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Quando sarà finita. Un pensiero ottimista per vincere le paure di oggi

Claudio Cerasa

Competenza e responsabilità, libertà limitate e poteri straordinari, Europa e orgoglio nazionale. Appunti da ricordare domani, passata questa stagione d’eccezione. E finché dura, due valvole di sfogo per i lettori del Foglio

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Forse c’è da vergognarsene, forse c’è da nasconderlo, forse c’è da dissimularlo, forse c’è da negarlo ma per quanto si possa fare i duri, per quanto si possa dire andrà tutto bene, per quanto si possa fingere che le nostre nuove vite torneranno presto a essere come le vecchie vite, c’è una sensazione o forse meglio un’emozione che ciascuno di noi oggi deve governare e quella sensazione corrisponde a una parola di cinque lettere con cui tutti noi ci stiamo confrontando da giorni e che tutti noi proviamo ogni giorno a esorcizzare. Quella parola è “paura” e per quanto si possa essere più o meno deboli o più o meno forti, ciascuno di noi può vergognarsene, può nasconderlo, può dissimularlo, può negarlo ma alla fine non può evitare di pensarlo. Abbiamo tutti paura. Abbiamo tutti paura di qualcosa. Abbiamo tutti paura per noi, per i nostri genitori, per i nostri figli, per i nostri amici, per i nostri parenti, per le nostre vite, per il nostro futuro. E la paura deriva non solo dal mistero veicolato da questo nemico invisibile, che diventa visibile spesso quando è troppo tardi, ma deriva dal fatto che nessuno di noi sa quando questa nuova vita finirà, non sa quando le nostre quarantene avranno prodotto il loro effetto, non sa fino a quando la clausura sarà obbligatoria, non sa quando i provvedimenti del governo diventeranno davvero efficaci.

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Forse c’è da vergognarsene, forse c’è da nasconderlo, forse c’è da dissimularlo, forse c’è da negarlo ma per quanto si possa fare i duri, per quanto si possa dire andrà tutto bene, per quanto si possa fingere che le nostre nuove vite torneranno presto a essere come le vecchie vite, c’è una sensazione o forse meglio un’emozione che ciascuno di noi oggi deve governare e quella sensazione corrisponde a una parola di cinque lettere con cui tutti noi ci stiamo confrontando da giorni e che tutti noi proviamo ogni giorno a esorcizzare. Quella parola è “paura” e per quanto si possa essere più o meno deboli o più o meno forti, ciascuno di noi può vergognarsene, può nasconderlo, può dissimularlo, può negarlo ma alla fine non può evitare di pensarlo. Abbiamo tutti paura. Abbiamo tutti paura di qualcosa. Abbiamo tutti paura per noi, per i nostri genitori, per i nostri figli, per i nostri amici, per i nostri parenti, per le nostre vite, per il nostro futuro. E la paura deriva non solo dal mistero veicolato da questo nemico invisibile, che diventa visibile spesso quando è troppo tardi, ma deriva dal fatto che nessuno di noi sa quando questa nuova vita finirà, non sa quando le nostre quarantene avranno prodotto il loro effetto, non sa fino a quando la clausura sarà obbligatoria, non sa quando i provvedimenti del governo diventeranno davvero efficaci.

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Eper questo ognuno di noi, ogni giorno, cerca di esorcizzare la paura – di cui nessuno parla, per pudore e per vergogna, ma che resta l’atteggiamento più responsabile che si possa avere di fronte a una pandemia, perché chi non ha paura è incosciente e chi è incosciente gioca con le vite degli altri, oltre che con la sua – provando a pensare non alla fase che sta vivendo, e che stiamo vivendo, ma a quella che vivrà quando tutto sarà finito. Il quando tutto finirà è in un certo senso il collante più forte di un nuovo patriottismo nazionale. E in vista del quando tutto finirà vale la pena forse iniziare a fare qualche riflessione e prendere qualche appunto. Quando tutto finirà, l’Italia sarà come una molla che dopo aver incamerato energie su energie cercherà di liberare quelle energie per far rifare al paese un salto in alto uguale e contrario rispetto al salto in basso registrato in questi giorni. Quanto tutto finirà, l’Italia dovrà ricordarsi che un competente non vale come un incompetente, che un irresponsabile non vale come un responsabile, che la scienza non vale come l’anti scienza, che gli esperti non valgono come gli idioti e che prima di affidare il paese al primo cialtrone che passa forse bisogna pensarci due o tre volte in più di prima.

 

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Quando tutto finirà, bisognerà ricordarsi tutto questo, e bisognerà ricordarsi anche di tutti coloro che in questi giorni hanno messo a rischio la propria salute per prendersi cura dell’Italia, ma bisognerà ricordarsi anche di molte altre cose. Bisognerà ricordarsi che in Europa l’interesse collettivo è un bene infinitamente superiore rispetto all’egoismo nazionale. Bisognerà ricordarsi che non basta un vincolo di bilancio in meno e un eurobond in più per trasformare la nostra Unione europea in un faro dell’occidente. Bisognerà ricordarsi che per far ripartire l’Italia occorrerà chiedere poteri straordinari simili a quelli offerti dallo stato per ricostruire a Genova il ponte Morandi. Bisognerà ricordarsi che i soldi della spesa pubblica non vanno sperperati giocando con la spesa previdenziale ma vanno utilizzati per sostenere la nostra crescita, per far ripartire le imprese e dare al nostro sistema sanitario le risorse giuste per prendersi cura del paese.

 

Bisognerà ricordarsi che utilizzare il debito pubblico per governare stagioni straordinarie come quella che stiamo vivendo significa essere ancora più accorti nel non aggredire il debito quando le stagioni non saranno più straordinarie. Bisognerà ricordarsi che le libertà limitate oggi in modo sacrosanto per tentare di limitare la diffusione del contagio sono libertà che vanno limitate quando le stagioni sono straordinarie e non quando sono ordinarie. Bisognerà ricordarsi che con i paesi non trasparenti, non democratici, non liberi e non aperti non si potrà tornare ad avere gli stessi rapporti di un tempo e prima di mettere parte del nostro benessere nelle mani di paesi non democratici anche qui bisognerà pensarci due o tre volte in più. Bisognerà ricordarsi che i paesi in salute non sono solo quelli che hanno a cuore il proprio sistema sanitario ma sono quelli che si prendono cura degli organi vitali di un paese per farli andare veloce quando andare veloce si può e per renderli resistenti agli choc esterni non quando lo choc si è verificato ma quando ancora deve avvenire. Quando finirà è il pensiero ottimista che ci permette di affrontare ogni giorno le nostre paure. E per affrontare le nostre paure, nel nostro piccolo, abbiamo scelto di offrirvi due valvole di sfogo. Il primo sfogo è una casella di posta elettronica, dove potete scriverci cosa dovrà fare secondo voi il nostro paese quando tutto finirà, quandosarafinita@ilfoglio.it. Il secondo sfogo è una giornata di dialoghi sul nostro paese, con un occhio al presente e uno al futuro, con una serie di ospiti da sballo, che dialogheranno online con il Foglio sabato 28 marzo. Oggi, sul nostro sito, e domani, sul nostro giornale, troverete tutti i dettagli. Restiamo a casa e presto tutto passerà.

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