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Le quattro vite sportive di Bud Spencer

Matteo Serra

C'era il Carlo Pedersoli che vinceva nuotando a rana e poi a stile libero, il centro boa della pallanuoto, il rugbista invernale in mancanza di piscine coperte. Poi arrivò il cinema

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“Nella vita ho fatto tutti gli sport, tranne il ballerino d’opera e il fantino d’ippica, per ovvie ragioni di peso”. Più volte Bud Spencer ha riassunto così la prima parte della sua vita, quella senza cinema, quella in cui era Carlo Perdersoli e quella carriera da attore che lo avrebbe reso immortale era ancora lontana, tanto da non essere neanche mai entrata nei suoi pensieri. Carlo Pedersoli fino ai 30 anni non aveva mai immaginato di fare cinema e solo i giri strani di cui si compone la vita fecero sì che un giorno un produttore si ricordasse di lui e del suo fisico da nuotatore forte e possente, ideale per un personaggio di un film a cui stava lavorando. E si ricordò di lui perché Pedersoli è stato tra i più grandi nuotatori della sua generazione, in un’epoca in cui questo genere di sport erano ancora anni luce lontani dal professionismo e vivevano quindi della più pura passione. In un paio di decenni di carriera, Bud Spencer fu Carlo è stato capace di vincere 11 campionati italiani, di partecipare a due Olimpiadi, ai Giochi del Mediterraneo, a Europei e Mondiali, oltre a dilettarsi con successo nel rugby, nella pallanuoto e nella box. Una polisportività figlia di quel fuoco interiore che lo ha spinto a sfidare sempre i proprio limiti, nello sport come nella vita.

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“Nella vita ho fatto tutti gli sport, tranne il ballerino d’opera e il fantino d’ippica, per ovvie ragioni di peso”. Più volte Bud Spencer ha riassunto così la prima parte della sua vita, quella senza cinema, quella in cui era Carlo Perdersoli e quella carriera da attore che lo avrebbe reso immortale era ancora lontana, tanto da non essere neanche mai entrata nei suoi pensieri. Carlo Pedersoli fino ai 30 anni non aveva mai immaginato di fare cinema e solo i giri strani di cui si compone la vita fecero sì che un giorno un produttore si ricordasse di lui e del suo fisico da nuotatore forte e possente, ideale per un personaggio di un film a cui stava lavorando. E si ricordò di lui perché Pedersoli è stato tra i più grandi nuotatori della sua generazione, in un’epoca in cui questo genere di sport erano ancora anni luce lontani dal professionismo e vivevano quindi della più pura passione. In un paio di decenni di carriera, Bud Spencer fu Carlo è stato capace di vincere 11 campionati italiani, di partecipare a due Olimpiadi, ai Giochi del Mediterraneo, a Europei e Mondiali, oltre a dilettarsi con successo nel rugby, nella pallanuoto e nella box. Una polisportività figlia di quel fuoco interiore che lo ha spinto a sfidare sempre i proprio limiti, nello sport come nella vita.

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Pedersoli nasce a Napoli l’ultimo giorno di ottobre del 1929 da una famiglia molto benestante. La condizione privilegiata gli permette di conoscere fin da bambino il gusto delle villeggiature; è proprio lì, nel golfo di Napoli, che Carlo inizia il suo rapporto d’amore con l’acqua: “Mi hanno buttato dentro - ha più volte raccontato -  dicendo ‘O nuota o s’affoga’, così funzionava a quei tempi”. A 8 inizia a partecipare alle prime gare, arrivando spesso primo. È questo il momento in cui inizia a pensare di essere realmente portato per il nuoto. Quando ha 11 anni, la sua famiglia decide di trasferirsi a Roma in cerca di una situazione più tranquilla: sono anni in cui l’Italia ribolle come un calderone, con la seconda guerra mondiale che bussa alla porta. Nella Capitale Pedersoli inizia a praticare il nuoto con maggiore coscienza: entra in alcune squadre e si specializza nella rana vincendo sotto età il campionato senior dei 100 metri, sfruttando lo scatto a farfalla, che poi diventerà la specialità delfino. Quando compie 16 anni, ha già messo in bacheca tre campionati italiani; un vero portento. Si dice che la vita succeda mentre noi la pianifichiamo: per poche persone è così vero come per Carlo Pedersoli. Infatti, quando è nel pieno dell’adolescenza, con una carriera da nuotatore in rampa di lancio, il padre, rimasto ormai senza niente dopo a causa della guerra, decide di cambiare vita e porta con sé la famiglia in Sud America. Durante la sua permanenza in Brasile, Carlo non nuotò mai, perdendo di fatto anni fondamentali nella formazione di uno sportivo.

