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il foglio sportivo

Giochi di potere. Dove va il calcio italiano dopo le dimissioni di Miccichè

Umberto Zapelloni

Il rapporto tra Federazione e Lega è ai minimi storici, nonostante i tentativi di pace armata in corso tra Roma e Milano

Giochi di potere è un film cult degli anni Novanta. Un film sempre di moda nel calcio italiano dove, venti mesi dopo la sua elezione, Gaetano Miccichè si è dimesso dalla presidenza della Lega, stufo di ricevere colpi bassi da chi lo aveva votato per acclamazione. Una persona seria come il presidente di Banca Imi non poteva restare a far da bersaglio in una guerra in cui lui proprio non c’entrava. Dire dopo tutto questo tempo che la sua elezione, suffragata poi dall’acclamazione di tutti i presenti (ma con schede mai scrutinate e conservate in cassaforte), aveva dei lati oscuri, non aveva alcun senso dopo che in questi mesi sotto la sua presidenza erano stati raggiunti risultati apprezzati da tutti. Ma sotto sotto, evidentemente, c’è altro. L’eterna battaglia tra piccole e grandi, tra ricchi e poveri, tra chi vorrebbe farsi un canale tv in proprio e chi preferirebbe discuterne ancora, tra Mediapro e Sky che teme di essere tagliata fuori. E sullo sfondo c’è naturalmente anche quello che pare esser diventato uno sport nazionale nell’ultimo periodo: l’ennesimo attacco a Giovanni Malagò che era il commissario della Lega ai tempi dell’elezione e l’uomo che convinse Miccichè a sedersi su quella poltrona. Gravina non è certo un suo alleato.

  

In giorni in cui si potrebbe soltanto godere grazie alla perfezione aritmetica dell’Italia di Mancini, il nostro pallone si rimette l’elmetto. Il rapporto tra Federazione e Lega è ai minimi storici, nonostante i tentativi di pace armata in corso tra Roma e Milano. La Figc riunita d’urgenza in Consiglio Federale ha nominato il suo commissario ad acta per la Lega: Mario Cicala, presidente dell’organismo di vigilanza della Federazione. Starà in stand-by, pronto a entrare in azione se il 2 dicembre la Lega non troverà un nuovo presidente. Intanto all’ordine del giorno dell’assemblea di Lega di lunedì è stata aggiunta la nomina di un vicepresidente (finora mai preso in considerazione) che sarà molto probabilmente Stefano Campoccia dell’Udinese. Lunedì la battaglia vera sarà però sui diritti tv che sono poi il motivo scatenante di tutte le guerre, visto che la torta vale un miliardo e 300 milioni. All’esame dei presidenti la proposta di Mediapro per dare il via alla tv di Lega e quindi lasciare Sky fuori dai giochi. Da una parte c’è l’amministratore delegato della Lega, Luigi De Siervo, spalleggiato dai lotitiani. Dall’altra Andrea Agnelli che ha trovato un alleato a sorpresa in Urbano Cairo che un anno fa pareva favorevole al canale tv per così dire privato. La torta è enorme e raggiungerebbe gli 8 miliardi di euro, sommando gli incassi del primo triennio a quelli del secondo visto che, raggiungendo l’obbiettivo prefissato, il rinnovo sarebbe automatico. Ma perché di fronte a un mare di denaro tanti presidenti, così attenti all’argomento, non vorrebbero tuffarsi? Perché c’è chi ha ancora dei dubbi sulla solidità dell’offerta spagnola. Il primo ad averli era proprio Miccichè che, guarda caso, è stato spinto a dimettersi da una inchiesta della procura federale.

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