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La Juventus vince il settimo scudetto consecutivo. Tutti i meriti di Allegri

Leo Lombardi

L'allenatore quattro anni fa aveva sostituito Antonio Conte sulla panchina bianconera tra lo scetticismo generale. In Italia, Supercoppa a parte, non ha mai perso

L'unica con cui non ha feeling è la Supercoppa italiana: quattro finali e una sola vittoria, nel 2015. Per il resto Massimiliano Allegri non ha lasciato prigionieri da quando è arrivato alla Juventus. Almeno in Italia. Quattro scudetti di fila e quattro Coppe Italia altrettanto di fila, l'ultimo double collezionato in pochi giorni. Mercoledì sera umiliando 4-0 il Milan in coppa, domenica sera pareggiando 0-0 con la Roma per chiudere il campionato con una giornata di anticipo, con l'Olimpico trasformatosi nel salotto buono dei successi bianconeri. Numeri impressionanti. Prima di lui soltanto un altro allenatore in Italia aveva vinto quattro scudetti di fila. Era la Juventus del primo ciclo d'oro, era quella guidata da Carlo Carcano, che non poté mettere il proprio nome accanto al quinto titolo consecutivo nel 1935 perché cacciato a stagione in corso: ero sospettato di omosessualità e questo bastava per essere condannati nell'Italia fascista.

 

La Juventus attuale ha saputo fare ancora meglio, visto che quello appena vinto è il settimo campionato di seguito. E non si parla di scudetti nati per merito di bilanci. Questi c'entrano, è vero. A Torino hanno saputo imboccare una via che ampiamente paga, cominciando dallo stadio di proprietà e poi passando per indotti vari: il merchandising, il museo (180.000 visitatori nel 2017), il centro medico e l'albergo che verrà, entrambi alla Continassa dove sorge l'Allianz. Ma è anche vero che sul campo ci vanno i giocatori e se quest'anno il Napoli ha saputo totalizzare 88 punti, la Juventus ha avuto la forza di annullarli centrandone quattro in più, dopo aver rialzato la testa proprio nel momento più difficile. Ovvero, dopo aver perso in casa lo scontro diretto con gli azzurri. Il sorpasso sembrava scritto, la successiva vittoria bianconera in casa dell'Inter ha posto le basi per il crollo del Napoli il giorno dopo a Firenze.

 

Lui non lo dirà mai, ma gran parte del merito va ascritto ad Allegri. Uno capace di gestire l'organico per farlo fruttare al meglio nel corso della stagione, uno che non si spaventa a mandare in panchina i suoi elementi migliori se le circostanze lo richiedono (ultimo esempio: Gonzalo Higuain rimasto a guardare nella finale di Coppa Italia), uno che sarà anche figlio di Giovanni Galeone ma che ha costruito i successi sulla difesa: la meno battuta in ognuno degli ultimi quattro campionati e capace di non incassare un solo gol nell'ultima Coppa Italia. Eppure nell'ambiente bianconero ancora non basta. Trovi sempre qualcuno che dice come la Juventus non giochi bene, sbuca sempre fuori qualche vedova di Antonio Conte. Gente che dimentica come pure quella squadra vincesse senza regalare spettacolo e come il tecnico salutò sdegnoso nel 2014 perché convinto di non aver un gruppo all'altezza dell'Europa. Allegri arrivò al suo posto, venne accolto dalla diffidenza eppure cominciò a vincere, sapendo arrivare a una finale di Champions nel 2015 proprio con i giocatori che non erano stati considerati all'altezza da Conte. Perse con il Barcellona. Ci tornò due anni dopo e riperse con il Real Madrid. E la mancata coppa è l'ultima ridotta dietro cui si trincerano i critici. Allegri è atteso ora dal compito più difficile. Non tanto guidare la Juventus a incamerare l'ottavo titolo consecutivo (occorre che si svegli pure la concorrenza nostrana) quanto, piuttosto, gestire un ricambio generazionale obbligato, specie sul fronte italiano. Buffon si congeda dal calcio, Chiellini e Barzagli avranno un anno in più sulle gambe, mentre Marchisio potrebbe salutare. Questa sarà la sfida con cui trovare nuovi stimoli.

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