Sradicato finalmente il razzismo dagli stadi

JAck O'Malley

È bastato chiudere gli impianti per non sentire più i buu ai giocatori di colore. Potevamo pensarci prima

Resto sinceramente ammirato dai meccanismi pavloviani che ancora muovono scelte e iniziative legate al mondo del calcio. Sto ovviamente parlando dell’utopia di chi pensa di educare il popolo a colpi di pecette sulle maglie e fasce da capitano con messaggi importanti. Ho letto che in occasione della prima giornata di andata della Serie A è stata promossa su tutti i campi la campagna antidiscriminazioni Keep racism out, con “tutti i calciatori – cito – che avranno applicata sulla propria maglia da gioco la patch della campagna”. Però. “Segnale forte anche da parte dei capitani, che porteranno sul braccio la fascia con la scritta Keep racism out”. Ora, a parte il provincialismo di usare uno slogan in inglese per educare i tifosi italiani, non posso non sorridere del fatto che tale iniziativa, con lo scopo dichiarato di “sradicare il razzismo dai nostri stadi”, è stata fatta con gli stadi vuoti. Insomma per un po’ si può stare tranquilli,  con le aperture parziali  le curve sono destinate a morire, non sentiremo buu razzisti né versi delle scimmie indirizzati ai giocatori neri. Ci si potrà così concentrare sui reality show ancora piagati dall’intolleranza razzista come il Grande Fratello Vip. Leggo che invece di godersi la vecchiaia Fausto Leali ha partecipato al programma tv italiano, ha parlato di “razza negra” al fratello di Mario Balotelli, è stato cacciato dal programma, insultato più o meno elegantemente da tutti, si è profuso in scuse e inaugurando un nuovo filone di luoghi comuni sulle scuse ha detto “non sono razzista, per dimostrarvelo andrò a cena con Balotelli”: l’ex icona nazionalpopolare bollita che mangia con l’eterna mancata promessa  del calcio italiano. Applausi. Quelli che non si è preso Ibrahimovic dal popolo dei bacchettatori social dopo avere provato a sdrammatizzare alla sua maniera il fatto di avere il Covid senza sintomi. Come la mamma (chiaramente razzista) che dice al figlio di non lasciare la carne nel piatto perché ci sono bambini che muoiono di fame in Africa, i maestri delle buone maniere di Twitter hanno ricordato  che poiché molte persone sono morte bisogna tenere il profilo basso e non fare battute. Qualcuno che si offende si trova sempre, meglio non fare nulla, Zlatan (oddio, l’ho chiamato per nome, sarà paternalismo? Omosessismo? De Gregorio aiutami tu).

 

La mia Inghilterra intanto  ama così tanto la libertà che ci impedirà di tornare allo stadio ancora a lungo. La salute prima di tutto, diceva quello prima di schiantarsi contro un muro, ma versatemi subito la mia bionda e lasciatemi almeno simpatizzare con il presidente del Colchester United, Robbie Cowling, che ha spiegato mestamente ai propri tifosi che lo stadio senza pubblico è una rovina per i conti di club piccoli come il suo, penalizzati ancora di più dalla vendita di biglietti per seguire le partite online, dato che una squadra incassa solo i soldi dei ticket virtuali venduti ai propri tifosi: in Colchester-Bolton i tifosi ospiti hanno comprato il doppio dei biglietti di quelli di casa, con l’effetto che il Bolton ha incassato il doppio del Colchester. Non sto auspicando più contagi, ma è chiaro che il Covid sul calcio avrà sempre più l’effetto di aumentare le differenze tra club più ricchi e più poveri. Speriamo poi facciano un bell’adesivo contro le disuguaglianze da mettere sulle maglie dei calciatori, almeno.  
Jack O’Malley

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