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Non solo l'Isola delle Rose. Viaggio intorno al mondo tra le micronazioni

Gaia Montanaro
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Tecnicamente nel settore cinematografico si chiamano high concept. E molto spesso, se si è davvero fortunati, se ne incrociano un paio in tutta la carriera. Si tratta di quelle storie che hanno un cuore narrativo, un motore drammaturgico forte, unico e conchiuso. L’idea che regge il racconto vale da sola l’investimento, ancor prima che di essa ne nasca una versione più articolata e compiuta (come ogni buon film dovrebbe essere). L’incredibile storia dell’Isola delle Rose è questo, la pietra grezza, l’innesco narrativo perfetto. Figurarsi poi quando si scopre - praticamente subito - che un’Isola delle Rose è esistita davvero. Anzi, che ce n’erano e ce ne sono ancora. Strani esperimenti di micronazioni, nate per gioco, per evasione letteraria, per polemica politica o per propulsione visionaria. Anche questo è un buon innesco: e le storie che stanno dietro a queste nazioni sui generis lo sono ancora di più

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La pellicola di Sydney Sibilla disponibile su Netflix racconta la storia (liberamente ispirata al romanzo di Walter Veltroni L’isola e le rose edito da Rizzoli) della piattaforma di 400 metri quadrati costruita al largo di Rimini e fuori dalle acque territoriali italiane nel 1968 dall’ingegner Giorgio Rosa che l’autoproclama stato indipendente, corredato di lingua autoctona (l’esperanto), bandiera e francobolli locali. L’esperimento entusiasma e per alcuni mesi diventa un’attrazione, con un fitto via vai soprattutto di giovani che trovano in quella palafitta di cemento sorretta da un reticolato di pali d’acciaio e un punto di attracco (chiamato Porto Verde) l’occasione per evadere e, perché no, per immaginare qualcosa di diverso per il loro futuro. Di differente opinione è lo stato italiano che nel febbraio 1969 prima la occupa militarmente e poi la fa brillare con due esplosioni da 527 chilogrammi di tritolo ciascuna. “Hostium rabies diruit opus non ideam”: “la violenza dei nemici ha distrutto l’opera, non l’idea” recitavano le scritte sugli ultimi francobolli emessi dalla città prima della sua scomparsa. In questo articolo del Foglio se ne può leggere la storia completa (in alternativa c'è il memoriale scritto dallo stesso Rosa).  

   

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Ma di esempi come quello dell’Isola delle Rose, con esiti più o meno favorevoli, ce ne sono molti altri, sia in quota nostrana sia estera. Verrebbero alla mente in prima battuta casi come quello della Repubblica di San Marino o il Vaticano – che conta di suo il primato di essere il più piccolo stato sovrano al Mondo con 618 abitanti. Sono però esempi impropri perché si tratta di nazioni vere, riconosciute. I microstati invece sono sempre autoproclamati e non riconosciuti. Non c’è accordo sul numero ufficiale delle micronazioni presenti nel mondo ma ci si attesta sul centinaio. In un bel libro di Graziano Graziani (Atlante delle micronazioni, edizione Quodlibet) se ne trova un racconto ampio, divertente ed esaustivo. E si scopre che anche l’Italia ha fatto la sua parte con casi interessanti, qualcuno già relegato al passato mentre altri ancora presenti. 

  

Il principato di Seborga, in provincia di Imperia, ha una storia quasi millenaria essendo stato proclamato principato nel 1079 da papa Gregorio VII. Durante la stipula dei trattati per l’Unità d’Italia, venne accidentalmente dimenticato e, a causa di questa defezione, negli anni Sessanta ne è stata proclamata l’indipendenza. Attualmente ha una popolazione di 350 persone, è governato da una donna (la principessa Nina) e ha una moneta locale, il luigino, senza valore legale ma che viene utilizzata come buono spendibile in città (il valore fissato è di circa 6 dollari). Sorte simile è toccata alla Repubblica di Bosgattia, micronazione esistita per una decina d’anni (1946-1955) su una piccola porzione emersa di terra nel delta del Po, in provincia di Rovigo. Governata dal linguista milanese e slavista Luigi Salvini, si trattava di un assembramento di tende canadesi dove un gruppo ristretto di persone viveva per circa tre mesi all’anno. L’attività principale era la pesca e per accedere all’isola era necessario ottenere un lasciapassare in cambio del quale il richiedente doveva catturare un pesce gatto, tipico esempio di fauna locale. È invece visitabile ed esistente ad oggi la Repubblica di Frigolandia, ludo-nazione fondata nel 2005 in Umbria da Vincenzo Sparagna e progettata insieme ad Andrea Pazienza. Questa “repubblica della fantasia”, la cui storia meriterebbe un capitolo a parte, è legata a doppio filo alla nascita del fumetto undergroud italiano e ai manifesti artistici legati al Maivismo, di carattere estetico programmatico e che professava l’arte come fulcro conoscitivo e interpretativo del reale. 

 

Anche in quota internazionale gli esempi di micronazioni non mancano. Suggestivo il caso della Repubblica di Molossia, in Nevada, fondata nel 1999 da Kevin Baugh. La repubblica più piccola del mondo ha un territorio di quattro mila metri quadrati dove sorge l’abitazione principale in cui abitano il trentasettenne americano e la sua famiglia. Segni particolari: la micronazione è fuori dalla giurisdizione degli Stati Uniti, non paga le tasse al governo centrale, ha una propria moneta e si considera in guerra con la Germania dell’Est. Qualche anno fa Baugh ha organizzato i primi giochi olimpici della micronazioni, durante i quali si è aggiudicato la medaglia d’oro nella sua specialità: il fresbee. Sempre in America ma sulla east coast si trova il Regno di North Dampling, isola di proprietà di Dean Kamen (il fondatore di Segway) al largo del Connecticut. Abbelliscono il regno – anche in questo caso costituito da un solo edificio – una pala eolica e una riproduzione a grandezza naturale di Stonehenge. Forti legami con il mare li ha anche il Principato di Sealand, piattaforma artificiale creata dal governo inglese durante la Seconda Guerra Mondiale e occupata dal maggiore dell’esercito e conduttore radiofonico Puddy Roy Bates fino al 1967. Messa in vendita più volte e senza successo, ha oggi una popolazione ufficiale di quattro persone e, a seguito della Brexit, pare molte siano state le richieste di cittadinanza da parte dei cittadini britannici contrari all’uscita dall’Europa. Sarebbero numerosi i casi particolari da citare per questi stati in miniatura, nati per gioco, polemica o visionaria follia: la Repubblica di Minerva, il Regno di Tolossa, Liberland, Christiania e il Principato di Hutt River. Sembrano nomi di fantasia invece esistono tutti. Incubatori di storie, in equilibrio tra realtà e fantasia.

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