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Non c’è Recovery senza demografia

Redazione

Il piano di Rinascita europeo è zoppo se non si occupa dei figli che non ci sono

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Dalla discussione in corso sui piani di rinascita che dovranno essere finanziati (anche) con i fondi europei, manca un aspetto cruciale, quello dell’esigenza di contrastare la crisi demografica in corso. L’Italia perde popolazione, nonostante l’immigrazione, da cinque anni ininterrottamente e il tasso di natalità continua ad abbassarsi. A un problema così grave non si può rispondere solo in termini di assistenza, anche se il voto unanime della Camera per l’assegno unico per i figli dà l’impressione che si cominci ad averne coscienza. I giovani raggiungono l’indipendenza economica, bene che vada, a un’età sempre più elevata, il che comporta un aumento dell’età in cui sono in grado di creare una famiglia. I, pochi, figli che nascono rappresentano un problema per la scarsità di servizi e la scarsa sensibilità dei sistemi produttivi per i problemi della maternità. Asili nido pubblici, pochi, aziendali pochissimi, rappresentano un ostacolo oggettivo. La società invecchia e questo determina un peso, anche elettorale e sicuramente economico, delle generazioni più mature, che peraltro spesso sono la principale risorsa cui possono ricorrere i giovani, che non sono più, come si diceva una volta i “bastoni della vecchiaia” di genitori e nonni. Al contrario hanno spesso bisogno del loro appoggio sia per acquistare una casa che per accudire i figli. 

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Dalla discussione in corso sui piani di rinascita che dovranno essere finanziati (anche) con i fondi europei, manca un aspetto cruciale, quello dell’esigenza di contrastare la crisi demografica in corso. L’Italia perde popolazione, nonostante l’immigrazione, da cinque anni ininterrottamente e il tasso di natalità continua ad abbassarsi. A un problema così grave non si può rispondere solo in termini di assistenza, anche se il voto unanime della Camera per l’assegno unico per i figli dà l’impressione che si cominci ad averne coscienza. I giovani raggiungono l’indipendenza economica, bene che vada, a un’età sempre più elevata, il che comporta un aumento dell’età in cui sono in grado di creare una famiglia. I, pochi, figli che nascono rappresentano un problema per la scarsità di servizi e la scarsa sensibilità dei sistemi produttivi per i problemi della maternità. Asili nido pubblici, pochi, aziendali pochissimi, rappresentano un ostacolo oggettivo. La società invecchia e questo determina un peso, anche elettorale e sicuramente economico, delle generazioni più mature, che peraltro spesso sono la principale risorsa cui possono ricorrere i giovani, che non sono più, come si diceva una volta i “bastoni della vecchiaia” di genitori e nonni. Al contrario hanno spesso bisogno del loro appoggio sia per acquistare una casa che per accudire i figli. 

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Sui pochi bambini, poi, si è sviluppata una specie di cultura consumistica che spinge a impegnarli in una serie interminabile di attività, onerose per le famiglie in termini di tempo e non solo. Si può dunque e si deve, in termini moderni, favorire l’occupazione giovanile, renderla meno precaria, appoggiare le giovani famiglie con una rete di servizi adeguata. Può darsi che non basti, oltre ai problemi materiali c’è anche una concezione della vita che spesso non considera la procreazione un bene essenziale. Ma sulle questioni materiali si può fare molto e l’assenza di questa tematica dalla costruzione di ambiziosi piani di rinascita sarebbe un errore madornale, anche perché le dinamiche demografiche sono di lungo termine e debbono essere affrontate con misure lungimiranti che trovano il loro luogo naturale in una elaborazione di riforme di lungo periodo.

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