PUBBLICITÁ

il foglio sportivo

La nuova Serie A e l’irrilevanza del mister

Roberto Perrone

Juventus, Inter, Milan e le altre. Il campionato inizia con una certezza: l’allenatore conta sempre meno

PUBBLICITÁ

Quello che comincia questo weekend è un campionato pre-herreriano. Fino a Helenio Herrera – “Accaccone” lo aveva soprannominato Gianni Brera, mentre “Accacchino” era l’altro Herrera, Heriberto – l’allenatore non è che non contasse, ma non contava così tanto. Non contava come avrebbe cominciato a contare da quel momento. Anche Nereo Rocco divenne un personaggio, proprio perché nemesi ufficiale del “Mago” che, secondo una corrente di pensiero, ebbe il nickname non per la creazione della Grande Inter, o per lo meno non solo per questo, ma perché riuscì a farsi pagare da Moratti senior come nessun altro prima di lui. E pure di molti dopo di lui. Però aprì una strada che, nel secondo millennio è diventata una freeway a otto corsie: l’allenatore è diventato una star globale, in più di un caso, sfondando il muro della doppia cifra negli stipendi.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Quello che comincia questo weekend è un campionato pre-herreriano. Fino a Helenio Herrera – “Accaccone” lo aveva soprannominato Gianni Brera, mentre “Accacchino” era l’altro Herrera, Heriberto – l’allenatore non è che non contasse, ma non contava così tanto. Non contava come avrebbe cominciato a contare da quel momento. Anche Nereo Rocco divenne un personaggio, proprio perché nemesi ufficiale del “Mago” che, secondo una corrente di pensiero, ebbe il nickname non per la creazione della Grande Inter, o per lo meno non solo per questo, ma perché riuscì a farsi pagare da Moratti senior come nessun altro prima di lui. E pure di molti dopo di lui. Però aprì una strada che, nel secondo millennio è diventata una freeway a otto corsie: l’allenatore è diventato una star globale, in più di un caso, sfondando il muro della doppia cifra negli stipendi.

PUBBLICITÁ

 

Ora, in questo anno di disgrazia 2020, gli allenatori guadagnano ancora tanto, come i giocatori e come i procuratori, gli unici per cui il Covid non è esistito, gli unici che continuano a pretendere percentuali indecenti sui trasferimenti, come se la vita e le casse di (quasi) tutti non avessero subito uno shock anafilattico. Ma questa è un’altra storia. Lo strano anno ufficiale 2019-20, ha certificato una frattura epocale. Il tecnico non è più rilevante, non contano più i risultati che ottiene, non conta più nella conduzione di una squadra, anche se vince non ha meriti e lo cacci, anche se ti insulta in tutti i modi te lo tieni lo stesso. Continua ad apparire nei bilanci, ma per il resto è un avatar. Il paradosso è dimostrato da questo fatto: le squadre che hanno avuto più problemi con l’allenatore sono state la prima e la seconda in classifica, quella che ha vinto lo scudetto e quella che è arrivata a giocarsi una finale europea. Entrambe hanno fatto scelte contraddittorie ma in linea con la decrescenza dell’allenatore. Per il secondo anno consecutivo la Juventus ha licenziato il tecnico che ha vinto lo scudetto. Con Allegri la faccenda era un po’ più complessa, ma evidentemente alla Continassa sono convinti che a prevalere sia il gruppo, la società, la Juventus. Un anno fa era uscita la suggestione “Guardiola a Torino”. Una panzana, però anche Maurizio Sarri è (o meglio era) considerato un allenatore performante, uno che dava un’impronta, tanto che per un anno gli abbiamo rinfacciato di non vedere “il gioco di Sarri”. In ogni caso la Juventus, un anno dopo, ha preso il suo opposto, un giovanotto che è stato un campione sul campo, ma che su una panchina non si è mai seduto. Da un estremo all’altro, senza rete. E senza considerare il curriculum. 

 

PUBBLICITÁ

A Sarri hanno rinfacciato tutto il male del mondo, riservandogli un trattamento impensabile per un allenatore che ha vinto uno scudetto. Secondo i bene informati, Madama era furiosa per la sua incapacità sul lavoro, per i suoi comportamenti, per le sue parol(acc)e, per la maglia stazzonata e la cicca in bocca. All’Inter si è verificata la stessa situazione, ma  al contrario: è stato l’allenatore a rovesciare un tir di contumelie sulla società, accusata di qualunque reato. Il divorzio sembrava a un passo, poi Beppe Marotta ha portato Zhang, Conte e il resto della compagnia in una villa nel Varesotto ed è finito tutto in gloria. Conte è rimasto dopo tutto quello che ha detto ai suoi padroni. Solo nel calcio può succedere. Solo nel nuovo calcio, dove un allenatore è un personaggio irrilevante, stipendio a parte. Un manager, che in qualsiasi altro ramo d’azienda si fosse comportato allo stesso modo, sarebbe stato accompagnato all’uscita con gli scatoloni. Invece si pensa che un allenatore incarognito, come nel caso dell’Inter, o privo di esperienza, come in quello della Juventus, possano guidare lo stesso un gruppo di giocatori di altissimo livello. Comunque vada sarà un successo. 

 

A cambiare la guida tecnica alla vigilia della stagione 2020-2021 sono state due società in meno rispetto al 2019-2020, cinque in tutto: Juventus, Cagliari, Parma, Torino e Genoa. Della Juve abbiamo detto, il Cagliari non ha dato fiducia a Zenga e ha ripescato Di Francesco, reduce dal doppio esonero a Roma e Genova, sponda Samp; il Parma ha chiuso l’era D’Aversa: anche qui i buoni risultati non hanno pesato; il Torino non ha confermato Longo, scommettendo su Giampaolo, cacciato con ignominia dal Milan. Il quale Milan, è passato da un programma che prevedeva un allenatore sacchiano, rabdomante e di una certa età, il tedesco Rangnick, alla conferma di Pioli che ha terminato bene un campionato in cui i rossoneri hanno acchiappato l’ultimo posto buono per l’Europa League, peggiorando nettamente il risultato del 2019. Pare che decisivo, per la riconferma di Pioli, sia stato il “grande elettore” Ibrahimovic. E quindi il peso del tecnico ha la consistenza dell’aria. Il Genoa, che non ha ringraziato Nicola per la salvezza ma ha scelto l’usato sicuro Maran, non fa testo. Il presidente Enrico Preziosi, in anticipo sui tempi, teorizza da anni l’irrilevanza dell’allenatore. Infatti ne cambia tre a stagione. 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