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La sconfitta delle donne di sinistra

Annalena Benini

Negli altri partiti sono riuscite a conquistarsi più potere e forse, non sempre, anche a non riceverlo in concessione in nome della questione femminile. Regola numero uno: non aspettare che un uomo decida che è arrivato il tuo momento

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Le donne del Pd non hanno avuto il potere, nessun ministero, niente di niente, solo parole imbarazzate e scuse appiccicose, e si preparano ad accettare o a rifiutare ruoli di secondo piano, a seconda delle strategie, a seconda del livello di arrabbiatura, che adesso è molto alto, soprattutto per il confronto perdente ed eclatante con gli altri partiti non di sinistra – tra l’altro da sempre accusati di maschilismo e trogloditismo. Per non parlare del confronto con il resto del mondo, ma è meglio fermarsi qui. Negli altri partiti le donne sono riuscite a conquistarsi più potere e forse, non sempre, anche a non riceverlo in concessione in nome della questione femminile. Hanno avuto un maggiore spazio culturale e politico per fare le loro scalate, così come le fanno gli uomini, a volte accettando purtroppo le regole degli uomini quando si tratta di donne, a volte no, ma hanno esercitato l’ambizione, la forza e la fortuna. Le alleanze, quelle un po’ meno.

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Le donne del Pd non hanno avuto il potere, nessun ministero, niente di niente, solo parole imbarazzate e scuse appiccicose, e si preparano ad accettare o a rifiutare ruoli di secondo piano, a seconda delle strategie, a seconda del livello di arrabbiatura, che adesso è molto alto, soprattutto per il confronto perdente ed eclatante con gli altri partiti non di sinistra – tra l’altro da sempre accusati di maschilismo e trogloditismo. Per non parlare del confronto con il resto del mondo, ma è meglio fermarsi qui. Negli altri partiti le donne sono riuscite a conquistarsi più potere e forse, non sempre, anche a non riceverlo in concessione in nome della questione femminile. Hanno avuto un maggiore spazio culturale e politico per fare le loro scalate, così come le fanno gli uomini, a volte accettando purtroppo le regole degli uomini quando si tratta di donne, a volte no, ma hanno esercitato l’ambizione, la forza e la fortuna. Le alleanze, quelle un po’ meno.

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Mara Carfagna diventò ministro per la prima volta con il governo Berlusconi, nel 2008 a 33 anni, e spero che nessuno abbia completamente dimenticato lo scandalo, gli insulti, le frecciate in ogni articolo su di lei, la volgarità e la violenza espresse “sui suoi calendari” anche e soprattutto dalle donne che si dichiaravano allora, e oggi, femministe e di sinistra e si sentivano offese da quella nomina. Una ferocia durata anni accettata con dignità: Mara Carfagna non ha dato fuoco alla città, come avrebbe dovuto, ma è stata gentile e determinata, ha ottenuto il potere prima del rispetto e si è conquistata il rispetto.

 

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Le cose da allora sono cambiate, si spera, e le donne di sinistra lasciate in un angolo hanno bisogno ora di una rivincita compatta (quindi simbolica), ma soprattutto di una ricostruzione, perché quella che hanno appena subìto non è una ferita, ma è precisamente una sconfitta. Di un pensiero, di una logica di spartizione, di una cultura della vicarietà e dell’attesa composta (e, nel frattempo, della rivalità tra donne) che chissà dove altro dovrebbe portare se non ad aspettare la telefonata che non arriva, e poi all’indignazione femminile. Dentro un posto, il più grande Partito di sinistra italiano, che per quanto è antiquato ha sempre in mente l’elargizione delle quote, invece che la costruzione di un altro mondo che già c’è e ci danza intorno. Aspettare che un uomo decida che è arrivato il  mio momento non è un’idea femminista, certo, ma non è nemmeno un’idea.

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