Il PalaDozza durante l’ultimo derby tra Virtus Bologna e Fortitudo Bologna il 14 aprile 2017 (foto LaPresse)

il foglio sportivo

Natale sul parquet

Umberto Zapelloni

Dopo spumante e panettone, tutti alla Fiera (o davanti alla tv). Il regalo del basket a Bologna è il derby tra Virtus e Fortitudo, le due anime della città

Sotto canestro con il suo Gesù Bambino ci sarebbe stato anche Lucio Dalla. L’avrebbe aspettato come un dono d’amore fin dal primo mese. Perché il derby di Bologna in fin dei conti non è altro che un dono dell’amore che questa città ha per il basket. Un amore ritrovato più di 10 anni dopo. L’ultima volta in serie A risale al 29 marzo 2009 e fu un mezzogiorno di fuoco al PalaDozza con sorpasso finale virtussino grazie a una tripla di Dusan Vukcevic. Questa volta si gioca a Natale alla Fiera in un impianto da 8.970 posti, fatto quasi apposta per ospitare una sfida così (ma il 29 arriverà in diretta pomeridiana su Rai 2 anche l’Olimpia Milano). Ci sono stati derby a Pasqua, all’Epifania, ma il 25 dicembre come digestivo per tortellini, cappone e lambrusco ancora no. La Lega Basket, invece, ha deciso di seguire l’esempio della Nba e di mettere in calendario sotto l’albero la partita delle partite (alle 20.30, diretta su Eurosport). In America hanno Lakers-Clippers, in Italia abbiamo Virtus-Fortitudo. Il sindacato di Polizia ha alzato un po’ la voce, ma il Prefetto ha messo tutti d’accordo. Prima si mangia e si brinda, poi si gioca.

  


L’ultima sfida tra le due compagini è stata nel 2017. Ma in Lega2 non è stata la stessa cosa. In A non si gioca dal 2009. Da una parte Dalla dall’altra Freak Antoni. Le V nere ora si chiamano Segafredo, la Effe è oggi sponsorizzata Pompea


 

Nel 2017 Virtus e Fortitudo si sono affrontate in Lega2, ma non è stata la stessa cosa. Quello di Bologna è l’unico derby sopravvissuto. C’erano una volta quelli di Milano, Livorno e Roma. Oggi è rimasto quello di basket city e non è neppure il primo della città perché gli scontri tra Virtus e Fortitudo sono cominciati solo nel 1966 e prima per la Virtus i derby erano stati quelli con il Guf Galvani, il Guf Bologna e soprattutto con il Gira.

 

 

C’è stata una stagione, storica, in cui Virtus-Fortitudo si giocò 10 volte. Era il 1997/98 e le bolognesi si affrontarono due volte in campionato, una in coppa Italia, due in Eurolega e cinque in finale scudetto (6-4 per la Virtus il bilancio). Erano gli anni in cui Bologna era il centro del mondo. Alfredo Cazzola, il signor Motorshow e Giorgio Seragnoli facevano a gara a chi comprava i giocatori migliori. Il resto d’Italia stava a guardare. Lo spettacolo mandato in onda in Europa, in un derby di semifinale, non fu esattamente edificante con una maxi rissa con 10 espulsioni che racconta perfettamente la rivalità tra i due mondi. Divenne famoso come neuroderby.

 

 

Come finì la quinta sfida scudetto è scritto nei libri di storia del basket. Perché quel 31 maggio 1998 a decidere la partita e il campionato fu un tiro da 4 punti. Unico e irripetibile. Virtus e Fortitudo, allora targate Kinder e Teamsystem, erano arrivate a giocarsi lo scudetto dopo aver vinto rispettivamente l’Eurolega e la Coppa Italia eliminandosi a vicenda in semifinale nelle due competizioni. La Fortitudo aveva le mani sul suo primo scudetto: 4 punti di vantaggio a 26” dalla fine davano una certa sicurezza. Fino a che Sasha Danilovic fino a quel momento con 0 su 5 da tre non si è alzato da almeno 7 metri e ha colpito, prendendosi anche il fallo da un improvvido Dominique Wilkins e trasformando il libero che ha portato ai supplementari. Pari. Dopo 400 minuti e 10 derby, Virtus e Fortitudo erano 691 pari… Ai supplementari non ci fu storia. Danilovic in 4’58 segnò 13 punti. Lo scudetto finì sulle maglie bianconere alla fine di una stagione trionfale. In certi bar di Bologna che sono certo meglio di quelli di Caracas fino a che non si discute di basket, si litiga ancora su quel fallo di Wilkins, uno che arrivava dalla Nba dove l’anno prima aveva giocato la finale. Fallo o non fallo? Senza instant replay, senza moviole, senza Var, decise tutto l’arbitro Zancanella. La Fortitudo poi alla moviola vinse uno scudetto (il suo secondo nel 2005) contro Milano quando il tiro di Douglas venne convalidato proprio dall’instant replay. Ma quello era un altro discorso.

