadera vida” del 1977, Carlos ricorda come il medico della Lazio, una volta controllate le sue mani, si rifiutò di fargli la puntura perché erano in condizioni pessime. Ed è così che Lorenzo, uno che per carattere non si arrende di fronte a nulla, si mette a correre sotto una pioggia scrosciante alla ricerca di un dottore. Si presenta in albergo, quando c’è già un’auto dell’organizzazione che aspetta in strada il pugile per accompagnarlo al Palazzo dello sport. Lorenzo ha trovato, non si sa come, un medico argentino in città. Lui stesso era già passato in farmacia a prendere la siringa, il cotone, il laccio e tutto il necessario. Il dottore inietta la novocaina sulle mani di Monzon, che con un leggero ritardo arriva all’incontro. Questa è la versione raccontata anche nella serie Netflix sulla la vita del pugile. Dopo un’infanzia di stenti, Carlos viene salvato dalla boxe che gli dà ricchezza e bella vita ma non lo salva dai propri demoni: Monzon finirà in galera per l’omicidio della sua donna Alicia Muniz e morirà poi a seguito di un incidente in auto, proprio mentre è in libertà vigilata.

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“Sarò campione del mondo”, aveva detto a Brusa alla vigilia del match. Nella sua carriera da professionista, dopo una buona ma non eccellente da dilettante, Monzon ha perso solo tre incontri nei Sessanta, tutti senza avere il suo mentore all’angolo, impegnato in quelle ore con altri pugili della sua scuderia.

    

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“Nino, Nino, Nino”, cantano al Palazzo. Gli italiani amano Benvenuti. A sostenerlo sono presenti vip come Walter Chiari, Paolo Villaggio, Nicola Pietrangeli, Renato Rascel e Lelio Luttazzi. Nessuno pensa che Benvenuti possa perdere il titolo. Monzon manco lo conoscono. Eppure l’italiano viene messo al tappeto alla dodicesima ripresa da un diretto destro che gli arriva sulla mascella. Il campione si rialza a fatica prima del conteggio, ma non è più in grado di proseguire. L’arbitro decreta il ko tecnico in favore di Monzon. Carlos è campione del mondo dei pesi medi, titolo che manterrà fino al 1977, quando deciderà di ritirarsi.

 

Mentre Benvenuti si chiede in silenzio cosa gli è capitato sul ring, Carlos va a festeggiare in un locale di via Veneto da Giggi Fazi, ristoratore un tempo dirigente della Lazio. Non può partecipare alla serata El Toto Lorenzo, che nel frattempo ha raggiunto Bologna dove è in ritiro con la squadra. In albergo ha visto l’incontro insieme ai suoi ragazzi, che tifano tutti Benvenuti. L’unico felice per l’esito del match è proprio l’allenatore argentino. Il giorno seguente la Lazio perde 2-0 con i rossoblù, doppietta di Savoldi. Monzon con il suo clan prepara intanto il ritorno in Argentina, dove all’aeroporto ci sono 200 mila tifosi ad attendere “el campeon”.

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