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Altro che febbre a 90°, per i millenial le partite di calcio durano solo qualche minuto

Giovanni Battistuzzi

I mondiali di Russia 2018 saranno i più seguiti della storia eppure sempre meno ragazzini li guarderanno per davvero. Così sta cambiando la passione per il pallone

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Quando Marc Overmars, ex ala olandese di Ajax, Arsenal e Barcellona e ora direttore sportivo dei biancorossi di Amsterdam, vide Victor Jensen, giovane talento danese in rampa di lancio nella prima squadra dei Lancieri, seduto in panchina prima dell'allenamento con lo smartphone in mano gli domandò cosa stesse facendo. "Mi guardo la partita". Stupito gli chiese che partita fosse. "La Champions". "Ma hanno giocato ieri sera", sottolineò il dirigente. "Ho chiuso i social e non ho parlato con nessuno, così me la posso guardare ora", rispose il diciottenne, sorpreso dell'espressione stralunata dell'ex giocatore. "Anzi, molti dei miei amici neppure le guardano le partite, si aggiornano sull'andamento sui social". Quando tornò in ufficio e constatò il ritardo nella copertura online del club decise di assumere una persona per curare l'immagine della società sui social network. "Il calcio non è cambiato", ha detto al Telegraaf, "è cambiato il modo nel quale lo si vive".

 

Sebbene il calcio (e lo sport in generale) sia un evento nel quale la diretta ha ancora un senso e ogni partita ha qualcosa di apparentemente non superabile, un qui e ora ben preciso, anche questa peculiarità sta per essere cancellata dalle nuove abitudini degli appassionati. Se infatti il qui è almeno da diversi decenni relativo (dallo stadio al divano di casa sino, negli ultimi anni, allo smartphone tutto è lecito), l'ora è stato sino a oggi qualcosa di non superabile. Qualcosa che resiste nonostante la diffusione di piattaforme per la visione in differita delle partite (non tutte legali) grazie alle quali si può vivere ore dopo le stesse sensazioni che si sarebbero vissute durante la diretta della sfida, con l'unica accortezza – si veda il caso di Victor Jensen – di evitare di conoscere il risultato.

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Ma quella che Manuel Vázquez Montalbán descrisse come la "sacra dimensione della messa laica del calcio", ossia la "sostanziale necessità dell'essere umano calciofilo di assistere alla rappresentazione dello spettacolo del pallone" che altro non è che la partita, sembra essere sempre meno sacra e sempre meno necessaria anche tra gli appassionati. Se infatti i Mondiali di Russia 2018, almeno secondo le previsioni di Futures Sport (società di analisi di big data sportivi) saranno visti da circa 10,8 miliardi di persone in tutto il mondo, il 14 per cento in più rispetto al torneo del Brasile nel 2014, questa edizione della Coppa del mondo potrebbe essere uno dei tanti rumori di fondo, qualcosa che verrà visto senza essere visto davvero. Almeno secondo le regole cui siamo abituati. 

 

Secondo quanto scrive il Financial Times, per la gran maggioranza dei millennial le partite di Russia 2018 saranno soltanto uno degli eventi che seguiranno simultaneamente su diversi dispositivi. Secondo Tom Thirlwall, amministratore delegato di Copa90 (società che si occupa di creare contenuti video sul calcio, specialmente relativi all'ambito del tifo), la visione delle partite "è un'abitudine in declino, soprattutto se davanti alla televisione. Nell'èra degli smartphone, i giovani raramente guardano qualcosa per più di qualche minuto di seguito". E c'è anche chi pur appassionato non si guarderà neppure un match: "Se viene segnato un goal in Russia, i millennial troveranno rapidamente un video da qualche parte, su qualche social network oppure su un sito legale o su uno pirata. Non c'è alcuna differenza, anzi, potrebbero anche non sapere se il materiale è piratato o meno".

 

Alexander Isak, attaccante svedese del Borussia Dortmund, nonché il più giovane marcatore nella storia della Nazionale, – giocatore che Lars Ricken, il calciatore che nel 1997 regalò la Champions League ai tedeschi contro la Juventus, ha descritto come "uno tra i futuri grandi nomi del calcio mondiale" – ha detto alla Faz che tra i suoi amici tutti vedono i suoi gol e le sue giocate (per ora nei campionati giovanili), ma quasi nessuno ha mai visto per intero una partita di pallone.

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Possibile?

 

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Sì, almeno a quanto dice Karl-Heinz Rummenigge, ex centravanti di Bayern Monaco, Inter e della Nazionale tedesca e ora presidente della società bavarese. Alla tv tedesca a domanda ha risposto. "E se ci saranno intoppi nella nuova contrattazione dei diritti televisivi come si muoverà il Bayern?". "Il Bayern si sta già muovendo. Sappiamo benissimo che le entrate che arrivano dalle televisioni sono prossime a finire e noi abbiamo già una soluzione". "Quale?". "Se lo dicessi perderemmo il nostro vantaggio. Ma tanto avete già tutto sotto gli occhi". E quel sotto gli occhi sono i social network. A oggi il Bayern è la sesta squadra al mondo più seguita online (con 58,8 milioni di follower tra Facebook, Twitter, Instagram), la prima per tasso di crescita nell'ultimo anno (più 29 per cento), una delle poche ad aver già lanciato una serie di dirette social sponsorizzate (da Allianz Deutschland).

 

A Monaco hanno intuito che l'èra dei diritti tv che rimpinguano le casse dei club si potrebbe esaurire e hanno in programma la creazione di una piattaforma online nella quale caricare contenuti sponsorizzati. E tra questi anche le partite. In podcast.

 

Perché se da un lato il calcio continua a essere uno sport per romantici che dicono di non poter considerare altra forma di visione se non quella tradizionale in diretta (76,2 per cento), almeno secondo un recente sondaggio della Bbc, cresce, soprattutto tra i millennial, la tendenza a rinunciare alla visione "live" a favore di una in differita: dal 7 per cento di due anni fa si è passati a un 32 per cento. E se a questo si somma la tendenza dei più giovani di preferire alla diretta quella sul thread dei social network (29 per cento), si capisce che ormai più della metà dei ragazzini si rapporti in modo completamente diverso rispetto a come siamo tradizionalmente abituati. Con buona pace per la "messa laica del calcio" di Montalbán.

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