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L'amore per la Pianese è anche una questione logistica

Leo Lombardi

La squadra dell'Amiata è quella con meno spettatori della serie C: ma solo perché è costretta a giocare a 100 chilometri da casa

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Mettiamola così: il bilancio della Pianese non si regge sugli incassi da stadio. In serie C la voce spettatori è già povera di suo, tranne rare eccezioni. Quella della matricola toscana viaggia tranquillamente all'ultimo posto dell'intera categoria, con una media stagionale intorno alle 206 presenze, secondo il sito specializzato transfermarkt.it. Questione di dimensioni e di logistica, al tempo stesso. Le dimensioni, quindi. Piancastagnaio è uno degli ultimi comuni del Senese, a pochi chilometri dal Lazio. Quattromila abitanti abbarbicati a 800 metri sul monte Amiata. Fino a quando la squadra era in serie D, il rapporto pianesi-tifosi era più che buono, visto che allo stadio Comunale si registrava una media di 500 spettatori. La promozione ha invece drasticamente cambiato tutto a livello logistico.

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Mettiamola così: il bilancio della Pianese non si regge sugli incassi da stadio. In serie C la voce spettatori è già povera di suo, tranne rare eccezioni. Quella della matricola toscana viaggia tranquillamente all'ultimo posto dell'intera categoria, con una media stagionale intorno alle 206 presenze, secondo il sito specializzato transfermarkt.it. Questione di dimensioni e di logistica, al tempo stesso. Le dimensioni, quindi. Piancastagnaio è uno degli ultimi comuni del Senese, a pochi chilometri dal Lazio. Quattromila abitanti abbarbicati a 800 metri sul monte Amiata. Fino a quando la squadra era in serie D, il rapporto pianesi-tifosi era più che buono, visto che allo stadio Comunale si registrava una media di 500 spettatori. La promozione ha invece drasticamente cambiato tutto a livello logistico.

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L'impianto di Piancastagnaio, situato al centro del paese e perfetto per i campionati dilettanti, non era adeguato ai professionisti: dimensioni più piccole del campo, terreno sintetico (scelta obbligata, per la neve frequente) non omologabile, illuminazione insufficiente e via dicendo. Condizioni che hanno reso obbligatorio il trasferimento a Grosseto per le partite in casa, quasi duecento chilometri tra andata e ritorno. E non di comoda autostrada. Una condizione che mette alla prova il tifoso più fedele: così al derby con l'Arezzo (834 spettatori) e al big-match con il Monza (700), hanno fatto da contrappeso le altre dieci partite interne, fino alle 40-presenze-40 del 26 gennaio contro l'AlbinoLeffe.

 

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Numeri che da altre parti condurrebbero a seriose analisi costi-benefici così care ai grillini per brandirle contro ogni tentativo di grande opera, ma che alla Pianese non costituiscono il principale parametro di ragionamento. La società conta infatti sulla solidità del presidente Maurizio Sani, ex giocatore e dirigente del club, prima di rilevarlo in prima persona nel 2009. È l'esponente di una famiglia partita da una falegnameria oggi trasformata in Stosa Cucine, marchio conosciuto a livello internazionale e che dà lavoro a circa duecento persone. Come lavoro dà la realizzazione di borse per le grandi case, indotto che è un altro punto di forza del luogo, non solo per chi vi abita ma anche per i tanti che arrivano da fuori. Una situazione di benessere generalizzato e, per questo, conta più la passione che non i bilanci quando si parla di calcio. La passione di quei pochi (ma fedeli) che seguono le maglie bianconere, senza però perdere di vista i conti, al punto che la Pianese regolarmente schiera i quattro Under per ottenere i contributi della Lega garantiti dal minutaggio.

 

Una squadra costruita da Renato Vagaggini, alla Pianese da una quindicina di anni, con grande oculatezza. I bilanci sono in ordine, metabolizzano anche gli 8.000 euro a partita necessari per affittare l'impianto di Grosseto. E la Pianese, al debutto tra i professionisti, viaggia sul filo del rasoio della zona retrocessione, ma con grande dignità, anche se non vince dal 10 novembre. Gli avversari la rispettano per un gioco mai solo e unicamente difensivo: è stata una delle poche a resistere al Monza, fermato sull'1-1 nella partita già ricordata del 19 ottobre. Il merito è di Marco Masi, alla terza stagione in panchina. Da calciatore ha avuto una dignitosa carriera da difensore centrale, un “ragazzo” del Filadelfia lanciato in prima squadra nel Torino da Gigi Radice nel 1979. Da allenatore ha guidato unicamente squadre toscane, con tre eccezioni nella vicina Liguria, dalla prima squadra della Sanremese al settore giovanile di Spezia e Sampdoria. Tiene testa alle avversarie con un 4-3-1-2 che in attacco schiera due ex promesse di grandi vivai. Più stagionato è Matteo Momentè, cresciuto nell'Inter e oggi sulla soglia dei 33 anni. Decisamente più giovane è King Udoh, 22 anni, proveniente dal settore giovanile della Juventus. Insieme pesano al 50% nell'attacco toscano: sei reti per l'italiano e cinque per il nigeriano. A loro sono consegnate le speranze della Pianese di sfangarla quest'anno e di riprovarci l'anno prossima. A casa propria stavolta.

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