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Diranno di noi che non s’era mai vista una fuga di cervelli così. Verso dove, chissà

Ester Viola

Di purè di patate e multe all'Esselunga: ecco all'opera la matematica sociale di far andare le mele con le pere

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La storia non siamo noi, sono i pettegolezzi che faranno dopo di noi. Non c’è da offendersi troppo. Quando dal futuro verranno a scrivere di questi anni faranno il solito censo di governi eletti, opere d’arte, libri e personaggi notevoli. E uniranno i puntini. Pure quelli lontani. Il postero sarà capace di quello sguardo d’insieme che a noi è negato: nello stesso paniere finiranno fatti apparentemente distanti e casi strani. Far andare le mele con le pere è matematica sociale. Ci tengo a raccontarvi di una mela e una pera che mi sono cadute in testa in questi giorni, casi evidentemente non parenti, due rette parallele che viste all’infinito diventeranno una.

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La storia non siamo noi, sono i pettegolezzi che faranno dopo di noi. Non c’è da offendersi troppo. Quando dal futuro verranno a scrivere di questi anni faranno il solito censo di governi eletti, opere d’arte, libri e personaggi notevoli. E uniranno i puntini. Pure quelli lontani. Il postero sarà capace di quello sguardo d’insieme che a noi è negato: nello stesso paniere finiranno fatti apparentemente distanti e casi strani. Far andare le mele con le pere è matematica sociale. Ci tengo a raccontarvi di una mela e una pera che mi sono cadute in testa in questi giorni, casi evidentemente non parenti, due rette parallele che viste all’infinito diventeranno una.

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La mela. Vicenda giudiziaria. Qualche tempo fa il signor L. R. ricorre in tribunale (spendendo soldi) presso il giudice tutelare. Giudice tutelare è chi si occupa di soggetti deboli. La questione posta era la seguente: eccellentissimi signori del governo italiano non trattatemi da scemo io ho il diritto costituzionale di entrare all’Esselunga senza la mascherina. Dopo lunghi passaggi che arrivano fino in  Cassazione (altri soldi), è pubblicata l’ordinanza n. 23843/2020 che mette fine alla faccenda.  Il collegio dichiara che è infondata (i.e. una cazzata) la tesi del ricorrente che considera il presidente del Consiglio un curatore che con i suoi provvedimenti (mettiti la mascherina!) ha sottoposto i cittadini a una “curatela governativa permanente”. 


 

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Il giudice, dovendo leggere pure le più fesse carte e non avendo (purtroppo) il potere essenziale di mandarti a casa un ufficiale ministeriale col compito di tirare due paccheri dimostrativi, dichiara il non luogo a provvedere e sanziona il ricorrente.

 Ora immaginate uno che passa mesi a fare causa allo stato italiano perché gli dà noia tenere su la mascherina per comprare un etto e mezzo di prosciutto crudo. Poteva ordinare online. Usare Amazon. No, lui ci tiene alle sue libertà. Capite che lamentarsi non basta più. E’ l’opinione da bar che diventa convinzione d’acciaio. Sono disposti a spenderci. E’ la stessa pazza lucidità di chi riesce ad argomentare di terra piatta. Sono invincibili.

 

La pera. L’altro episodio riguarda i più giovani e quindi si svolge interamente sui social network. Parliamo di persone in età universitaria. Una delle rivoluzioni recenti, non so se sapete, converge nello scopo di far finire le parole con * e persuadere all’utilizzo di altri anticristi lessicali, alcuni di questi ammennicoli sono infatti capovolti, come la e (ha scritto perfettamente Guia Soncini: prova a formulare una frase neutra in una lingua romanza dove pure articoli e participi prendono il genere e scoprirai che si ottiene un’emicrania). Sempre nel mare magnum della crociata della lingua, dove il nuovo che avanza non sente ragioni – la faccenda è molto eristica – qualche giorno fa hanno alzato bandiera nera su un purè di patate. Era una foto pubblicata su un social. Si sosteneva che quel purè di patate, seppur ontologicamente innocuo per le libertà di minoranza, dovesse essere preceduto da TW – che nel vocabolario della guerriglia social vuol dire Trigger Warning. Cioè: attento stai urtando la sensibilità di qualcuno! (con disturbi alimentari, nel caso).

 

Se non ho niente in contrario a pensare che * cambierà il mondo (non ce l’ho), allora anche TW potrebbe cambiare il mondo. Va bene lo stesso se qualcuno spende varie banconote da 100 euro per fare causa allo stato italiano pur di non mettere una fetente mascherina. Libera internet e liberi tutti di convincersi di quello che più aggrada. O pensiero è come uno s’o mette, sotto il Vesuvio hanno da secoli una frase per spiegarti la tolleranza all’opinione altrui per mancanza di alternative. Ergo, che un purè di patate possa fare vittime è un’altra idea balzana diventata convinzione di ferro, e non possiamo farci niente. Sì, la so l’obiezione. Questi sono i pazzi del villaggio globale internet, direte. Troppo facile. Pazzi assoluti.

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Ma i pazzi relativi neanche scherzano. Stanno bene secondo voi quelli che argomentano che il genere non esiste? Sta bene J.K. Rowling che invece di scrivere due mesi l’anno e vivere in Messico gli altri dieci passa le giornate a discutere con Tettina01 per uno scambio alla pari? Stanno bene le follower che braccano le influencer nemiche per stanarle mentre si rivendono i regali? Stanno bene le influencer che si scusano piangendo per un like sbagliato e se non sono riuscite a condividere l’ecografia del bambino col pubblico famelico? Sto bene io, che scrivo di gerarchie di mentecatti collezionati online in piena emergenza economica e con gli “affittasi locale” che si moltiplicano una settimana dopo l’altra sotto i miei occhi perfino nel triangolo del denaro, il tragitto tra San Babila e Piazza della Scala? Siamo una grande Chiesa, questo volevo dire. Millennial e seguenti possono darsi una calmata. Non siamo più gli un contro gli altri armati. Non c’è bisogno. La generazione Z va dai cinquanta ai diciott’anni, Z come Zuckerberg. Diranno di noi che non si era mai vista prima una così grande fuga di cervelli. Verso dove, chissà.

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