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La settimana santa di James Pallotta e un agnello da sacrificare (non è Totti)

Alessandro Giuli
Nulla, ma proprio nulla di personale contro Luciano Spalletti e James Pallotta. Anzi, è sempre bello vedere un presidente che si dedica amorevolmente alla propria squadra, “per almeno una settimana” fa sapere lui, poi tornerà negli Stati Uniti. Meglio di niente. E allora eccolo qui, pronto a marmori
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Nulla, ma proprio nulla di personale contro Luciano Spalletti e James Pallotta. Anzi, è sempre bello vedere un presidente che si dedica amorevolmente alla propria squadra, “per almeno una settimana” fa sapere lui, poi tornerà negli Stati Uniti. Meglio di niente. E allora eccolo qui, pronto a marmorizzare Francesco Totti (un busto, forse una statua, la maglia da titolare o da panchinaro per l’anno prossimo mi pare improbabile); e rieccolo qui a magnificare il caro leader: “Spalletti? L’avrei preso prima”, se solo avesse saputo prima della sua esistenza… ma poi vediamo che succede alla prima striscia d’insuccessi. E insomma rieccolo ancora, Pallotta, pronto a rassicurarci tutti sullo stadio erigendo e su un futuro tutto da divinare. A parte una (quasi) certezza: Walter Sabatini andrà via, accompagnato all’uscio dal suo decoro e dall’altrui ingratitudine. Qualche sbaglio l’ha commesso anche lui, ma nel suo caso, come scrisse il nostro amato Tacito, non gli errori ma “i meriti furono causa di rovina”.
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