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I found my trash in Portofino. Ecco la combo cafona Dolce&Gabbana-Kardashian

Fabiana Giacomotti

In mezzo alle famiglie old money approda il matrimonio della conduttrice televisiva Kourtney con il batterista Travis Barker, primo coniugio della storia brandizzato da capo a piedi. Un simile inanellamento di disastri di gusto non si vedeva da molto tempo

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Dice l’amica con giardinetta scoperta Anni Sessanta e friulana in ogni stagione che cosa ci fosse da aspettarsi, dopotutto, da una combo Dolce&Gabbana-Kardashian e ha anche ragione. Però, cari, se venite a Portofino perché vi fa tanto “northern Italy chic” dovete saperlo, no, che su quel lembo di costa ligure l’uso del tacco e delle trasparenze è il segno dell’inadeguatezza al luogo e agli usi delle sue genti (che potrebbe anche non interessarvi, per carità, però se non vi interessa mescolarvi al northern Italy chic, perché diamine avete lasciato Rodeo Drive e voluto bissare la prima cerimonia con il sosia di Elvis Presley?).

  

Insomma, per farla breve lo scorso week end, il primo di grandissimo caldo, in mezzo alle famiglie old money in maglietta a righe, pantofoline e pantaloni stazzonati il giusto è approdato tutto il clan Kardashian per il matrimonio della conduttrice televisiva Kourtney con il batterista Travis Barker, primo coniugio della storia brandizzato da capo a piedi, ed è stato come se all’improvviso fosse scoppiato nella piazzetta in bianco e blu una bomba di trash. Paola Cortellesi a Capalbio in "Come un gatto in tangenziale", c’era da domandarsi dove fosse la telecamera nascosta. Veli trasparenti da odalisca del sultano, tacchi a spillo che si inclinavano pericolosamente sui sassi e i lastroni di pietra serena, bustier alla coscia che non si sa mai quando abbiano un senso anche e infatti ce l’hanno solo in camera da letto ma qui sono arrivati fino in chiesa, gli ospiti in gramaglie e velo nero in testa, lo sposo in smoking (per la stragrande maggioranza della gente, l’abito adatto con cui sposarsi, qui accompagnato da scarpe con la suola di gomma: se non altro non avrà scivolato) e infine lo straordinario tocco cafone: il ragazzo che regge un parasole sul capo degli sposi, ispirato a quello del ritratto di Elena Grimaldi Cattaneo di van Dyck, con la differenza che nel dipinto, ora esposto alle Scuderie del Quirinale, siamo a Genova nel 1623 e le frange in tripolina dorata modello varieté televisivo del 2022 sono invece eleganti festoni.

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Osservava la collega esperta di moda matrimoniale, grande fan dei cestini da pic nic e del molto rustico, che il velo della sposa fosse una meraviglia e ne conveniamo; non fosse che lo straordinario ricamo della Vergine, nelle foto scattate da Ellen von Unwerth appare inquadrato proprio sotto il taglio cortissimo dell’abito-bustier, con un effetto che perfino a noi non credenti ha dato un filo di fastidio.

 

I found my trash in Portofino, come dire, e in versione mozzafiato, perché un simile inanellamento di disastri di gusto non si vedeva da molto tempo, nemmeno da parte dei Dolce&Gabbana che, dopo aver rivestito anni fa l’austera villa dell’Olivetta di piastrelle dorate, nel 2007 usarono il molo per un servizio fotografico che richiamò l’attenzione del Comitato di Autodisciplina pubblicitaria per istigazione allo stupro (seguirono le prime di molte ampie scuse sui media. Pochi anni dopo Stefano Gabbana, che aveva ancora accesso ai social, scrisse che i Kardashian erano “le persone più cheap del mondo”: deve aver cambiato idea).

   

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Non vorremmo sembrare i soliti nostalgici ricordando i tempi in cui perfino Liz Taylor, che non arrivava al metro e sessanta e aveva quella, pur bellissima, testona sproporzionata, scendeva lungo la Calata Marconi in infradito e foulard, i celebri occhi viola nascosti dagli occhiali da sole. Epperò che tristezza, questa Portofino modello outlet di lusso, con la boutique pop up allestita dai Dolce&Gabbana per chi avesse voluto imitare il corteo di Kourtney. Che tristezza infinita questi luoghi del cuore trasformati in centri dello shopping, ripetuto e identico. E d’altronde, sapete come funziona. I brand della moda si impossessano di un luogo che ritengono elegante e caratteristico strapagando botteghe e baretti, che svuotano e rimodellano secondo ovvie logiche di brand, finendo per stravolgere il luogo stesso. Non deturpandolo, questo no, anzi investendo milioni in finiture, piante e profumi, ma togliendogli l’anima che, nel caso di Portofino, profumava di focaccia intinta nel caffè della mattina, con le chiazze d’olio a galleggiare (la focaccia, ve lo diciamo subito, non c’è più per sei mesi all’anno).

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Per ovviare all’evidente massificazione e al senso di straniamento impotente che il turista prova nel ritrovare ovunque la stessa teoria di boutique tutte uguali, Saint Tropez identica a Capri, uguale a Positano identica a Miami (scusate, mi avevano detto che qui si mangiava la focaccia più buona del mondo, dove la trovo), da qualche anno i grandi marchi della moda lanciano collezioni ad hoc – la certa borsa che trovi solo in quel luogo, per esempio, o la ciabattina, o il pareo e il cuscino da spiaggia. La sostanza, però, non cambia, e qualche mese fa scrivemmo della tristezza che ci aveva colti quando, in un week end di sospensione fra una fashion week e l’altra, approdammo a Portofino per trovarla vuota, chiusa, sprangata, neanche un caffè se non quello fornito da un inopinato baracchino in piazzetta e quello che un tempo era noto come il bar del palombaro. Non c’erano turisti, nessuno aveva affittato i b&b, dunque perché mai tenere aperto qualcosa in quell’ex villaggio di pescatori senza pesca e senza pescatori? Col matrimonio Kardashian, la trasformazione di Portofino in villaggio vacanze può dirsi completa. Infatti, i brand più abili hanno già iniziato a spostarsi a Paraggi.

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