   

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Con l’avvento degli anni ’50, i Pedersoli decidono di tornare in Patria e si ristabiliscono a Roma. Inizia così la seconda fase della carriera sportiva di Bud, in cui abbandona la rana per lo stile libero. Sarà una scelta decisiva in grado di regalargli le più grandi soddisfazioni. Nel 1950 a Salsomaggiore - e poi nello stesso anno anche a Vienna - entra nella storia per essere il primo italiano a infrangere la barriera del minuto netto nei cento metri: con il tempo di 59”5 (abbassato poi l’anno dopo a Genova a 58’’9). Per i sette anni successivi, è campione italiano indiscusso. Contemporaneamente, inizia a giocare anche a pallanuoto nel ruolo di centro boa (ovviamente). Anche qui riesce a togliersi grandi soddisfazioni, vincendo campionati nazionali con la Lazio e il Napoli; è stato il centravanti della nazionale campione del mondo, capace di vincere a Londra nel ’48 e a Roma nel ’60. In entrambe le occasioni Carlo non c’era, ma nel mentre ha sempre giocato con loro e per anni ha sottolineato questo aspetto dicendo che  “Qualcosa vorrà pur dire”, sempre con quel suo sorriso appena accennato che più volte ha poi riprodotto al cinema. L’apice della sua carriera da nuotatore la raggiunge con le partecipazione alle Olimpiadi di Helsinki nel ’52 e Melbourne nel ’56: in entrambe le occasioni arrivando nono. In mezzo a tutto questo nuoto, Pedersoli si cimenta in tutti gli sport possibili, con una particolare predilezione per il rugby, che gioca d’inverno, dato le piscine coperte erano praticamente inesistenti.

    

È dopo l’Olimpiadi di Melbourne che Carlo decide di dare una nuova svolta alla sua vita e di tornare a vivere in Sud America, questa volta in Venezuela. A guidare la sua scelta ci sono due fattori, uno molto pratico e uno altrettanto personale; in quegli anni non esisteva il professionismo, lo sport olimpionico legato ai vari corpi dell’arma nazionale non era ancora così strutturato come oggi e quindi Carlo, prossimo ai trent’anni, si rese conto di non poter fare il nuotatore tutta la vita, sentì la necessità di dare maggiore stabilità al suo futuro. L’altro fattore che lo portò a prendere una scelta di vita così forte e unica è stata la volontà di conoscersi realmente. Racconterà poi: “Avevo capito che vivendo in quella bambagia, mantenuto dai miei genitori e dedito solo al divertimento non avrei mai potuto capire chi realmente fossi. Molti vivono tutta la vita senza saperlo; io invece volevo prendere coscienza di me stesso e per questo decisi di lasciare tutto e tornare in Sud America”. Lì, nella foresta amazzonica, Carlo rimase per tre anni lavorando alla costruzione della celebre Panamericana, un’autostrada che avrebbe collegato Panama a Buenos Aires. Dopo un iniziale periodo di forte nostalgia, Carlo riuscì a conoscere definitivamente se stesso. Le fatiche del lavoro però non gli tolsero la possibilità di cullare la sua anima sportiva anche oltre oceano: dopo essere stato assunto dall’Alfa Romeo di Caracas, partecipa come pilota alla gara di auto Caracas-Maracaibo. Troverà anche il modo di nuotare con la nazionale venezuelana. Con l’avvento degli anni ’60 Pedersoli torna in Italia. A febbraio sposa l’amore della sua vita Maria Amato, chiudendo la sua carriera da sportivo. Presto però si sarebbe aperta, ovviamente quasi per caso, una nuova finestra della sua esistenza. Oltre ai famosi riferimenti che lo spinsero a scegliersi Bud Spencer come iconico nome d’arte, ha spiegato più volte di averlo fatto per non infangare il nome di Carlo Pedersoli e quanto di buono fatto con lo sport. Ecco, più di 100 film dopo e l’aurea di immortale guadagnata, possiamo dire con certezza che Bud Spencer è stato decisamente all’altezza del Carlo Pedersoli nuotatore.

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