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Intuizioni correndo sulla spiaggia nel post lockdown

C’è una bella differenza tra lo sport e l’attività motoria. E’ questione di valori

Sergio Belardinelli

Al pari di altre pratiche come lo studio di una disciplina scientifica, la pittura o il lavoro dell’artigiano, anche questa attività comporta sia modelli di eccellenza e obbedienza a regole, sia il conseguimento di determinati valori “interni” alla pratica stessa

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Durante il lockdown la mia realtà è sicuramente aumentata: ho imparato a usare piattaforme digitali delle quali non sapevo nulla, ho partecipato a webinar con colleghi d’oltreoceano, fatto lezioni e conferenze standomene comodamente seduto davanti al computer nel mio studio, ma soprattutto sono ingrassato quasi cinque chili. “Devi dimagrire” mi dicono in famiglia; “devi mangiare di meno e fare un po’ di sport” mi dice il medico. E così, da qualche settimana, mi ritrovo spesso a comminare-correre lungo il mare con una sorta di pensiero fisso: ciò che sto facendo serve di sicuro alla mia salute, ma che cosa ha a che fare con lo sport? Nulla, mi rispondo in continuazione: c’è sport soltanto dove c’è agonismo e competizione, non dove si fanno semplici “attività motorie”. Meno che mai penso che si debba fare sport perché questo serve alla salute.

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Durante il lockdown la mia realtà è sicuramente aumentata: ho imparato a usare piattaforme digitali delle quali non sapevo nulla, ho partecipato a webinar con colleghi d’oltreoceano, fatto lezioni e conferenze standomene comodamente seduto davanti al computer nel mio studio, ma soprattutto sono ingrassato quasi cinque chili. “Devi dimagrire” mi dicono in famiglia; “devi mangiare di meno e fare un po’ di sport” mi dice il medico. E così, da qualche settimana, mi ritrovo spesso a comminare-correre lungo il mare con una sorta di pensiero fisso: ciò che sto facendo serve di sicuro alla mia salute, ma che cosa ha a che fare con lo sport? Nulla, mi rispondo in continuazione: c’è sport soltanto dove c’è agonismo e competizione, non dove si fanno semplici “attività motorie”. Meno che mai penso che si debba fare sport perché questo serve alla salute.

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I valori dello sport sono il sacrificio per raggiungere l’eccellenza, il rispetto delle regole e degli avversari, la lealtà, la bellezza della vittoria, l’onore nella sconfitta, non la salute, la quale può essere al massimo un valore “esterno” alla pratica sportiva, importante quanto si vuole, ma “esterno”. Ciò che voglio dire è che, al pari di altre pratiche come lo studio di una disciplina scientifica, la pittura, la musica, il gioco degli scacchi o il lavoro dell’artigiano, anche lo sport comporta sia modelli di eccellenza e obbedienza a regole, sia il conseguimento di determinati valori “interni” alla pratica stessa, da non confondere con quelli che sono invece “esterni”. Questi ultimi (il denaro, la notorietà o la salute) possono rendere lo sport molto attraente, ma non è certo grazie a loro che una determinata pratica sportiva si sviluppa o si diventa campioni. Lo stesso dicasi per la musica o per la pittura. Vi sono dunque due tipi di valori che si possono ottenere con una “pratica”: da un lato quelli intrinseci alla pratica stessa, quelli cioè che dipendono dalle mie doti naturali, dalla costanza dell’allenamento, dalla mia passione, dalla mia capacità di sottomettermi a una rigida disciplina, ecc.; dall’altro quelli estrinseci, quali potrebbero essere il denaro, il prestigio, il potere o la salute che se ne ricavano.

L’aspetto importante riguardo ai valori intrinseci alle pratiche è che essi, per essere conseguiti, implicano l’esercizio di determinate virtù (la perseveranza, la giustizia, il coraggio, l’onestà, il rispetto dell’altro), grazie alle quali impariamo anche a riconoscere talenti e meriti di qualcuno, diciamo pure “che cosa è dovuto a chi”. Che ci piaccia o no, come insegna MacIntyre, sono precisamente le virtù a stabilire i criteri in riferimento ai quali definiamo i nostri rapporti con le persone con cui condividiamo il tipo di finalità e di modelli che ispirano le nostre pratiche. Occorre essere onesti per riconoscere che il mio compagno di squadra gioca a calcio molto meglio di me; se si ha veramente a cuore qualcosa, occorre avere il coraggio di rischiare per ottenerlo, senza tuttavia arrogarsi “meriti” che non si hanno, e via di seguito. Questo ovviamente non significa che i mediocri o i meschini non possano battere tutte le strade possibili e immaginabili per affermarsi in una determinata pratica. Ma essi possono farlo soltanto finché la pratica continuerà a sopravvivere grazie alle virtù di coloro che si applicano in essa, guardando soprattutto ai suoi valori interni.

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Se confrontiamo lo sport con altre pratiche, verrebbe da pensare che in esso i meschini e gli incapaci abbiano la vita un po’ più dura, nel senso che si tratta pur sempre di saltare più in alto di un altro, di correre più veloce di un altro, di giocare meglio di un altro. Nello sport insomma vigono parametri di “eccellenza” che hanno una loro indiscutibile oggettività. Ma questo non vuol dire che lo sport sia immune dal degrado. Al contrario. L’uso di sostanze dopanti da parte di molti atleti o il fatto che molti ragazzini sognino di diventare calciatori più per il denaro e la fama che il calcio porta con sé che per le magiche giocate di Maradona, oppure ancora che si pensi che lo sport debba promuovere soprattutto la salute di coloro che lo praticano sono esempi significativi del degrado che una pratica può conoscere, allorché prendono il sopravvento i suoi valori esterni. Il raggiungimento dei modelli di eccellenza (ad esempio, giocare a calcio come Maradona) o dei valori interni alla pratica (rispetto di se stessi e degli avversari, rispetto delle regole, ecc. ) finiscono per interessare sempre meno; conta vincere ad ogni costo, avere successo, guadagnare il più possibile o mantenersi in salute. Intanto però sentiamo parlare sempre più spesso di disamore per lo sport; pubblico e atleti si divertono sempre meno e, alla lunga, potremmo accorgerci di avere a che fare non più con lo sport, ma con qualcos’altro.

Qualcuno dirà che in questo senso lo sport non è altro che lo specchio di una dimensione sociale più vasta che sta contaminando un po’ tutte le “pratiche” della nostra vita. Ma un tale discorso ci porterebbe troppo lontano. Per quanto mi riguarda, mentre provo a correre sulla spiaggia allargata dalla bassa marea, cercando di evitare le pozzanghere che il mare ritirandosi ha lasciato dietro di sé, mi consolo pensando a “Momenti di gloria”, uno dei film più belli che siano stati mai realizzati sullo sport. Anche gli atleti di quel film si allenano correndo sulla battigia, ma la differenza che vedo tra la loro corsa e la mia è la stessa che vedo tra le pozzanghere e il mare.

Sergio Belardinelli

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