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La beffa della neve: "Sugli sci? Nuova data 11 gennaio"

Francesco Gottardi

Nevicate record, impianti chiusi. Dolomiti Superski presenta il documento aggiornato, e ora al vaglio del Cts, per far partire la stagione invernale: "Nessun problema tecnico, puntiamo sull'11 gennaio pandemia permettendo". E l'hotel di 'Vacanze di Natale': "Dicembre una mazzata, a rischio l'ospitalità italiana"

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La montagna ha fatto il possibile, ora la palla passa di nuovo al governo: “Abbiamo analizzato tutte le criticità individuate dal Cts e redatto un nuovo documento per far partire in sicurezza la stagione invernale”, annuncia Marco Pappalardo, responsabile marketing di Dolomiti Superski. “Quando? È sempre più improbabile il 7 (come indicava il Dpcm del 3 dicembre, ndr), puntiamo sull’11 gennaio: iniziare lunedì, anziché il primo giovedì dopo le feste, ci consentirebbe una gestione dei flussi un po’ più tranquilla. Naturalmente, se e solo se avremo buone notizie sull’andamento della curva dei contagi”.

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La montagna ha fatto il possibile, ora la palla passa di nuovo al governo: “Abbiamo analizzato tutte le criticità individuate dal Cts e redatto un nuovo documento per far partire in sicurezza la stagione invernale”, annuncia Marco Pappalardo, responsabile marketing di Dolomiti Superski. “Quando? È sempre più improbabile il 7 (come indicava il Dpcm del 3 dicembre, ndr), puntiamo sull’11 gennaio: iniziare lunedì, anziché il primo giovedì dopo le feste, ci consentirebbe una gestione dei flussi un po’ più tranquilla. Naturalmente, se e solo se avremo buone notizie sull’andamento della curva dei contagi”.

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L’ultima parola – come sempre da febbraio a questa parte – spetta alla pandemia. Ma sono ore decisive per definire il piano attorno a un settore che in Italia genera ogni anno 10 miliardi di fatturato e impiega 400mila persone: “Stiamo lavorando a livello istituzionale”, spiega Pappalardo. “Sarà necessario ancora un passaggio con la Conferenza delle regioni, coinvolgendo tutti gli attori dell’arco alpino. Quindi il documento aggiornato sarà nuovamente esaminato dal Cts”. Fiducia? “Dal punto di vista tecnico, sì: non c’è nessun motivo per cui la nuova proposta non debba essere accolta”.

 

I punti critici individuati dal Comitato tecnico scientifico nel rapporto di Santo Stefano erano tre: portata degli impianti di risalita, vendita degli skipass e gestione degli accessi evitando gli assembramenti. “Questo è l’unico vero scoglio, una sfida soprattutto per gli avventori plurigiornalieri”, sottolinea il dirigente del comprensorio sciistico più grande al mondo, spalmato tra Veneto, Trentino e Alto Adige. “Abbiamo tantissimi punti di accesso al sistema, bastano gli sci per passare da una regione all’altra nella stessa giornata. Ma abbiamo ulteriormente rinforzato il piano per contingentare gli ingressi grazie al controllo elettronico. Ovovie e seggiovie invece, quelle le stiamo mettendo in sicurezza da giugno: è da mesi che ci prepariamo a questo momento”. E prepararsi ha significato fare ricerche di mercato – “mai sentita tanta voglia di sci come quest’anno” –, adattarsi alle regole sul distanziamento sociale e perfino inventarsi gadget anti Covid. “Attraverso il programma ‘We care about you’ abbiamo finanziato anche una serie di scaldacolli con porta-mascherina, che distribuiremo gratuitamente per ogni skipass emesso. Sappiamo che se non ci sarà una rivalutazione epidemiologica la stagione salterà e tutto il sistema montagna dovrà dipendere da sussidi e ammortizzatori sociali”, è realistico Pappalardo. E ottimista: “Fino al 10 febbraio continueremo a credere nella ripartenza: la Pasqua 2021 cade ad aprile, le persone non vedono l’ora di mettersi gli sci. E poi, mai vista tanta neve come quest’anno”.

