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La ragazza del Capitano

Simonetta Sciandivasci

Accanto a lei Salvini cambia, si quieta. Francesca Verdini è il vero argine al sovranismo dei sentimenti

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La prima volta che l’abbiamo vista, anzi intravista, perché lei si fa sempre e solo intravedere, Francesca Verdini usciva dal cinema con in mano un pacchetto di pop corn. Era bellissima, vestita come sono vestite sempre le ragazze che vanno al cinema il sabato sera allo spettacolo delle nove e mezza: per quello che verrà dopo. Accanto a lei c’era Matteo Salvini, contento. Contento e basta, senza quella fierezza da presidente della Coldiretti o da sindaco del Profondo Veneto a Uno Mattina, quella fierezza bolsa che ha sempre quando lei non c’è, praticamente sempre, e a lui non resta che fotografarsi accanto a una caciottina, a una letterina, a una figlioletta, a uno sgombero in corso, a un capriolo, a un cesto di porcini.

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La prima volta che l’abbiamo vista, anzi intravista, perché lei si fa sempre e solo intravedere, Francesca Verdini usciva dal cinema con in mano un pacchetto di pop corn. Era bellissima, vestita come sono vestite sempre le ragazze che vanno al cinema il sabato sera allo spettacolo delle nove e mezza: per quello che verrà dopo. Accanto a lei c’era Matteo Salvini, contento. Contento e basta, senza quella fierezza da presidente della Coldiretti o da sindaco del Profondo Veneto a Uno Mattina, quella fierezza bolsa che ha sempre quando lei non c’è, praticamente sempre, e a lui non resta che fotografarsi accanto a una caciottina, a una letterina, a una figlioletta, a uno sgombero in corso, a un capriolo, a un cesto di porcini.

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Quando c’è Francesca, la Bestia scompare. È lei l’argine alle destre, che è come abbiamo preso a chiamare, con enfasi un po’ persecutoria, Matteo Salvini, sebbene lui le destre proprio non le sussuma, né le rappresenti, e c’è un fresco voto amministrativo a dimostrarlo. L’avanzata delle destre sovraniste, la deriva autoritaria, il decadimento culturale, il maschilismo, il fascismo occulto, le bugie, il parlare di pancia, il razzismo, il dire per rutti (la Bestia, appunto), trovano nel Pd lo scoglio che non può arginare il mare e in Francesca il cioccolatino che li addolcisce, li allenta, li scioglie, li depotenzia. Accanto a lei, il Capitano se ne sta più quieto. Provoca, ma non morde. Gioca, ma non bara. Recita, ma non strepita. Cambia? No, ma offre un altro lato, chi lo sa se più o meno autentico, più o meno vero, più o meno studiato. Chissenefrega.

 

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Con Elisa Isoardi era molto diverso: lei gli era complementare, lo migliorava, lo inciviliva, talvolta ripuliva, diceva alla stampa che i diritti civili erano fondamentali mentre a poche centinaia di metri da lei Lorenzo Fontana urlava che le famiglie gay non esistono – “niente fritti misti” – e molti di noi avevano pensato che stava preparandosi a fare la first lady e che probabilmente non se la sarebbe cavata male. Ma qualcosa in lei non ci convinceva, perché lei era pur sempre quella che aveva detto di voler fare un passo indietro, che per amore del suo amore sarebbe rimasta nell’ombra, e noi che siamo un paese che non sa leggere che le didascalie e i bugiardini, ci eravamo indignati, avevamo urlato all’apologia di patriarcato, senza renderci conto che a parlare di star nell’ombra era una signora con un programma quotidiano su Raiuno, e suvvia, un po’ di beneficio di retorica.

 

Quando pubblicò la sua foto mentre stirava una camicia (sua, di lui, di un altro, di un collega, di un parente, di un figlio di amici: e chi lo sa) anziché uscire, ci mancò poco che la facessimo arrestare per induzione al sessismo. Ci provò in tutti i modi, si offrì in tutte le versioni: emancipata, materna, cuoca, in disparte, in primo piano, angelo, diavolo, bella, brutta, cosmopolita, provinciale, ma niente: dal solco di lui non si muoveva, era la fidanzata di Salvini, non poteva esserci buonafede in niente di quello che faceva, diceva, indossava. Quando si lasciarono, lei pubblicò un selfie un po’ porno su Instagram, dove c’erano lui molto scoperto e abbronzato e addormentato e lei che, in accappatoio e gli occhi di gatto, si fotografava accanto al bottino, che era la sua vita con lui. In didascalia mise un verso di Gio Evan e tutto il paese rise, e la prese in giro perché la fidanzata di un ministro dovrebbe leggere almeno Lord Byron. Isoardi era fidanzata di, e non c’era verso di liberarla da quell’anello che s’era fatto collier e poi mascherina, per non dire bavaglio.

