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Tecniche di negazionismo sul web

Federico Ronchetti

Conoscerle per contrastare chi, dai No vax a Trump, usa le armi del del complottismo e dell’inquinamento cognitivo. E farebbe cambiare idea anche a Schopenhauer

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"Contra negantem principia non est disputandum”: così raccomanda Schopenhauer nella sua operetta L’arte di ottenere ragione. Il filosofo tedesco passa in rassegna i vari trucchi dialettici che consentono ai chi ingaggia una disputa retorica di prevalere per fas et nefas, con le buone o con le cattive. Molti di questi artifici dialettici vengono usati, spesso inconsapevolmente, da personaggi pubblici come politici e giornalisti durante talk-show, purtroppo svuotando queste trasmissioni di contenuto effettivo e rendendole una sorta di wrestling verbale. Tuttavia, malgrado il proliferare di argomenti polemici ed eristici, un caposaldo è rimasto tutto sommato inviolato: su alcuni princìpi di base gli avversari si trovano d’accordo, essi rappresentano il ring, la piattaforma cognitiva, entro la quale gli opponenti se le suonano dialetticamente di santa ragione. In passato, nessuno pensava di prevalere sull’avversario demolendo il ring o dandogli fuoco.

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"Contra negantem principia non est disputandum”: così raccomanda Schopenhauer nella sua operetta L’arte di ottenere ragione. Il filosofo tedesco passa in rassegna i vari trucchi dialettici che consentono ai chi ingaggia una disputa retorica di prevalere per fas et nefas, con le buone o con le cattive. Molti di questi artifici dialettici vengono usati, spesso inconsapevolmente, da personaggi pubblici come politici e giornalisti durante talk-show, purtroppo svuotando queste trasmissioni di contenuto effettivo e rendendole una sorta di wrestling verbale. Tuttavia, malgrado il proliferare di argomenti polemici ed eristici, un caposaldo è rimasto tutto sommato inviolato: su alcuni princìpi di base gli avversari si trovano d’accordo, essi rappresentano il ring, la piattaforma cognitiva, entro la quale gli opponenti se le suonano dialetticamente di santa ragione. In passato, nessuno pensava di prevalere sull’avversario demolendo il ring o dandogli fuoco.

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Con la sua posizione, Schopenhauer, suggerisce di non ingaggiare disputa con chi nega certi princìpi fondamentali e implicitamente reputa questi soggetti indegni di attenzione, bislacchi o relativamente innocui per cui semplicemente consiglia di ignorarli e di lasciarli cuocere nel loro brodo. Si suppone che essi rifiutino di salire sul ring o, se lo facessero, si comporterebbero come orangotanghi demolendolo per usare le assi di legno contro l’avversario. Il vecchio Arthur era un osso duro ma reputava di non aver tempo da perdere con gli scimmioni. Mi chiedo però cosa farebbe se vivesse oggi in un mondo dove la comunicazione è dominata dalla polarizzazione emotiva indotta dai social network che ha permesso ai gruppi di scimmioni di trovarsi, riconoscersi e acquisire consapevolezza della loro forza numerica.

 

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La forza numerica si trasforma facilmente in capitale di consenso politico come dimostrato dal primo demolitore mondiale, Donald Trump, che ha costruito le sue fortune politiche proprio colpendo gli avversari (innanzitutto i repubblicani durante le primarie e in seguito gli altri) con le assi di legno del complottismo, dell’anti-scienza e del sabotaggio cognitivo. Probabilmente parte del suo recente insuccesso elettorale è da imputare alla gestione della pandemia di Covid-19, improntata al negazionismo e al vittimismo che ha scosso le coscienze di molti evidenziando la sua inadeguatezza e pericolosità. Quindi deciderebbe Schopenhauer di disputare con i negantes principia come Trump e i suoi accoliti sparsi in giro per il mondo? Questo è il dilemma che ogni soggetto consapevole che sta sui social network oggi dovrebbe sciogliere.