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La montagna che era

Fiocchi di speranza. O di irrisione: mentre il mondo degli impianti gioca la grande partita, l'indotto attende con ansia. Alberghi, ristoranti, trasporti. I paeselli alpini sono nel pieno della paralisi, Perla delle Dolomiti compresa. Vi ricordate Alboreto is nothing? “Un’altra epoca. Ma noi ci siamo sempre, cerchiamo di reinventarci: il coprifuoco sta facendo riscoprire una montagna più vera, meno casinara. E il divertimento è comunque assicurato”, racconta Gherardo Manaigo, 52 anni, dagli ultimi dieci proprietario, insieme alla famiglia, dell’Hotel de la Poste di Cortina d'Ampezzo. O quel che resta di ‘Vacanze di Natale’ – “Scusateme, so du’ ore che ve sto ad aspettà davanti alle poste”, si era confuso in scena un giovane Claudio Amendola. 37 anni dopo il cult dei Vanzina che la portò sul grande schermo, la storica struttura nel bellunese vive il suo momento più difficile. Come tutto l’universo settimana bianca: “Andiamo avanti a ranghi ridotti, gli stagionali in paga a casa, le celle frigorifere piene che non sappiamo come gestire. Perché siamo sempre pronti a partire”.

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Rispetto alle grandi città, il turismo d’alta quota in questo sciagurato anno solare aveva retto. “Ma l’ultimo mese è stata una mazzata: un terzo del nostro fatturato annuo lo ricaviamo tra l’Immacolata e l’Epifania. Al governo chiediamo chiarezza e in fretta”, esorta Manaigo. “Se è vero che siamo imprenditori, e in quanto tali capaci di inventarci sempre qualcosa per sopravvivere, abbiamo bisogno di sapere come organizzarci nell’emergenza. È a rischio l’ospitalità: una delle eccellenze italiane”.

 

Il numero uno dell’Hotel de la Poste è diventato volto noto del settore durante tutta la pandemia. Sotto il profilo mediatico, se non sotto quello economico. In primavera aveva perfino citato in giudizio il ministero della Sanità cinese: “Per la responsabilità oggettiva sulla diffusione della pandemia”, spiega Manaigo. “La scarsa condivisione di dati da parte della Cina ha consentito il propagarsi dell’epidemia in modo più violento di quanto avremmo potuto fare. Con evidenti ripercussioni economiche. Se ho ricevuto risposta da Pechino? Aspettiamo il dibattimento di metà gennaio, al foro di Belluno. Non aggiungo altro, altrimenti il mio legale mi sgrida”. Mentre lo scorso 5 dicembre l’Hotel de la Poste è tornato alla cronaca per tutt’altri motivi: chiusura per cinque giorni, in seguito a un blitz delle forze dell’ordine che ha trovato il ristorante dell’albergo più pieno del consentito. “Stiamo verificando con le autorità”, continua lui. “Più che gli alloggiati extra potrebbe aver inciso chi, in modo conforme al regolamento, poteva appoggiarsi alla struttura fino a mezzanotte. Ora comunque è tutto risolto”. Ma in questo 2020 a valanga, la mossa più importante di Manaigo si chiama Movimento Imprese Ospitalità: “L’associazione, di cui sono vicepresedente esecutivo, è nata quest’anno a sostegno del mondo imprenditoriale. È stata approvata da Confindustria e abbiamo intrapreso un dialogo con il governo per ottenere i relativi indennizzi: noi conosciamo le nostre criticità. I costi di affitto, di gestione. E da soggetto fortunato vorrei aiutare: i Mondiali di sci alpino (in programma dall’8 al 21 febbraio 2021, ndr) potrebbero salvare Cortina, ma per il resto si profila un cimitero di partite Iva. Troppe realtà, purtroppo, non ce la fanno più”.

 

Per ora resta il silenzio della montagna. “Ci si ritrova fondisti, scalatori. Vicino a me, quei pochi che ci sono hanno imparato ad approfittare di questa nuova dimensione”. Lontano dal Dogui, dalle feste in mezzo al ghiaccio, da quella routine vacanziera e un po’ edonista che ha tolto altre sicurezze agli italiani. “Mi consolo amaro, guardando fuori dalla finestra: la neve è sempre stata il nostro oro”. E per nevicare, nevica.

 

 

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