 

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Francesca Verdini, invece, fidanzata non sarà mai. Lei è la ragazza di Matteo. Per lei l’amore è eterno finché dura, il ruolo è fluido, le vacanze sono separate, le famiglie non s’incontrano, coi giornalisti non si parla, sui social non si lascia traccia, all’ambasciata americana il 4 luglio si va in tubino rosa acceso. Lei non è né complice, né confidente, né trastullo, né amante, né prima donna, né eminenza grigia, né matrona, né mantide, né frequentante. Lei è Francesca. Sta con Matteo. Non li abbiamo visti insieme che di rado e sempre in situazioni poco istituzionali: non alle parate, non alle commemorazioni, non ai funerali, bensì alle feste, alle anteprime, ai vernissage, in montagna, alle mostre del cinema. Non sono né coppia né somma, non sono promessi, non sono fidanzati, non sono niente che avevamo visto prima.

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E così Salvini, l’incarnazione delle destre retrive, è il primo politico maschio italiano che vive alla luce del giorno una relazione lasca e gaudente, senza impegno, senza prospettiva, senza figli, senza pretese, promesse, inviti, morali, etiche, esemplarità. Una relazione che non ha niente da insegnare, e nemmeno niente da offrire (al chiacchiericcio, al complottismo, alla lettura tridimensionale, alla vangatura delle intenzioni, alla malafede: agli avversari). Francesca non si fa usare come prova di affidabilità, né usa Matteo come trampolino, sicurezza, vanto, provocazione, sfasciafamiglia – suo padre, Denis Verdini, quando seppe che sua figlia usciva con MS, disse: “Certe disgrazie capitano”. Una relazione che sembra sempre sul punto di iniziare e però mantenendosi esordiente, fiorisce, e che entrambi sembrano vivere come il rifugio nel quale sgattaiolano non appena possono, lui quando finisce di lavorare e infestare Twitter e tentare di prendersi la Toscana e lei quando finisce di studiare, e s’annoia d’esser libera, e parlare con le amiche, e guardare film polacchi (è una da cinema raffinato, mica cinepanettoni).

 

La fidanzata di Giuseppe Conte, Olivia Paladino, che non tutti gli italiani sanno di preciso chi è, sebbene sia algida, nordeuropea, morganatica e ricca e potente di suo e di famiglia e di cervello e di bellezza, l’abbiamo vista uscire da un supermercato, e certo non portava le buste, ma era comunque una signora che tornava a casa. È la signora Conte, non importa che non sia sposata. Francesca no. Francesca vive con Matteo, ma ha negli occhi un’espressione da transito, che lui accetta, e per la quale non sembra affatto preoccupato. L’intimità domestica dei Conte l’abbiamo vista in una foto fuori dal supermercato: quella dei Salvini in una foto di lei che, sotto casa di lui, se la svignava con addosso i pantaloni della polizia e il piumino giallo che lui aveva indossato in una visita a L’Aquila. Un anno e più è passato e quell’aria clandestina e furbetta la hanno ancora sul viso, tutti e due.

 

Lei compie gli anni e lui la filma mentre soffia le candele a una festa che sembra un diciottesimo, con i palloncini a forma di numeri, i lazzi, gli amici che cantano, e anche lui canta, con il telefono in mano come un genitore, o un amico del cuore, o uno spasimante che non ha bisogno di chiedere il permesso, che ha conquistato il consenso. Lei, bellissima, sorride e non dà spettacolo, né timida né spavalda, né su di giri né compiacente: è una semplice ventottenne che celebra il tempo che passa, la maturità che è ancora lontana, la vita che è ancora tutta da decidere e sbagliare.

