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La lunga rincorsa di Eugenio Corini, che ora col suo Brescia "vede" la serie A

Leo Lombardi

Da giocatore della Juve fu uno dei pupilli di Agnelli. Poi la lenta caduta, i guai fisici e infine la carriera da allenatore. Tanto lavoro, pochi compromessi. Contro il Lecce è una finale

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Eugenio Corini è forse uno degli ultimi calciatori veri usciti da un oratorio, quando le parrocchie aggregavano, le preghiere formavano e il pallone metteva tutti d'accordo valorizzando il talento dei singoli, come solo la Chiesa sa fare. Corini viene tirato su in quella bresciana, quando era ancora forte, ancora democristiana. Cresce a Bagnolo Mella, a una ventina di chilometri dal capoluogo. La Fionda è la prima squadra, la Voluntas la prima consacrazione. Lo prende Roberto Clerici, versione bresciana di Mino Favini, inesauribile talent scout dell'Atalanta appena scomparso. Parliamo di gente che intuiva il talento appena lo vedeva all'opera, andando a cercarlo di persona - o tramite collaboratori fidatissimi - sui campetti di provincia, senza affidarsi a filmati spesso ingannevoli. Anche Clerici è morto, a gennaio dello scorso anno. Nella sua galleria ci sono nomi come Andrea Pirlo, Roberto Baronio, Daniele Bonera, i gemelli Antonio ed Emanuele Filippini. E, per l'appunto, Corini, che a undici anni si rivela in Svezia, premiato come miglior giocatore alla Gothia Cup disputata a Göteborg.

 

Il passaggio al Brescia è naturale, come naturale l'esordio da giovanissimo. Tanto basta per convincere la Juventus ad acquistarlo a vent'anni nel 1990. È la società del nuovo corso, quello di Luca di Montezemolo. In panchina ha chiamato Gigi Maifredi, un bresciano che ha fatto fortuna a Bologna. La squadra viene costruita per vincere uno scudetto che manca da quattro anni e sarà un fallimento: settimo posto, per la prima volta fuori dalle Coppe. Corini piace all'avvocato Gianni Agnelli, che si sbilancia a definirlo un centrocampista “metà Falcao e metà Giannini”, gioca anche con il restauratore Giovanni Trapattoni, chiamato al posto del silurato Maifredi. Arriva a disputare 47 partite, tantissime per uno della sua età, ma non abbastanza per la conferma. Con la cessione alla Sampdoria comincia l'èra da eterna promessa, di prestito in prestito, senza sfondare. Per di più nel giro di due anni (tra 1996 e 1998), gli salta per due volte il legamento crociato anteriore destro: prima al Verona, poi al Chievo. Ma Corini è ambasciatore della brescianità, fatta di gente “dalla testa dura, ma che riconosce il lavoro e la dedizione”. Proprio le qualità che sfrutterà per recuperare fisicamente e per regalarsi una seconda carriera, una volta compiuti i trent'anni. Conquista la prima storica serie A con il Chievo nel 2001, è il braccio armato di Luca Toni (lui batte le punizioni, il centravanti è implacabile di testa) nel Palermo che vince il campionato di B nel 2004. Si congeda nel 2009, alla soglia dei 40 anni, con una retrocessione con il Torino, per un passaggio naturale in panchina.

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Un passaggio non semplice perché, tolta una salvezza al Chievo, la carriera è costellata di esoneri e dimissioni: i primi per mancanza di risultati, i secondi per un carattere poco incline al compromesso. Per questo è sorprendente la scelta di Massimo Cellino, che lo chiama a Brescia dopo aver improvvidamente affidato la squadra al debuttante David Suazo. Un'aria di casa che esalta Corini, ventitré anni dopo aver frequentato per l'ultima volta il vecchio Rigamonti. La sua ricetta è semplice, con il 4-3-3 tanto vissuto da centrocampista che si piazzava davanti all'area per intercettare e costruire. Corini ridà una sistemata alla fase difensiva ed esalta quella offensiva, grazie alla presenza di due elementi come Alfredo Donnarumma ed Ernesto Torregrossa. In 29 partite, il Brescia incassa soltanto due sconfitte, con Venezia e Cittadella. La seconda è anche l'unica partita in cui i lombardi non vanno a segno. Il gioco scorre fluido, la squadra non si arrende mai e i risultati arrivano, riconciliando i tifosi con il calcio e con Cellino, che era stato accolto con più di un sospetto. Il Brescia è in testa alla classifica e nella prossima giornata andrà a Lecce, che insegue a tre punti, nella partita che mette a confronto le due più serie aspiranti alla promozione. Soprattutto le due meno attese.

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