"Questo è un libro non-accademico che parte dal presupposto, parafrasando Epicuro, che non si è mai né troppo giovani né troppo vecchi per filosofare. E per fare sport. E per allenarsi”. Lo dichiara, con onestà e convinzione, Simone Regazzoni autore de La palestra di Platone. Filosofia come allenamento (Ponte alle Grazie, 2020). Non è un caso, dunque, che la prima cosa che incontrerete sfogliandone le pagine, sarà un disegno: la piantina della palestra di Platone, ad Atene nel IV secondo a.C., luogo che tanti intellettuali e filosofi da scrivania immaginano forse come simbolico, metafisico, immaginario. No, proprio quella palestra, fatta di pietra, di porticati, di sabbia su cui si lotta e ci si prende a pugni e che si sporca di sangue, quella palestra con la sua puzza di sudore, abitata da corpi che escono dagli spogliatoi e incontrano altri corpi, dialogando con alcuni, combattendo con altri, come se quei due gesti fossero in perfetta continuità. Da quella palestra esce un suono melodico, note soffiate negli aulos che danno concentrazione e ritmo agli atleti.
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