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La notte in cui la Roma fece l'impresa in Champions e Roma impazzì

Giovanni Battistuzzi

Nessuno scudetto o coppa vinta, ma un 3-0 al Barcellona (dopo la sconfitta per 4-1 all'andata al Camp Nou) che regala la prima semifinale europea dopo oltre trent'anni. Storie di ordinaria follia

Gente per strada, urla, cori, mortaretti e fumogeni, qualcuno a petto nudo, come fosse luglio, come fosse il 2006, dopo la vittoria del Mondiale a Berlino. Ieri sera Roma era tutto questo, oltre a strade impallate di macchine a clacson spiegato. Si festeggia così. Ieri sera la Roma ha vinto lo scudetto, o quasi, almeno sembrava, l'illusione era questa: una sbronza collettiva. Nessun tricolore da affiggere sul petto, nessuna coppa alzata, ma una vittoria ai quarti di Champions League, un 3-0 che ribalta il 4-1 dell'andata in Catalogna: la Roma passa in semifinale, il Barcellona torna a casa, mesto e sconfitto. Un'impresa da celebrare. Comunque.

 

 

Era dal 1984 che i giallorossi non arrivavano tra le migliori quattro d'Europa. Allora c'era ancora la Coppa Campioni, c'era ancora il muro e la Dinamo Berlino era l'avversaria. All'andata finì 3-0, autogol di Grether, poi Pruzzo e Cerezo; a ritorno i tedeschi dell'Est vinsero 2-1, gol di Oddi, poi Thorn e Ernst.

 

 

Trentaquattro anni dopo, c'hanno pensato Dzeko, De Rossi su rigore e la testona di Manolas a portare nella Capitale quelle storie di ordinaria follia, che nulla c'entrano con Charles Bukowski, anche se, forse e in sede privata, il sottotitolo del libro è stato messo in pratica.

 

Trentaquattro anni dopo la Dinamo Berlino e diciassette anni dopo il campionato vinto da Capello, Totti e compagnia bella, Roma ha festeggiato nuovamente in strada sino a notte fonda. Godendo di quella gioia calcistica che magari altrove si prova più spesso, e che nella capitale è goduria parcellizzata, dosata a piccole dosi negli anni.

  

C'è Garbatella che è un unico coro, un unico urlo al gol di Manolas. Ci sono Testaccio e Trastevere piene di gente, di magliette e sciarpe giallorossi, di motorini e macchine, di fiumi di birra, di fumo rosso e fumo giallo che si mescolano.

 

 

C'è il centro storico dove turisti stranieri guardano stupiti l'impazzimento collettivo fatto file di automobili che strombazzano sotto bandiere sventolanti. Incapaci di capire cosa sta accadendo. Chiedendosi perché ci sia gente in piedi sopra un autobus ( se lo chiedono un po' tutti, ma tant'è).

 

 

Ci sono sedie in strada e uomini sopra che urlano gioie giallorosse e ingiurie anti laziali, perché le vittorie di una compagine di Roma è per forza la sconfitta dell'altra. Funziona così, da sempre.

 

 

Ci sono i social e i tifosi un po' più tifosi degli altri, quelli che quando si palesano sono assediati, "selfati", postati eccetera. C'è Antonello Vendetti che canta la sua immancabile Grazie Roma, c'è Carlo Verdone che "nun ce credeva" e che je "sta a parti' la pompa". Ci sono altre mille esultanze private che si assomigliano tutte e sono abbraccia, urla, qualche bestemmia gridata in balcone. 

 

La Roma ha vinto, ha fatto l'impresa, si è presa con una partita perfetta la semifinale di Champions buttando fuori un Barcellona forte, ma che di azzurro vestito si è fatta tirare dentro un derby cromatico che non poteva reggere.

 

La Roma ha vinto e Roma è impazzita. Adesso ai giocatori toccherà far continuare tutto questo, perché il risveglio da un sogno, quasi sempre genera incubi.

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