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No petrolio? No Guardian

Giulio Meotti

La rinuncia del quotidiano britannico alla pubblicità dell’industria fossile è uno specchietto ideologico. Senza produrre CO2 il giornale non uscirebbe

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Roma. Quanto è difficile vivere secondo le aspettative dell’estremismo ecologista. Ha scritto il Monde che all’ultimo Davos, a parlare di riscaldamento climatico, c’erano delegati arrivati con 1.500 fra jet privati, elicotteri e limousine. Una esibizione sfrenata di virtue signalling verso l’ortodossia ideologica. Ne ha appena fatta un’altra il quotidiano britannico Guardian, storica bandiera sul clima, che rinuncia a tutta la pubblicità dell’industria fossile. È la prima grande testata internazionale a farlo. “Buon inizio, chi andrà oltre?”, dice l’attivista svedese Greta Thunberg. Sui social è già tampinamento agli altri quotidiani: “Seguite l’esempio, zozzoni che prendete soldi dai colossi energetici”.

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Roma. Quanto è difficile vivere secondo le aspettative dell’estremismo ecologista. Ha scritto il Monde che all’ultimo Davos, a parlare di riscaldamento climatico, c’erano delegati arrivati con 1.500 fra jet privati, elicotteri e limousine. Una esibizione sfrenata di virtue signalling verso l’ortodossia ideologica. Ne ha appena fatta un’altra il quotidiano britannico Guardian, storica bandiera sul clima, che rinuncia a tutta la pubblicità dell’industria fossile. È la prima grande testata internazionale a farlo. “Buon inizio, chi andrà oltre?”, dice l’attivista svedese Greta Thunberg. Sui social è già tampinamento agli altri quotidiani: “Seguite l’esempio, zozzoni che prendete soldi dai colossi energetici”.

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A parte l’ironia di un giornale che, stando a quanto ha detto, riceveva finanziamenti dall’industria fossile mentre pubblicava articoli in serie su come la stessa industria manipolasse l’opinione pubblica (basta leggere George Monbiot). Forse il Guardian può rinunciare alla loro pubblicità, ma senza l’energia fossile non potrebbe andare in edicola.

  

Non potrebbe mandare avanti i suoi uffici che ospitano 860 persone e che sono alimentati al 79,4 per cento dalle non rinnovabili (è il tasso energetico nazionale inglese), non potrebbe stampare il giornale né distribuirlo (ai camion che lo portano in edicola servono ottani, non alghe marine), senza contare la quantità di alberi tagliati e lavorati per dare la carta al Guardian (dice di usarla riciclata, che per farne una tonnellata si emette 1,5 kg di CO2). Come la mettiamo poi con la Travel Section del Guardian, che sponsorizza un turismo reo del dieci per cento delle emissioni al mondo? Più morigeratezza.

 

Uno studio pubblicato dall’Heinz Center calcola la quantità di anidride carbonica prodotta nel processo di pubblicazione di un giornale come Time, quello che ha eletto Greta persona dell’anno. Ne ha scritto il New York Times: “L’industria della carta – fra riviste, giornali e cataloghi - emette il quarto livello più elevato di biossido di carbonio tra i produttori secondo il dipartimento all’Energia. La carta segue l’industria chimica, petrolifera e del carbone”. Discover Magazine si è fatta le pulci in un articolo dove spiega in che modo impatta sull’ambiente. Con una diffusione di 580 mila copie, Discover rilascia 170 tonnellate di CO2 (Time ha una diffusione di due milioni). Ogni copia mensile del National Geographic è responsabile di un chilo di CO2 che è come guidare per 44 chilometri (distribuzione, sei milioni di copie).

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E se il Guardian eliminasse la carta e passasse al solo digitale? Greenpeace calcola che il settore “Ict” (informazione, comunicazione e tecnologia) in Inghilterra è responsabile del due per cento delle emissioni, come gli aerei: i server su cui stoccare news e archivi, l’elettricità per ricaricare, i dati che passano dalla rete, senza contare tutta l’elettronica che serve al consumatore (ogni iPhone è responsabile di 79 kg di emissioni di CO2 che equivalgono a bruciare 40 litri di benzina). Science Focus ha calcolato che l’invio di 65 email sono responsabili della stessa CO2 emessa in un chilometro da un’auto. In un anno, una persona in media aggiunge 136 kg di CO2 di email che invia e riceve (sono come 320 km alla guida). A livello globale, l’utilizzo della posta elettronica genera la stessa quantità di CO2 di sette milioni di auto in più sulle strade.

  

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Ecco allora la soluzione per un Guardian totalmente amico della terra, carbon free, davvero FridaysForFuture: chiudere, così come c’è chi non fa figli per il bene del pianeta. Per giunta l’informazione sul clima non serve più. Nell’opinione pubblica è già un atto di fede, verità rivelata. Basta credere.

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