Nadal vince, ma Sinner inizia a far paura anche ai mostri sacri

Giorgia Mecca

Ai quarti di finale del Roland Garros ha prevalso lo spagnolo per 7-6 6-3 6-1. Quello che è sicuro è che l'italiano non dovrà vedersi invecchiare stagione dopo stagione prima che il tennis gli conceda qualcosa

Nel 2001, l’anno in cui Jannik Sinner è nato, Rafa Nadal è diventato professionista. Da allora, da una parte 85 trofei, 997 vittorie, 98 successi e solo due sconfitte a Parigi, dall’altra, per evidenti motivi anagrafici, zero titoli.

 

Ieri sera i due giocatori si sono incontrati ai quarti di finale del Roland Garros, Nadal è sceso in campo da testa di serie numero due, alla ricerca del tredicesimo Slam made in Paris, Sinner invece ci è arrivato da lontano, dalla posizione numero 75 del ranking, per incontrare lo spagnolo ha dovuto battere tra gli altri, anche David Goffin e il numero sette al mondo Alexander Zverev.

  

C’erano tutti i presupposti per il timore reverenziale, le ginocchia che tremano, per lo sguardo basso davanti al cannibale. Non è andata così. Nelle due ore e quarantanove minuti di partita. tra i due, i piedi dentro il campo li ha sempre tenuti Sinner: smorzate, discese a rete, ricerca degli angoli stretti, pugni alzati dopo un vincente, il coraggio di attaccare e di opporsi a Nadal e alla sua strategia basata sullo sfinimento, la personalità di chi è sceso in campo non solo con la speranza di non farsi mangiare, ma di non perdere. È stato a due punti dal primo set, ma nel tennis l’esperienza conta qualcosa, e anche il sangue freddo dello spagnolo nei momenti decisivi: è finita 7-6 6-3 6-1 per il più anziano: Nadal non crolla ancora, ma Sinner, a differenza di chi c’è stato prima di lui, nella terra di mezzo tra il passato (ovvero i Fab Three) e il futuro, non dovrà vedersi invecchiare stagione dopo stagione prima che il tennis gli conceda qualcosa. Ha un altro passo, un’altra testa.

  

 

Il regno dei cannibali sta per terminare. Non solo perché i vecchi sono sempre più vecchi ma perché i giovani (in particolare il nostro) sono sempre più forti. Entro il prossimo anno Jannik Sinner sarà uno tra i primi dieci giocatori al mondo, ha annunciato ieri sera Tim Hemnan, uno che di passaggi di testimone se ne intende parecchio: nel 2001, nei quarti di finale di Wimbledon, aveva infranto a tempo determinato i sogni di un certo Roger Federer, che quel giorno è uscito dal campo sconfitto e con vent’anni di carriera e venti titoli dello Slam davanti a sè.

 

L’atteggiamento di ieri di Nadal sembrava confermare la profezia di Henman: è vero che in campo lo spagnolo non ride mai, ma ieri era ancora più serio e corrucciato del solito: non solo per il vento, il freddo, l’orologio che segnava l’una di notte, ma perché Sinner fa paura anche ai mostri sacri. “Buone notizie per l’Italia e per il futuro del nostro sport” ha commentato di recente Ben Rothenberg del New York Times parlando del nostro “ginger boy”, che si guarda sempre le registrazioni delle sue sconfitte e soffre sempre, come se rivivesse ogni volta vecchi errori. “È un male necessario, mi aiuta ad essere lucido”. Riguarderà anche la partita di ieri, ci saranno tre o quattro episodi di nodo alla gola per il resto è la legge del tennis, Sinner si è dovuto arrendere al più forte (il più forte qui e ora), dopo dieci giorni di successi alla sua prima apparizione a Parigi. Non male per il suo ballo dei debuttanti, perdere e sapere di avere tutta la vita davanti. 

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