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Ciao Pacioso Rafa, genio del saper perdere

Maurizio Crippa
Un caloroso saluto, come diceva Pizzul, al caro Pacioso, come l’abbiamo sempre chiamato noi di incrollabile e orfana fede mourinhista.
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Un caloroso saluto, come diceva Pizzul, al caro Pacioso, come l’abbiamo sempre chiamato noi di incrollabile e orfana fede mourinhista. Fin dal giorno in cui comparve a raccogliere l’eredità del Filosofo, nonché arbiter elegantiae, calzando inguardabili braghette e una panza da pensionato in riviera. Fu la conferma di un disamore sbocciato molto prima e per fortuna durato poco, che nemmeno il ricordo di quella bella finale contro i Cacciaviti seppe mai mitigare. Pensò di poter spiegare agli eroi del triplete che dovevano cambiare schema, pretese di insegnare a Samuel Eto’o – l’Onniscienza nera del calcio – che doveva cambiare gioco. Poi è andato al Napoli (absit iniuria verbis), squadra che meglio s’addice al suo piagnucolare. Ora se ne va, insalutato ospite, con la sentenza di Mourinho sulle spalle: zeru tituli. Ma quello che davvero fa impazzire, di Rafa Benítez, è il talento che solo certi geni del saper perdere possiedono, l’arte di cadere sempre sul gradino più in alto. Va al Real Madrid adesso, “qui mi sento a casa”, ha detto, e ha pianto. Sembra che abbia pianto anche CR7, ma questa è un’altra storia.
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