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Sale stampa quasi impraticabili e cibi terribili. Bruno Pizzul racconta il suo calcio

Massimiliano Vitelli

"Pirlo ha la capacità di entrare in sintonia con gli altri e questo è importante per chi deve gestire un gruppo". La Juve è però "meno schiacciasassi e Inter e Milan sono in agguato". Parla l'ex telecronista che quando era un giovane calciatore non andava d'accordo con i giornalisti sportivi

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Il suo Dino – Roberto, riferito ai due Baggio in maglia azzurra al Mondiale Usa 94 – che non erano né fratelli né parenti – ha permesso alla nostra Nazionale di calcio di entrare nelle case degli italiani come se in campo scendessero degli amici di famiglia. Quello che fu necessario (per distinguere i due che giocavano insieme anche alla Juventus ed evitare una ridondante proposizione del cognome) si trasformò in un valore aggiunto. Un’intuizione semplice e geniale, come il suo autore. Bruno Pizzul quando era un giovane calciatore aveva una forte antipatia per i giornalisti sportivi che, a suo dire a ragione, lo bollavano, nonostante il suo impegno e la sua passione, come un centrocampista scarso. Ma la vita è strana e il friulano, assunto in Rai con regolare concorso, diventa poi parte di quella categoria.

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Il suo Dino – Roberto, riferito ai due Baggio in maglia azzurra al Mondiale Usa 94 – che non erano né fratelli né parenti – ha permesso alla nostra Nazionale di calcio di entrare nelle case degli italiani come se in campo scendessero degli amici di famiglia. Quello che fu necessario (per distinguere i due che giocavano insieme anche alla Juventus ed evitare una ridondante proposizione del cognome) si trasformò in un valore aggiunto. Un’intuizione semplice e geniale, come il suo autore. Bruno Pizzul quando era un giovane calciatore aveva una forte antipatia per i giornalisti sportivi che, a suo dire a ragione, lo bollavano, nonostante il suo impegno e la sua passione, come un centrocampista scarso. Ma la vita è strana e il friulano, assunto in Rai con regolare concorso, diventa poi parte di quella categoria.

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Oggi, a 82 anni, vive nella sua cara Cormons, ai piedi del monte Quarin, in compagnia di settemila anime. “Il calcio è radicato nelle passioni e nelle abitudini degli italiani, ma ha perso fascino e romanticismo”, ci dice. “È contaminato, e non solo per il Covid-19. Il vero virus è la direzione intrapresa esclusivamente verso il mondo del business, la partita di pallone è ormai nel substrato di un’azienda economico/finanziaria”.

 

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Per tanti anni il calcio è stato uno dei pochi eventi che hanno regalato a questo paese un po’ di ordine. Tutte le partite, dalla Serie A alla Serie C, si disputavano infatti in concomitanza. “Poi è arrivato il calcio-spezzatino succube dei diritti tv, degli sponsor, e anche l’adrenalina di un appuntamento d’amore come era quello con le partite è stato diluito e annacquato, facendogli perdere l’ebrezza che aveva”.

   

Per quasi mezzo secolo Pizzul ha girato il mondo, ha visto stadi e città. “Ogni volta era un’avventura, soprattutto nei primi anni, quando si viaggiava da soli. Oltre al lavoro c’era da organizzare la sistemazione in albergo, trovare un posto dove mangiare. E spesso ci rifilavano dei cibi terribili, non come ora che ovunque vai trovi un menù che potrebbe aver realizzato il ristorante sotto casa”. Quindici anni di telecronache dell’Italia, quindici anni di amicizie, partite a carte e aneddoti. “Non era come adesso. Spesso si viaggiava con la squadra, si condividevano gli hotel e il tempo libero. Ricordo interminabili sfide a biliardo e tante chiacchierate. Ho sempre legato con tutti, ma tra i tanti frequentavo di più Zoff, Facchetti e Rivera. E raccontare agli italiani le loro gesta sportive mi coinvolgeva emotivamente”.

 

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Negli anni sono cambiati anche gli impianti. “Oggi gli stadi sono fantastici, futuristici, ma mancano di fascino e storia. Il Vecchio Comunale di Torino nulla ha a che vedere con l’Emirates di Londra, e non saprei dire quale è meglio. Non mi sono mai lamentato delle postazioni nelle quali lavoravo, ma a volte erano davvero al limite della praticabilità. A Wembley, per arrivare in tribuna stampa occorreva inerpicarsi come su una parete di montagna, ricordo colleghi poco in forma che mollavano. Una volta a Mosca, pensando di farmi cosa gradita, mi riservarono un posto in un box. Ma la vetrata era antiproiettile e decisamente non trasparente. Fui costretto a raccontare l'incontro guardandolo da un pertugio grande come il buco di una serratura”.

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La stagione 2020/21 è appena iniziata, Pizzul crede in una corsa più combattuta rispetto al recente passato. “La Juventus mi sembra meno schiacciasassi, Inter e Milan potrebbero darle fastidio. Poi ci sono l’Atalanta, che ormai è una realtà importante, e il Napoli, sempre in agguato. Sulla panchina dei campioni d’Italia, un ragazzo che il friulano conosce bene. “Pirlo sembra sempre serio e composto, in realtà è un simpaticone. Ha la capacità di entrare in sintonia con gli altri e questo è importante per chi deve gestire un gruppo. Comunque, come sempre, saranno i risultati a dirci se è o non è un bravo allenatore”.

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Il Var è ormai parte del gioco. “All’inizio ero molto dubbioso, ora credo sia una necessità. Mi piacerebbe si trovasse il modo per rendere le decisioni più veloci, ma capisco che in alcuni casi come quello del fuorigioco, per valutare le immagini ci siano dei tempi tecnici al momento non modificabili”. Radicato nelle sue terre, il cuore batte per l’Udinese, anche se da bambino la fede calcistica era un’altra. “Tifavo Torino, perché i ragazzi più grandi erano tutti della Juventus”. Bruno il ribelle quindi, che crescendo ha saputo governare il sangue nelle vene senza tradirlo. Come solo gli uomini intelligenti sanno fare.

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