Andrea Petagna in azione contro la Roma (foto LaPresse)

Petagna sa anche segnare: chili e centimetri al servizio della Spal

Leo Lombardi

L'attaccante accusato di fare pochi gol è arrivato a quota 11 in questo campionato, record personale. Storia di un centravanti che ha fatto innamorare Bergamo e che a Ferrara si sta confermando

Si può avere appena vent'anni e pensare di smettere di giocare a pallone. Accade ad Andrea Petagna nel 2015, dopo due stagioni in prestito e la miseria di un gol. Pochino, per un centravanti. Una crisi che arriva dopo aver pensato di aver toccato il cielo con un dito: due scudetti nelle giovanili del Milan, la fiducia di Massimiliano Allegri che fa debuttare il compagno di scuola della figlia Valentina (vanno insieme al liceo psico-pedagogico) prima in Champions League a 17 anni e mezzo contro lo Zenit San Pietroburgo - il 4 dicembre 2012 - poi in serie A nella stagione successiva. Petagna è al centro delle attenzioni, indicato come uno dei cardini dei futuri progetti rossoneri. Almeno a parole, secondo quando sostiene Adriano Galliani in quel giugno 2013, mentre le dinamiche del calcio sono ben più ciniche. Il centravanti debutta il 24 agosto contro il Verona, il 2 settembre si trova in prestito alla Sampdoria: da possibile spalla di Mario Balotelli al biglietto, spesso di sola andata, consegnato nelle mani di chi cresce nel vivaio di un grande club. Questo perché, a fine agosto, il Milan preferisce andare sull'usato sicuro, ingaggiando Alessandro Matri dalla Juventus: “Quel giorno mi sono chiuso in bagno e ho pianto”, avrebbe raccontato lo stesso Petagna.

 

Una fragilità di fondo mantenuta nei due anni successivi, di poca gloria. Dopo la Sampdoria, ecco il Latina e il Vicenza, uno dietro l'altro. E una sola rete. Realtà che faticano in serie B e cui frega poco o nulla di dare fiducia a un giovane che non è di loro proprietà. Le poche partite e le tante panchine portano a una crisi di personalità, dalla quale Petagna ne esce - come molti colleghi - affidandosi a un mental coach e grazie alla mano del destino, sotto forma di ripescaggio in serie B dell'Ascoli, che prende volentieri il centravanti in prestito, per farlo giocare e non solo per avere qualcuno con cui organizzare le partitelle infrasettimanali. Arrivano sette gol e l'interesse dell'Atalanta, che perfeziona l'acquisto dal Milan. L'approdo in nerazzurro, e la fiducia di Gian Piero Gasperini, determinano il destino di Petagna. Lo accusano di non segnare tantissimo, ed è vero: 5 gol nella prima stagione, 4 in quella successiva. Ma chi si ferma ai numeri non osserva quanto avviene in campo, dove chili e centimetri di Petagna servono ad aprire la strada ai compagni. Nel 2016-17 Alejandro Gomez arriva a 16 reti, fin dove non si era mai spinto in vita sua. Lui e Petagna sembrano fatti l'uno per l'altro, in campo e fuori, dove si prendono amabilmente per i fondelli con i fotomontaggi sui social, giocando sull'altezza di uno e sulla bassa statura dell'altro. Lo scorso campionato arrivano invece gli 11 gol di Josip Ilicic e i 9 di Bryan Cristante, due centrocampisti offensivi, non due attaccanti.

 

Eppure questo non basta a confermare Petagna all'Atalanta, sacrificato per il cambio di prospettive del club, che punta sulla valorizzazione degli stranieri e che si concede un sacrificio economico ingaggiando Duvan Zapata. Uno destinato inevitabilmente a togliere spazi, convincendo il centravanti che sia il momento di rimettersi in viaggio. Un viaggio che lo conduce a Ferrara, dove Petagna non è un cognome come tutti gli altri. Qui ha allenato Francesco, nonno di Andrea e da una lunghissima carriera come centrocampista nel dopoguerra alla Triestina. Un tecnico che, nel 1965, aveva riportato la Spal in serie A, salutandola nel 1968 dopo la retrocessione in B e dopo averle regalato l'unico trofeo da mettere in bacheca: una Coppa dell'Amicizia, uno dei tanti tornei che caratterizzavano le estati degli italiani e oggi caduti nel dimenticatoio. Come ha lasciato il segno il nonno, oggi tocca al nipote. Il centravanti che non sapeva segnare è già arrivato a quota 11, personalissimo record, con il rigore di sabato alla Roma. Un 2-1 per ritrovare una vittoria in casa che mancava da metà settembre contro l'Atalanta e caratterizzata da una doppietta: erano stati i primi due gol di Petagna con la nuova maglia. Perché vanno bene i ricordi e le amicizie, ma nel calcio è meglio provocare rimpianti che viverli.

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