 

Se abdica, abbandonando i social a complottisti e guastatori cognitivi credo possa incorrere nell’accusa di vigliaccheria e probabilmente dovrebbe rinunciare anche al diritto di lamentarsi dell’imbarbarimento comunicativo e sociale in atto. Viceversa, se si sta sui social senza combattere, al sicuro nella propria bolla, allora l’accusa è quella di essere snob e autoreferenziali: può essere rassicurante e gratificante per il proprio ego ma non è utile. Altri invece hanno scelto di combattere, di non lasciare che i social network (e gli altri media, quando possibile) siano una terra di nessuno, praterie a disposizione di complottisti e guastatori cognitivi. Tutti questi soggetti hanno una cosa in comune: negano un fatto o principio intersoggettivo (scientifico, giuridico, economico, etc.) quindi sono negazionisti nel senso che definisco “schopenhaueriano”.

 

La distinzione è sottile ma necessaria perché il termine negazionismo viene spesso associato alla Shoah e sono consapevole che la sua estensione venga criticata: tuttavia credo che alla luce della interpretazione data sopra sia inevitabile usarlo in senso più ampio. Combattere il negazionismo quindi va ben oltre la lotta tra i fautori del metodo scientifico e i sabotatori cognitivi dell’anti-scienza. Investe il dibattito pubblico nel suo complesso. La valanga di entropia informazionale che viene prodotta va contrastata con strumenti adeguati, che vanno pensati, spiegati e diffusi. Anche perché il negazionismo è meno informe di quello che sembra: i suoi eserciti sono variegati, ma preso nel suo insieme ha una composizione definita e usa tecniche precise.

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Per questo credo che la tabella che ho pubblicato recentemente su Twitter e che ho ribattezzato in modo evocativo tavola periodica del negazionismo sia utile anche se ovviamente non può, né deve, sostituire il pensiero critico. È solo uno strumento di contrasto utile nel corpo a corpo dialettico con le prime linee della fanteria avversaria che quasi sempre attacca applicando in modo ripetitivo le stesse tecniche. Senza entrare nel dettaglio di ogni possibile ramificazione, vediamo cinque linee di attacco: le falsità (F) che hanno bisogno del numero per trasformarsi in verità metaforiche ripetute come mantra. Le fallacie logiche (L) su cui regna l’Argomentum ad Hominem, usato immancabilmente nel dibattito politico, ossia l’attacco ai comportamenti e alle contraddizioni personali invece che all’argomento dell’avversario.

 

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Il ramo “L” presenta anche trappole più insidiose, false analogie, manomissioni causali, ingigantimento di aspetti irrilevanti. Il ramo (I) riguarda aspettative impossibili e continuo slittamento in avanti di obiettivi che diventano giocoforza irraggiungibili. Il ramo (C) prende il nome da Cherry Picking (scegliere la fetta della torta con la ciliegina): a livello fattuale e logico si ritengono veri tutti i fatti o le opinioni che corroborano o sembrano corroborare la propria tesi, mentre si rigetta il resto dell’evidenza bollandola come non vera. Il secondo ramo (C) riguarda ovviamente il variegato mondo del complottismo dove il rifiuto dell’evidenza fattuale, il vittimismo e interpretazioni fantasiose dei dati costituiscono l’armamentario principale.

 

Questi cinque stratagemmi dialettici vengono usati di continuo (inconsapevolmente o scientemente) sia nelle dispute antiscientifiche che politiche: infatti ormai la società è totalmente plasmata dalle tecnoscienze e chiaramente il dibattito politico ne sta risentendo (la pandemia lo sta dimostrando) e questa tendenza non potrà essere invertita. Nel futuro non ci aspetta nessun “buon selvaggio” che abita un paradiso perduto che potremo recuperare con decrescite felici o tornando allo stato di natura. Il progredire della civiltà dipenderà sempre più da un sistema di conoscenze interconnesso e complesso, unico modo con cui potremo trovare sia nuove risorse che utilizzare in modo più efficiente quelle che abbiamo.

 

Il dibattito pubblico nella fase pandemica dimostra quanto sia difficile per i decisori politici e per i cittadini applicare le basi minime del metodo scientifico per decodificare la realtà. Certamente non sarà questa “tavola periodica” a cambiare di colpo le cose. Ma sappiamo tutti quanto sia insidiosa l’abitudine: ad esempio per contrastare l’inquinamento ambientale occorre educare milioni di persone a cambiare le proprie abitudini quotidiane. La stessa cosa vale per l’inquinamento cognitivo: dobbiamo sforzarci di cambiare le nostre abitudini mentali e la “tavola periodica” può aiutare le persone a fare un primo passo in questa direzione. PS. La TPN non è stata inventata da me. La mia è una traduzione/adattamento che circolava sui social in lingua inglese.

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