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Dimenticato il nesso tra pandemia e climate change? Un richiamo alla saggezza

Giuliano Ferrara

Brutti stronzi, sembra dire Stefano Benni, vi siete permessi di sospendere la generosa ansia apocalittica, il nostro quotidiano saluto e insulto al sole, in favore di paure così volgari, insidiose ma banali

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Stefano Benni è incazzato. Ha inventato la pastarella un po’ rafferma del bancone del bar, la “Luisona”, per quanto mi riguarda il suo solo oggetto letterario commestibile, e solo per questo andrebbe lodato. Ma è sbottato su Repubblica, lo stesso giorno in cui mi ero permesso di dire che il negazionista climatico è un affermazionista pandemico, perché il ghiacciaio in poltiglia o l’incendio devastatore li vede troppo, e l’innominabile virus lo vedrebbe semmai solo al microscopio, ma si presenta come gocciolina con effetti subdoli e tremendamente reali, un chiaro segno di superiorità del Corona su tutto e su tutti, per dire: strano (così ha scritto Benni risentito), come mai nessuno ha collegato la pandemia al riscaldamento globale?

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Stefano Benni è incazzato. Ha inventato la pastarella un po’ rafferma del bancone del bar, la “Luisona”, per quanto mi riguarda il suo solo oggetto letterario commestibile, e solo per questo andrebbe lodato. Ma è sbottato su Repubblica, lo stesso giorno in cui mi ero permesso di dire che il negazionista climatico è un affermazionista pandemico, perché il ghiacciaio in poltiglia o l’incendio devastatore li vede troppo, e l’innominabile virus lo vedrebbe semmai solo al microscopio, ma si presenta come gocciolina con effetti subdoli e tremendamente reali, un chiaro segno di superiorità del Corona su tutto e su tutti, per dire: strano (così ha scritto Benni risentito), come mai nessuno ha collegato la pandemia al riscaldamento globale?

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Tutti invece aspettano il caldo, sperando che ci indennizzi o immunizzi dalla stagionalità epidemica (eppure dalle mie parti fu un inverno di scontento, certo, ma mite). Ma Benni no. E’ o non è uno scrittore “de sinistra” militante? Il suo senso del dovere ideologico lo porta a idoleggiare la scienza prevalente nelle grandi istituzioni collettive e sociali, se sia climatica, e a dannare la microbiologia neoliberista incurante della terra che brucia. Brutti stronzi, vi siete permessi di sospendere la generosa ansia apocalittica, il nostro quotidiano saluto e insulto al sole, in favore di paure così volgari, ravvicinate, insidiose ma banali, una pandemia che fa paura, nata in un mercato del pesce tra i freddi di Wuhan addirittura. Eppure Bill Gates, tra un green-deal e l’altro, aveva pur detto, e parlo di un tizio da cui dipendono parecchio i nostri modi di vita, che la vera minaccia del XXI secolo è virale, ma non nel senso invalso quando si giochicchia con i social. Stronzo pure lui, credo, a sentire Benni. 

           

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La coazione è il segno illiberale e illibertario, se così si può dire, della credulità collettiva incamerata dalla coscienza personale. Anch’io ho forme di coazione. Sono paradossalmente contento che questo virus bianco, seduto comodo sul divano orientale-occidentale dell’emisfero nord del mondo, abbia liquidato le cretinate sulla scabbia portata dai negracci, e ci abbia reso finalmente etno-nazionalisti e un po’ razzisti gli uni nei confronti degli altri, bianchi e gialli, mongoli e codognesi e francesi e tedeschi e latinos, con l’eccezione per adesso dei neri. E sono paradossalmente contento che Trump sia così stordito da ingaggiare battaglia contro la pandemia, lui che la pandemia populista voleva interpretarla, estenderla, farcela andare storta giù per il gozzo con ogni mezzo. E sono paradossalmente contento che da tutto questo, insieme con il popolo della famiglia, cosiddetto, che ora deve fronteggiare eroicamente la scomparsa dell’anno scolastico, sia rivalutato un tasso di individualismo cristiano non relativista che si incarnò in Biagio Pascal (“tutta l’infelicità dell’uomo dipende dal suo non saper stare da solo nella propria stanza”), formidabile banditore del silenzio e della solitudine. (A proposito, Santità, quand’è che lo fate santo, come avevate promesso a Scalfari?).

            

Le mie coazioni però sono miti, non risentite, non mi verrebbe mai in mente di rimproverare i virologi del Sacco perché non fanno ipotesi che mettano di mezzo i neri, o financo Trump, o qualsiasi altro nemico assoluto della civilizzazione giudaico-cristiana col trattino ratzingeriano. D’altra parte non sono uno scrittore “de sinistra”, e se Dio vuole nemmeno uno scrittore militante. Quindi posso permettermi di espettorare un richiamo alla saggezza che riguarda Benni e altri ai quali venisse in mente che solo un complotto oscuro può aver fomentato la clamorosa dimenticanza sul climate change come responsabile anche di questo: il mondo parecchio infastidito, al momento, dal virus che viene dal freddo invece che dall’homo faber  incrementatore  delle temperature medie.

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