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Aspettando col cuore in gola la prima folle prodezza (quale che sia) di Balotelli

Marco Archetti

Smargiasso, irresponsabile, vittimista: poco super, molto italiano

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“Te lo dico io, la prima stronzata la fa entro Natale”. “Secondo me un grande girone di andata, poi si infortuna e addio”. “Sicuro, ogni due partite beccherà quattro turni di squalifica”. Tre telefonate a tre amici non bresciani e tre catastrofiche sentenze gemelle: il favore dei pronostici è ben altra cosa, ma io non polemizzo e tiro dritto, anzi, gongolo di passione e mugolo in segreto, perché grande è la mia esaltazione di Innamorato (già) Fisso sebbene povera – come sapeva Iosif Brodskij – la lingua della gioia.

 

La permanenza in serie A, la maglia della nazionale, una nuova credibilità. Così tante cose da (ri)conquistare che parrebbe scontato scommettere che sarà la volta buona. Invece, ancora una volta, è palpabile il generale scetticismo in merito al fatto che questa, proprio questa, potrà finalmente e definitivamente essere la stagione-Cocoon di Mario Balotelli, giovane vecchio finito prima di cominciare e mai davvero ricominciato dopo che è finito, super Mario dei circoli viziosi e virtuoso solo nello scialacquare, pieno di mostruose doti eppure sottomesso alla somma schiacciante dei propri contrari, super Mario “mela marcia” e nemico anche degli amici, grande incendiatore del cesso di casa propria (successe nell’abitazione di Macclesfield, in Inghilterra, un grottesco contrattempo durante l’accensione di un fuoco d’artificio) e Re incontrastato delle conversazioni che cominciano con l’avverbio “potenzialmente”. Super Mario che torna a casa senza essersene mai del tutto andato e dopo aver rifiutato Flamengo, Verona e Fiorentina, e che ora deve convincere il mondo intero che si è convinto: a salvarsi dall’eterno ritorno di se stesso, a lottare contro i #pienipoteri che su di lui hanno le tentazioni idiote, a dimostrare di avere una testa non solo per tener separate le orecchie.

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“Penso di essere più intelligente della norma, ma giuro che non mi interessa dimostrarlo”, disse una volta, ed ecco che il decreto Crescita sembra fatto appositamente per lui: il Brescia ha preso sul serio entrambi e ha approfittato dell’agevolazione fiscale prevista per il rientro dei cervelli in fuga. Ridete? Qui noi già stiamo festeggiando sul balcone questa legislatura balotelliana che sconfiggerà la povertà (di emozioni), pronti ad affrontare il cimento della serie A cavalcando questi & altri maestosi paradossi che preannunciano la stagione che sarà. Perché – ci crediate o no – sarà memorabile. Lo sarà per ciò che accadrà in campo e fuori. Per quel che non accadrà e doveva accadere. Per ciò che accadrà e non si pensava accadesse. Lo sarà per la quantità di certezze men che certe, per le domande continue, per l’ansia che farà i frisé ai nostri nervi e ci renderà felici e infelici. (Non a caso cominciamo subito con l’handicap, essendo disponibile, il super Mario dei cartellini, solo il 25 settembre, cioè dopo aver scontato le quattro giornate di squalifica comminategli nell’ultima stagione italiana.)

 

Così, mentre scrivo barricato nel mio studiolo per difendermi dalle invidie di chi s’è dovuto accontentare di un Ramsey o di un Lukaku, circondato da lungimiranti pilette di farmaci trombolitici e col polso ancora tremante per la promozione, mi sbronzo con la prima fiala di eparina del nuovo corso e brindo col presidente Cellino.

 

“Un Leone per la Leonessa!” Mario c’è. Noi anche. E so che siamo la piazza giusta. Lo siamo stati per Hagi, Baggio, Guardiola, e super Mario ci tradirà meno di quanto abbia tradito altri, amandoci perdutamente per mancanza di alternative, il che sembra poco e invece è moltissimo. E quando qualcuno ne fischierà le folli prodezze (ehm, quali che siano) io mi renderò nuovamente conto dell’ingannevole gioco di specchi e di quanto Mario non sia super ma tragicamente uguale a ciascuno di noi: irresponsabile, smargiasso, ottusamente recidivo, vittimista più che vittima. Uno che non ha mai riconosciuto a nessuno la legittimità di giudicarlo. Insomma, un italiano vero.

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Bentornato fratello, ma adesso aiutiamoci a diventare adulti.

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