PUBBLICITÁ

Non sarà Solskjaer a far tornare grande lo United

Jack O'Malley

Scusate se parlo di calcio inglese, ma mica potevo parlare di Greta Thunberg contro Federer

PUBBLICITÁ

Damned Perrone, che qui sotto mi ruba l’idea per la rubrica, e mi costringe così a parlare di calcio giocato. Giocato bene, quindi in Inghilterra, anche se nel caso specifico non benissimo. Il mio pensiero della settimana è sintetizzabile in una domanda, sorta spontanea alla fine del primo tempo della semifinale di andata di League Cup in cui il Manchester City senza punte aveva segnato tre gol al Manchester United sfiorandone altrettanti (la partita, giocata all’Old Trafford, è poi finita 1-3): per quale fottuto motivo Ole Gunnar Solskjaer siede ancora sulla panchina dei Red Devils? Basta essere stato un forte giocatore di una determinata squadra, avere segnato gol decisivi che resteranno nella storia del club e avere alzato trofei per essere in grado di allenarla decentemente? No, come sanno bene anche i tifosi del Milan. Solskjaer ha fatto un gol epico nella finale di Champions del 1999, e va bene, ed è stato il giocatore dello United che ha segnato più gol partendo dalla panchina. Dalla panchina, appunto. Proprio lì siede oggi, e forse se la ride un po’ troppo – come ha fatto notare Van Persie – mentre la squadra che allena annega nella mediocrità di metà classifica, si fa umiliare dai vicini rumorosi di Guardiola e sbeffeggiare via intervista ai giornali italiani persino da Mino Raiola. Hai voglia a spiegare ai tifosi dei Red Devils che anche Ferguson iniziò male, doveva essere esonerato e poi è diventato l’allenatore più vincente della storia del calcio: questo sport è cambiato, la pazienza non è più una virtù ma un vizio mortale come il fumo e l’alcol (ma molto meno divertente).

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Damned Perrone, che qui sotto mi ruba l’idea per la rubrica, e mi costringe così a parlare di calcio giocato. Giocato bene, quindi in Inghilterra, anche se nel caso specifico non benissimo. Il mio pensiero della settimana è sintetizzabile in una domanda, sorta spontanea alla fine del primo tempo della semifinale di andata di League Cup in cui il Manchester City senza punte aveva segnato tre gol al Manchester United sfiorandone altrettanti (la partita, giocata all’Old Trafford, è poi finita 1-3): per quale fottuto motivo Ole Gunnar Solskjaer siede ancora sulla panchina dei Red Devils? Basta essere stato un forte giocatore di una determinata squadra, avere segnato gol decisivi che resteranno nella storia del club e avere alzato trofei per essere in grado di allenarla decentemente? No, come sanno bene anche i tifosi del Milan. Solskjaer ha fatto un gol epico nella finale di Champions del 1999, e va bene, ed è stato il giocatore dello United che ha segnato più gol partendo dalla panchina. Dalla panchina, appunto. Proprio lì siede oggi, e forse se la ride un po’ troppo – come ha fatto notare Van Persie – mentre la squadra che allena annega nella mediocrità di metà classifica, si fa umiliare dai vicini rumorosi di Guardiola e sbeffeggiare via intervista ai giornali italiani persino da Mino Raiola. Hai voglia a spiegare ai tifosi dei Red Devils che anche Ferguson iniziò male, doveva essere esonerato e poi è diventato l’allenatore più vincente della storia del calcio: questo sport è cambiato, la pazienza non è più una virtù ma un vizio mortale come il fumo e l’alcol (ma molto meno divertente).

 

Mentre l’Italia è sempre più meta di vecchi ex della Premier League (dopo Ibra ecco forse Giroud e Young, la Serie A è la nuova Chinese Super League), il buon Wayne Rooney dà il buon esempio. Dopo la sbandata americana durata solo un anno, quello che è stato uno degli attaccanti più forti a cavallo dei due decenni passati ha deciso di tornare a casa, prendere molti meno soldi di quelli che gli darebbe qualsiasi club arabo e fare l’allenatore-giocatore in Championship (spiego per gli ignoranti: la Serie B inglese, e chiedo scusa per l’accostamento blasfemo), nel Derby County. Un po’ imbolsito, l’ex capitano della Nazionale e del Manchester United ha esordito con un assist decisivo per la vittoria della sua squadra. I tabloid inglesi si sono molto divertiti con lui negli anni passati per le sue mirabolanti avventure sessuali, e adesso che è di nuovo in patria possono andare a controllare dove ha parcheggiato e scriverne male se lo beccano in divieto di sosta. Rooney è anche diventato testimonial di una campagna di sensibilizzazione sulla ludopatia promossa da un’agenzia di scommesse: ovviamente un vescovo anglicano lo ha pubblicamente attaccato. Certo non avrà la stessa risonanza della firma di Greta Thunberg contro Federer (la detentrice del record mondiale di assenze da scuola ha chiesto al tennista svizzero di non farsi sponsorizzare da un marchio che investe in combustibili fossili, che noia). E tanto poi Rooney è cattolico.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