 

Il derby, raccontano a Bologna, è l’unica cosa che insieme alla via Emilia divide la città. Da una parte i virtussini, più ricchi, più antichi, più aristocratici. Dall’altra i tifosi della Effe originariamente più vicini al popolo, più proletari. “I virtussini erano i fighetti e noialtri i maragli”, specifica Enrico Brizzi. Anche se oggi davvero è impossibile una divisione così netta. Da una parte c’era Dalla e dall’altra Freak Antoni, leader degli Skiantos; da una parte c’è Mingardi, dall’altra Curreri, Cremonini, Lodo Guenzi (Lo stato sociale) e Carboni; da una parte Collina, dall’altra Rizzoli; da una parte Alberto Tomba il cui zio Fiero Gandolfi è stato presidente dal 1971 al 1976, dall’altra Antonio “senzadubbiamente” Albanese; da una parte Messina e Ginobili, dall’altra Belinelli e Myers.

 

Virtus e Fortitudo rappresentano due mondi, diversi, ma confinanti, spesso mischiati. Anche se leggendo i numeri non ci sono paragoni. Secondo una recente indagine di Stage Up la Virtus ha 585 mila tifosi sparsi per l’Italia, addirittura più di tutte e quattro le squadre emiliane in serie A. “Noi ci sentivamo sicuri della nostra storia. Invece questi entrarono in campo e ci mangiarono tutto”, disse Dado Lombardi, uno dei protagonisti dei primi due derby degli anni Sessanta, dopo la sconfitta subita nella gara di ritorno. La Fortitudo ha sempre simboleggiato la voglia di rivoluzione, la voglia di ribaltamento. Calimero che va al potere. “Il vero derby è quando la Fortitudo è sotto, non quando è più forte. Siamo noi, storicamente, i poveri sfigati che vanno a sfidare i grandi”, ha detto Gianluca Basile il capitano dell’ultimo scudetto della Effe. Anche l’Albo d’oro è una sintesi di questo concetto: 15 scudetti Virtus, solo 2 Fortitudo (con 10 finali giocate in 11 anni) con le V Nere che per due volte hanno conquistato anche l’Europa nel 1998 e nel 2001, ultima squadra italiana a centrare la massima coppa del basket Europeo. Erano gli anni di un giovane Ettore Messina in panchina e un giovanissimo Manuel Ginobili in campo.

 

Oggi la Virtus si chiama Segafredo e catalizza l’amore per lo sport di un personaggio come Massimo Zanetti che nello sport tra ciclismo e Formula 1 (era amico personale oltre che sponsor di Senna) ha sempre investito e creduto. Sogna di regalare alla Virtus una nuova casa permanente alla Fiera e di riportarla in Eurolega dopo aver conquistato lo scorso anno la piccola Europa (Champions League Fiba). Ha in panchina un mostro sacro come Sasha Djordjevic e in campo un altro genio come Milos Teodosic. Guida la classifica. Ha lanciato la sfida alla Milano dell’ex Messina. La Fortitudo si chiama Pompea, è appena risalita dalla Lega2 e ha una gran voglia di consegnare un sacco di carbone sotto l’albero dei cugini con l’esordiente Antimo Martino in panchina e la rabbia di Pietro Aradori, l’ex avvelenato, il miglior marcatore italiano del campionato. Il derby scatena la mente dei tifosi. Le coreografie sono degne del calcio. Celebre quella delle V Rosa esposte dalla curva Fortitudo… un enorme V fatta con i sederi dei tifosi… Il contorno però può diventare addirittura sofisticato, come le magliette che si inventava Nino Pellacani, pivottone degli anni Ottanta che da buon studente in Belle Arti giocava con le parole e i disegni. Suoi gli slogan diventati magliette “Odio il brodo” quando la Knorr era sponsor Virtus e “Il grande freddo” dopo un derby vinto di 32 punti. Il “guerriero” Pellacani è uno che spiega così la differenza tra una sponda e l’altra della via Emilia: “Hai presente Animal House? – ha raccontato a Enrico Brizzi per il suo La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco - Ecco noi della Fortitudo eravamo così, come Belushi e i suoi amici. Selvaggi e felici di stare insieme. Loro, invece, scendevano in campo rasati e pettinati. Questa era la differenza: come i suoi tifosi la Virtus voleva vincere e basta, mentre noi provavamo a farlo divertendoci insieme…”. Buon Natale. E buon divertimento. Ricordando una frase del mitico avvocato Porelli, per anni anima della Virtus e del basket italiano: “In questa città appena uno apre una bottiglia di champagne, c’è già un altro che dice che sa di tappo”. Questa è Bologna. Questa è Virtus-Fortitudo.

 


 

Per errore, nella versione cartacea di questo articolo, è stato riportato nel catenaccio che la sfida si giocherà al Paladozza. Come correttamente indicato nell’articolo, il derby di Bologna si giocherà invece alla Virtus Arena. Ci scusiamo con i lettori

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