Paolo Savoldelli nel Giro d'Italia del 1999

L'alternativa del Falco Paolo Savoldelli: meno 18 al Giro100

Giovanni Battistuzzi

Al Giro d'Italia 1999 sul Colle Fauniera verso Borgo San Dalmazzo Pantani e Gotti si involarono in salita. Il bergamasco in discesa li recuperò, li staccò, se ne andò a vincere

Gabriele Missaglia era avanti a tutti sin dal mattino. Aveva fatto una faticaccia immane su per quel colle lungo come un’agonia, ma era riuscito a rimanere da solo, cosa strana per lui che il meglio lo dava in pianura, sulle brevi salite, al limite in volata. Sulla carta era segnato come Colle Fauniera, 2.481 metri sul livello del mare, oltre ventidue chilometri per raggiungere la cima. Per molti, a eccezione delle carte geografiche, è il Colle dei Morti. Una storia del diciottesimo secolo, un confronto armato tra truppe franco-spagnole e piemontesi che riempirono di sangue le acque del torrente Grana. 

Dietro alla fuga, salendo verso la cima del passo, Marco Pantani e Ivan Gotti avevano dimostrato di essere i più forti in salita. Il primo era scattato, aveva provato a fare il vuoto. Il secondo gli si era incollato alla ruota con la promessa che non l’avrebbe persa per nessun motivo. Mancavano oltre cinquanta chilometri all’arrivo e il Pirata aveva deciso che era meglio non insistere. Pedalarono assieme, uno accanto all’altro, di buon accordo perché obiettivo comune era mettere più secondi possibili tra loro e tutti gli altri. 

 

Dietro ai due che inseguivano gli avanguardisti un ragazzo vestito di rosso, con la faccia imberbe, i lineamenti adolescenti e lo sguardo di chi sa benissimo quali sono i suoi pregi e i suoi difetti inseguiva senza far troppo caso al distacco. Era consapevole che tentare di stare dietro a quei due era missione impossibile per uno come lui. Era altrettanto consapevole che un monte è fatto di salita e discesa, di ascensione e planata, e se nella prima non brillava, nella seconda sapeva essere irresistibile.

Così quando scollinò il Fauniera decise che era venuto il momento di dare un senso alla sua pazienza. Tirò su la zip della sua maglietta, posizionò le mani nella curva del manubrio, si gettò a naso in giù. 

 

La strada era un serpente di asfalto mangiucchiato dall’escursione termica tra burroni e curve aperte, un inno alla velocità. Il contachilometri aumentava le cifre, sessanta, settanta, ottanta all’ora, e poi di più, le tre cifre, oltre i cento. Paolo Savoldelli, di Rovetta, val Seriana, era abituato a non godersi il panorama dei suoi monti, quelli bergamaschi, era soprattutto abituato a non avere rivali quando la strada scendeva. Non ne aveva avuti da bambino in sella alla bmx, aveva continuato a non averli da grande. 

 

Pantani e Gotti li sorpassò di volata. Provarono a seguirlo, ma fu solo un pensiero momentaneo, qualcosa che andava classificato sotto l’etichetta “follia”. Gabriele Missaglia era tre minuti avanti, lo raggiunse che la montagna si era fatta valle, lo salutò come è buon uso tra compagni di avventura, si mise davanti a lui a pedalare di foga per non farsi raggiungere da chi voleva riprenderlo. Poi sulla salita che portava alla Madonna del Colletto, salutò anche il compagno d’avventura, se ne andò solo incurante del ritmo che dietro stavano tenendo i rivali. C’era un’altra discesa, un’altra possibilità di non farsi acciuffare. 
A Borgo San Dalmazzo c’arrivò da solo, con le braccia alzate sotto lo striscione d’arrivo e una faccia commossa di uno che ancora non aveva capito che in quel giorno alpino avrebbe perso il suo nome, Paolo, per diventare per sempre Falco.

Vincitore: Ivan Gotti in 99 ore 55 minuti e 56 secondi; 

secondo classificato: Paolo Savoldelli a 3 minuti e 35 secondi; terzo classificato: Gilberto Simoni a 3 minuti e 36 secondi; 

chilometri percorsi: 3.752.