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L’ossessione maniacale per il cibo sano e lo sport

Simonetta Sciandivasci

È salutismo oppure ortoressia? L’estetica di Instagram e le mode fitness

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Non fidatevi dei salutisti, specie se influencer. Nella maggior parte dei casi sono untori, portatori, sani o insani, consapevoli o inconsapevoli, di ortoressia nervosa, un disturbo alimentare insidioso perché complicato da diagnosticare, e anche soltanto da individuare, tanto felici e belli appaiono coloro che ne soffrono – anche loro il più delle volte senza rendersene conto. L’ortoressico sviluppa un’ossessione maniacale per il mangiar salubre e, insieme, per l’esercizio fisico. E’ un fondamentalista dell’agghiacciante combinazione dieta&palestra, cui i normali si dedicano un paio di volte l’anno e lui per una vita intera. D’ortoressia non si muore ma si vive male, danneggiati, malnutriti, sociopatici, nevrotici, praticamente feriti a morte. Instagram è la piattaforma sulla quale gli ortoressici si radicalizzano e fanno proseliti. Un hashtag che non registra cali ma sempre e solo incrementi è #fitspiration: ieri la Bbc riportava che è stato usato 17,9 milioni di volte. Gli influencer di fitness, quelli che ti dicono come dimagrire, tonificare, mangiare, bere, svegliarti, essere Jane Fonda, hanno 13 milioni di seguaci. Uno studio del 2017 dell’Ucl ha rilevato che la piattaforma virtuale che più indirizza verso l’ortoressia è Instagram – e tanto basta a garantire la sopravvivenza del social ben oltre le aspettative di chi saluta ogni decremento degli accessi come inarrestabile tramonto, perché se presto o tardi ci stancheremo dei Ferragnez, è più improbabile che ci stancheremo di cercare i guru del vivere bene, a lungo, magrissimi e bellissimi.

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Non fidatevi dei salutisti, specie se influencer. Nella maggior parte dei casi sono untori, portatori, sani o insani, consapevoli o inconsapevoli, di ortoressia nervosa, un disturbo alimentare insidioso perché complicato da diagnosticare, e anche soltanto da individuare, tanto felici e belli appaiono coloro che ne soffrono – anche loro il più delle volte senza rendersene conto. L’ortoressico sviluppa un’ossessione maniacale per il mangiar salubre e, insieme, per l’esercizio fisico. E’ un fondamentalista dell’agghiacciante combinazione dieta&palestra, cui i normali si dedicano un paio di volte l’anno e lui per una vita intera. D’ortoressia non si muore ma si vive male, danneggiati, malnutriti, sociopatici, nevrotici, praticamente feriti a morte. Instagram è la piattaforma sulla quale gli ortoressici si radicalizzano e fanno proseliti. Un hashtag che non registra cali ma sempre e solo incrementi è #fitspiration: ieri la Bbc riportava che è stato usato 17,9 milioni di volte. Gli influencer di fitness, quelli che ti dicono come dimagrire, tonificare, mangiare, bere, svegliarti, essere Jane Fonda, hanno 13 milioni di seguaci. Uno studio del 2017 dell’Ucl ha rilevato che la piattaforma virtuale che più indirizza verso l’ortoressia è Instagram – e tanto basta a garantire la sopravvivenza del social ben oltre le aspettative di chi saluta ogni decremento degli accessi come inarrestabile tramonto, perché se presto o tardi ci stancheremo dei Ferragnez, è più improbabile che ci stancheremo di cercare i guru del vivere bene, a lungo, magrissimi e bellissimi.

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Come facciamo a capire chi di loro è ortoressico o soltanto portatore sano di ortoressia o soltanto una brava persona che ci aiuta a perdere qualche chilo e distinguere i grassi insaturi da quelli saturi? E’ complicato e la complicazione è aumentata dal fatto che Instagram si presta a far risplendere tutto ciò che ruota intorno all’estetica, facendolo sembrare giusto e inevitabile, ma soprattutto dal difetto sostanziale di ogni social network: i loro linguaggi non prevedono mezze misure, sfumature, mitezza, moderazione, e sono invece enfatici, esagerati, bombaroli. Essendoci poi di mezzo la salute, ed essendo il rapporto del nostro tempo con la salute e la scienza che la governa un preoccupante fai da te, è utopistico pensare che gli utenti di Instagram, specie se giovani, siano capaci di non farsi trascinare in estenuanti olimpiadi contro gli etti in eccesso, che resistano all’idea che il corpo umano sia costantemente sfidabile e perfettibile, che si aspettino che a prescrivere loro una dieta non ci sia un fesso palestrato ma qualcuno che, davanti al nome, rechi la sigla “dott”.

 

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Non che manchino i casi di contrordine. La Bbc racconta dell’influencer canadese Jen Brett, che racconta la sua riabilitazione dopo aver sofferto di disturbi alimentari e, insieme, denuncia tutti i colleghi che vanificano il suo impegno proponendo stili di vita patologici. Ed è molto arrabbiata.

 

Mentre indirizzavamo alle riviste patinate e agli stilisti e a tutto l’universo della moda i nostri sforzi polemici e le nostre crociate per la liberazione dall’anoressia e dai modelli unici di bellezza, il nemico cresceva altrove, travestendosi da alleato. E adesso? Il body positive potrà qualcosa contro ciò che più gli assomiglia e che, forse, gli è persino strettamente imparentato come è un salutista influencer? Chi lo sa. Noialtre un po’ più anziane abbiamo sperimentato che niente salva un culo dal declino, nemmeno seguire religiosamente le prescrizioni di Kyla Itsines, personal trainer influencer che non ha smesso di far flessioni in favore di telecamera neanche il giorno dopo aver partorito (ma perché nessuno la arresta? Non si può fare una legge speciale, invece di sproloquiare su Vogue?).

 

Consiglieremmo, noialtre mature, una capillare distribuzione, in tutti luoghi laghi e istituti scolastici, di quella stupenda vignetta del New Yorker in cui due dinosauri vedono un asteroide che sta per colpire la terra e uno dice: “Ma allora ho mangiato tutta quell’insalata per niente?”.

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