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“Mantenga le distanze”

Giuliano Ferrara

E’ perfino offensivo che ministri e virologi possano imporci via dpcm un salto dalle vecchie abitudini affettive da vasa vasa. Ma visti Trump e il Truce, capiamo quanta integrità e anche bellezza si possano ritrovare nel “distanziamento sociale”

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Mantenga le distanze: il concetto e il suo lessico hanno sempre fatto ridere per quel sapore di perbenismo e il pacchiano omaggio all’eleganza. Si ride quando si sente che è allo studio in alcune regioni la fissazione di due metri come distanza giusta nel ballo, che non è un movimento moderno alla Martha Graham o la danza classica alla Maurice Petipa, è lo sfogarsi in discoteca sulla via del divertimento e dello sballo. La regolamentazione della vita ha in sé le ragioni ovvie del suo discredito naturale. E’ una cosa che si deve e non si può, in molti casi comuni una pura astruseria.

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Mantenga le distanze: il concetto e il suo lessico hanno sempre fatto ridere per quel sapore di perbenismo e il pacchiano omaggio all’eleganza. Si ride quando si sente che è allo studio in alcune regioni la fissazione di due metri come distanza giusta nel ballo, che non è un movimento moderno alla Martha Graham o la danza classica alla Maurice Petipa, è lo sfogarsi in discoteca sulla via del divertimento e dello sballo. La regolamentazione della vita ha in sé le ragioni ovvie del suo discredito naturale. E’ una cosa che si deve e non si può, in molti casi comuni una pura astruseria.

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Diverso se si pensi all’adunata di Palazzo Venezia sotto lo “storico balcone”, con l’applauso balordo ma inevitabile e corale all’enfiagione retorica del Truce, grande oratore e semplificatore vocale reso ridicolo dal tempo passato e dalla catastrofe procurata; diverso sentire provoca il ricordo dello stadio hitleriano irregimentato degli anni Trenta, magari a Norimberga, masse pressate al cospetto del tempio del Reich in una comunitaria notte mistica con il Führer, cose che furono il trionfo assoluto del totalitarismo politico, nato con la pressione verso l’assembramento sportivo e la camaraderie popolare, come raccontò Sebastian Haffner nella sua storia di come andò. A petto di quei clamorosi e fatali lei-non-sa-chi-sono-io dei dittatori novecenteschi anche la banalità del tenersi-a-rispettosa-distanza di noi piccolissimi borghesi prende l’aura di una misura di decenza.

   

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Dopo il tramonto del comizio di popolo postrepubblicano, in cui tutto era finalizzato alla logica del partito politico di allora, provare a far convergere un carisma e un ragionamento, sbandierare in certi casi istinto festaiolo e ragionevolezza anche scolastica, è venuto il comizio selfico, quello delle irrisioni razziste, degli etnicismi, dei citofoni, delle cartoline cafone da spiaggia, sulla via dell’influencer populista. Il modello è l’adunata chiassosa e per niente giocosa dei deplorevoli ammiratori di Trump l’Arancione, che dopo una bella doccia a flusso forte e una cotonatura che non dimenticheremo, eccita le folle a incarcerare il candidato della fazione opposta (lock her up!) o le edifica parlando degli stupratori messicani e di sogni nazionalisti da quattro soldi e berrettino calcato sulla fronte bassa, con il contorno di riflessi violenti e cori di eterna lode alla National Rifle Association.

   

A questo punto bisogna dire che il lamento per la scomparsa del Ravvicinato ovvero la lagna per la leadership in pericolo per mancanza di incontri sudaticci, si convertono in lode virtuista della mascherina antidemagogica, che evita facce e smorfie da postribolo oratorio, e del metraggio distanziato dell’umanità, il ridicolissimo salutarsi con l’inchino alla giapponese, così estraneo al tocco e ritocco del nostro essere, con Totò, mediterranei medi. Quando pensiamo al fatto perfino offensivo che ministri e esperti di virologia possono imporci via Dpcm un salto dalle vecchie abitudini affettive, da vasa vasa e da pat pat, all’austerità corporale che è evidente nel mezzo confinamento in corso e funziona come il sostituto dell’austerità economica degli anni duri, consoliamoci pensando a quanta limacciosa integrità e anche bellezza possiamo ritrovare nel famoso “distanziamento sociale”.

 

E’ cosa scabrosa, brutta e individualistica, venata di egoismo sotto le vesti dell’assoluto altruismo, ma qualcuno deve pur dirlo: se, come si dice quando si vuole saltare una regola con benevolenza, “l’importante è volersi bene”, allora in politica e nella piazza di tutte le follie l’importante è non farsi del male.

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