 

 

È la stessa ragazza che è arrivata alla mostra del Cinema di Venezia su un motoscafo, elegante come prima dei trent’anni riescono a essere soltanto quelle che hanno un piano o molto furbo o molto crudele, tenendo la mano a lui, goffo e fuori luogo, in camicia bianca e papillon nero, ché se non fosse stato di fianco a lei qualcuno lo avrebbe chiamato per chiedergli una margherita (la pizza, non il fiore) e invece con lei di fianco era a un passo da sembrare James Bond e infatti lei lo teneva stretto e distanziato, come la congiuntura vuole che si tengano i congiunti, di fatto o di sangue che siano. La campagna elettorale che a Matteo è costata un’estate senza mojito, Francesca l’ha guardata da casa, o dal telefono, o dalla tv, o non l’ha guardata affatto, chissà. A brigare con lui c’era Susanna Ceccardi, e non Francesca, che però quando non c’è nessuno pensa che sia a casa a cucire, studiare il galateo, ripassare i nomi delle mogli dei colleghi del suo uomo.

 

A Francesca noi non pensiamo, e questo prodigio riesce solamente alle donne e agli uomini liberi: è il solo modo per scansare il giudizio, che infatti su di lei è assente, oppure tiepido, divertito, clemente. Per parlare di Francesca non abbiamo categorie, quindi la lasciamo in pace. Crediamo di farlo perché è giovane, e invece non lo facciamo perché è così libera che se ci fermiamo a guardarla, rischiamo di innamorarcene e, quindi, di volere un po’ bene anche al suo uomo, il destro molto sinistro. In lei non c’è niente di lui e in lui non c’è niente di lei, ma prima o poi cominceremo a dire che non è vero, che lei è succube del machismo di lui e lui si nutre della giovinezza di lei, che lui la consuma e lei lo conserva, che lui è la bestia e lei la bella. Chissà se noteremo mai che a loro riesce quello che dovrebbe riuscire a noi, che l’onere della public person non lo abbiamo: si amano senza cambiarsi, si amano elargendosi la libertà d’essere chi sono, in Matteo non c’è traccia di Francesca e in Francesca non c’è traccia di Matteo.

 

Lei è cerbiatto e lui pescatore: tra loro c’è curiosità e non convenienza. Loro non tramano, non studiano, non omettono. Loro si divertono, e questo 2020 disgraziato lo hanno inaugurato in montagna, filmandosi mentre prendevano il Papa per i fondelli (il Papa, signori): Matteo faceva Francesco e Francesca faceva la fedele che aveva strattonato il Papa ricavandone un buffetto, ma nel loro sketch le cose andavano diversamente, e Matteo accarezzava anziché schiaffeggiare. E lei aveva anche lì il viso rivolto altrove, lo sguardo mai in camera, il sorriso sempre sexy ma non maliardo, i capelli sempre a posto ma mai con la permanente, le rughe sempre molto in là da venire, i gesti sempre preferiti alle parole. In quelle settimane eravamo già in mezzo a una pandemia, però non lo sapevamo, e Salvini era ancora un influencer, lo era nei sondaggi e lo era su Twitter – Guia Soncini aveva scritto che seguirlo sui social era la cosa più vicina a vedere Maradona palleggiare.

 

Ora è diverso. Il virus ha ribaltato tutto, tutti. Salvini è molto più solo di prima, è cambiato mille volte, ha detto tutto e il suo contrario, più del solito, e stavolta gli italiani se ne sono accorti. Ma Francesca è rimasta identica: in seconda e terza fila, non per stare nell’ombra ma per potersela filare quando le pare, per poter essere più elegante per il cinema che per l’ambasciata, per poter ridere e non sorridere, per poter presumere invece di pensare. “Un bacione a Francesca, che è dietro la telecamera ed è il mio amore. Punto e a capo”. Così ha risposto Salvini quando, a “Carta Bianca”, gli è stato chiesto se, in cambio della Toscana, sarebbe stato disposto ad andare a “Ballando con le stelle” insieme a Elisa Isoardi.

 

Un bacione, ha detto proprio un bacione, lo stesso che elargisce ai suoi odiatori, a chi gli augura di finire in galera, a chi spera che i suoi decreti sicurezza vengano cestinati e dimenticati per sempre come certe lettere che si scrivono da ubriachi quando si è adolescenti. Deve averlo detto senza pensarci, perché Francesca questo è per lui: la tregua da ogni macchinazione, melensaggine, patetismo, bestialismo. O almeno così sembra. Mondana e mistica, moretta e furbetta, spigliata e spigolosa, svogliata e irresponsabile: non l’avremo mai come vogliamo noi. E guarda tu se dovevano essere le destre autoritarie e sovraniste a portarci in casa una ragazza senza precedenti.

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