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il foglio sportivo

La fortuna di giocare a calcio nelle Isole Far Oer

<p>Parla Alessio Hiseny, l&rsquo;unico italiano che &egrave; gi&agrave; sceso in campo perch&eacute;&nbsp;in piena pandemia, il campionato &egrave; (ri)partito nell'arcipelago</p>

Edoardo Cozza
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La conoscenza delle Isole Far Oer era limitata, al di là di chi ha passione per la geografia, a quella di simpatica Nazionale da ultima fascia nelle qualificazioni europee e mondiali. Una squadra materasso, che l’Italia ha incrociato sul proprio cammino verso Euro 2008 e verso Euro 2012: in casa vittorie agevoli, in trasferta – alla faccia del “materasso” – due successi di misura per cui ancora ringraziamo la buona stella di Pippo Inzaghi e di Antonio Cassano che hanno salvato la pelle e la faccia degli azzurri in quelle partite. Poi, d’improvviso, l’arcipelago circondato dalle settentrionali acque dell’Oceano Atlantico e dal Mar di Norvegia si ritrova al centro del mondo. Calcistico, addirittura. In piena pandemia, il calcio è (ri)partito dalle Isole Far Oer, dopo che al culmine dell’emergenza il pallone rotolava solo su prati lontani ed esotici – Nicaragua e Burkina Faso – o in Bielorussia dove il presidente Lukashenko ha fatto continuare il campionato, a porte aperte, tanto dal coronavirus “ci proteggono vodka, saune e il duro lavoro”.

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Da sabato scorso, la Betri-deildin è diventato il campionato più seguito e più commentato al mondo: un’inattesa notorietà, favorita dalla gestione rapida e indolore del coronavirus – 187 positivi su 52 mila abitanti, quota zero tra morti e casi attuali – e da storie di calcio peculiari e interessanti.

 

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Tra queste ce n’è una che parte da Castiglione del Lago, provincia di Perugia. Lì ventitré anni fa nasceva Alessio Hyseni, centrocampista italo-albanese, uno dei trenta stranieri del campionato faroese. L’unico nostro connazionale, peraltro, visto che l’altro italiano, con passaporto danese, Seba Avanzini, ha risolto il suo contratto con il KÍ Klaksvík pochi giorni addietro. Stessa squadra di cui indossa la maglia Hyseni, arrivato dagli albanesi del Partizani.

 

Come e perché un italo-albanese, cresciuto nel nostro calcio e maturato nella sua nazione d’origine si trova alle Far Oer? Presto detto: “La squadra l’anno scorso ha vinto il campionato e parteciperà alle prossime coppe europee: una vetrina importante, buon trampolino di rilancio per le mie ambizioni”, spiega Hyseni, che si sta trovando di fronte a un calcio totalmente differente da quello a cui era abituato: “Si gioca in maniera molto più fisica rispetto a quanto non si faccia in Italia o in Albania e anche l’approccio alle partite è più offensivo”.

 

L’esperienza italiana di Hyseni inizia nelle giovanili del Perugia, dove indossa la maglia della Primavera e arriva a sfiorare la prima squadra, con cui si allena in diverse occasioni. Poi il calcio vero, da protagonista: ha appena 18 anni quando la compagine toscana del Gavorrano gli dà una chance in Serie D. L’esordio è col botto: a Poggibonsi finisce 1-1 e il gol gavorranese lo segna proprio Hyseni, che però in quella stagione giocherà solo 9 partite: “Avevo cominciato molto bene, ma un infortunio mi ha bloccato a lungo – racconta il centrocampista – e a fine gennaio ho lasciato la squadra”.

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Il passo successivo è l’avventura in Albania: dal 2016 al 2019 veste la maglia del Flamurtari, squadra della città di Valona: nei tre anni vi incrocia – tra gli altri – l’ex Lazio e Crotone Tounkara. Poi, nella scorsa estate, il trasferimento al Partizani di Tirana: qui trova un allenatore italiano – Franco Lerda, esonerato a inizio gennaio e sostituito da Adolfo Sormani – e altre vecchie conoscenze del nostro calcio: ancora un ex Crotone, Aristoteles, e poi Boldor, con un passato tra Verona, Foggia, Lanciano, Pescara e giovanili della Roma. Anche nella capitale albanese, però, i guai fisici perseguitano Hyseni: “Un nuovo infortunio mi ha tagliato fuori e così ho optato per il trasferimento nelle Far Oer”.

  

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Non può sapere che di lì a poco scoppierà la pandemia che bloccherà il mondo, ma il nordico arcipelago ha superato presto le difficoltà, con una gestione non così restrittiva: “È quasi come se il virus non ci fosse stato: bar, locali, altri luoghi pubblici sono già tutti aperti da quasi un mese. Mi ritengo fortunato a essere qui, dove il calcio è già ripreso a pieno regime, perché sarebbe stato molto difficile stare senza allenamenti e partite”.

  

Come detto, Hyseni ha “sfiorato” un altro italiano, ma aver conosciuto Avanzini non lo ha agevolato nell’inserimento nella nuova realtà: “Vive praticamente da sempre in Danimarca, non parla la nostra lingua: ho dovuto fare tutto da solo” racconta con un bel sorriso il centrocampista, che non nasconde il sogno di tornare a indossare la maglia dell’Albania: “Ho giocato con tutte le selezioni giovanili, ho fatto parte del giro dell’Under 21: se dovessi riuscire a rilanciarmi, quello sarebbe un obiettivo unico per me”.

  

Intanto un primo risultato lo ha portato a casa: ha già alzato un trofeo, la Stórsteypadystur, la Supercoppa faroese, battendo l’HB Tórshavn ai rigori e segnando quello decisivo. Il buongiorno, si dice, si vede dal mattino e il sole, così a nord, tende a illuminare il cielo molto a lungo. Chissà che non sia di buon auspicio per questo ragazzo, insolita e inattesa star del calcio che riparte.

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