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Le altre patologie di un mondo malato

Giuliano Ferrara

Le pazzie sul clima. Lo zarismo di stato. Il discredito del capitalismo. L’ingegneria genetica. La deriva trumpiana. I moralismi da quattro soldi. Allo sforzo di curare un mondo malato non resta che l’eccezionalismo europeo. I sintomi da studiare

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Il mondo è malato, questo lo intuiamo tutti. Non è solo l’evidenza della pandemia. C’è qualcosa d’altro. Non sono un illustre clinico, e nemmeno un qualunque illustre, dunque non entro nel gioco delle classificazioni e non formulo una diagnosi accurata. Elenco, con la felice imprecisione del corsivista, dei sintomi patologici.

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Il mondo è malato, questo lo intuiamo tutti. Non è solo l’evidenza della pandemia. C’è qualcosa d’altro. Non sono un illustre clinico, e nemmeno un qualunque illustre, dunque non entro nel gioco delle classificazioni e non formulo una diagnosi accurata. Elenco, con la felice imprecisione del corsivista, dei sintomi patologici.

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Non siamo più d’accordo sul clima atmosferico, sul caldo e sul freddo. C’è un consenso mainstream, un senso comune, che indica nel riscaldamento globale un fenomeno distruttivo, e perfino apocalittico. Ai bambini nelle scuole si insegna che “la nostra casa brucia”. E’ in questione una teoria di cose che non sono una bazzecola, la successione ordinata e ciclica delle stagioni, la responsabilità umana nella degenerazione della vita naturale, il rapporto dell’uomo con gli altri animali, con le piante, con i mari, con il cielo. A questo senso comune di un mondo ammalato, mentre si tollera a stento il dissenso particolare di individui e minoranze, non fa riscontro un comportamento comune obbligante, i green new deal sono balbettamenti, ci si allarma per un baratro verso cui siamo incamminati e non si fa niente di serio per evitare l’inabissamento predicato come prossimo. Tutto questo è patologico.

 

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Ora l’intelligenza artificiale sperimenta congegni neuronali capaci, si dice, di cambiare la percezione animale e in prospettiva anche la coscienza umana, non solo quella attitudinale dei maiali più o meno orwelliani. L’ingegneria genetica ha perfezionato il vecchio peccato di aborto, nel frattempo trasformato in diritto, e riformulato integralmente maternità, paternità, genitorialità, gender, come si dice, e le regole della riproduzione della specie sono più o meno tutte saltate o riformulate o riformulabili. Matrimonio e famiglia non sono più istituzioni sociali fondate sull’amore e sulla cura, atti di definizione di una vita, sono occasioni di estrinsecazione dei sentimenti personali. Due cose diverse, con tutto il rispetto per i sentimenti con i quali, è noto, non si scherza. Non siamo d’accordo sul clima, e nemmeno su maschio e femmina, su madre e padre, sulla nozione di attesa di un figlio. Le chiese hanno poco da dire, e si allineano al caos. Mica poco. Patologico.

 

In controtendenza, economia e tecnica si sono sviluppate e sono cresciute per qualche decennio in maniera perfino esagerata, esponenziale, i mercati unificati sono esplosi sanando aree grandi di povertà e sottosviluppo, sono cadute le vecchie frontiere in ogni senso, ma il discredito del capitalismo e della società di mercato, anche socialmente orientata, è divenuto immenso, riesplode il sentimento rousseauiano della disuguaglianza come prodotto necessario e maledetto della civilizzazione, le generazioni sono descritte come nemiche, portatrici di interessi incompatibili a fronte del debito, della qualità e quantità del lavoro. 

 

Poi c’è la politica, che è fatta di cultura, economia, diritto e molto altro, e tutto supera e riassume in una specie di essenza della storia. Guai patologici anche qui. Veleno in Russia, segreti e sospetti come metodo di governo, strana figura di zarismo elettivo e oligarchico. Illegalità del potere in America, con la spettacolare virata presidenziale verso la pratica dell’illegalismo di stato, dalla fine rovinosa dell’eccezionalismo al narcisismo patologico, e perfino la regolarità delle elezioni che furono la festa della democrazia liberale per due secoli è in discussione. Un avventuriero ribaldo a capo del gigante brasiliano. L’Eurasia, da Putin a Xi Jinping, in preda ai fumi di un potere che si eternizza, e la Cina misteriosa vitale e pericolosa riaffacciata sulla Via della Seta, e oltre. In varie forme, dall’India all’Africa al medio oriente, la malattia del mondo si manifesta diversa e al tempo stesso uniforme. E dovunque è in gioco la forma politica di un lungo periodo di pace generale, in cui la guerra è stata localizzata, il terrorismo come prolungamento asimmetrico della guerra tutto sommato tenuto a bada: quella forma è la democrazia retta da istituzioni liberali, garanzia di diritti e di obblighi sociali condivisi nell’autogoverno. Patologie dispiegate, virali.

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L’eccezionalismo come propensione alla pratica di una libertà civile organizzata per istituzioni liberali, e come vocazione a una lettura del mondo non divisiva e folle, non imperniata su egemonismi e particolarismi nazionali, è migrato in Europa, dove sopravvive il vecchio schema politico, con storture e problemi importanti ma minori, di un liberalismo temperato e socialmente orientato. Se uno oggi, in particolare dopo la svolta del Next Generation Ue, debba indicare due luoghi di trazione di idee accettabili e di modi di vita politica ricchi di senso e relativamente sani, non patologici, pensa a Parigi e Berlino, prima di tutto, e alle altre vecchie capitali europee, con poche eccezioni. L’Unione è un grumo di problemi e di crisi ricorrenti, innumerevoli i campi in cui non fa la sua parte, ma in linea generale è ciò che resta, senza sfregi esistenziali distruttivi, del modo scelto in occidente per uscire dalla lunga guerra di classe e civile infettata dai totalitarismi novecenteschi e diffusa su scala mondiale. E’ un peccato e un rischio che tra cancel culture, populismi straccioni, grida apocalittiche, correttismi e moralismi da quattro soldi, in tutto questo buttare le cose in caciara, non si partecipi di più e meglio allo sforzo terapeutico di curare un mondo molto malato.

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