Niente gonne nelle divise delle studentesse per non offendere i transessuali

Simonetta Sciandivasci

In quaranta scuole inglesi le ragazze dovranno indossare camicia e pantaloni per non turbare i transgender e per non distrarre i compagni maschi

Sono quaranta le scuole inglesi che hanno deciso di bandire le gonne dalle divise femminili. D'ora in poi, solo camicie e pantaloni per neutralizzare il genere sessuale, fosse mai che gli studenti transessuali - o intersessuali o sessualmente indecisi o decisi a non decidere (asessuali, fluid) - si sentissero costretti e/o incalzati a esser femmine o maschi o feriti dalla disinvoltura con cui gli eterosessuali sono eterosessuali. Ci sono, in verità, anche altre ragioni: tutelare i genitori musulmani che non amano mandare le figlie femmine troppo scoperte in giro per il mondo (men che meno a scuola); evitare alle ragazze l'imbarazzo di dover tirare giù la gonna quando si siedono o  di dover scoprire parti del corpo che, invece, vorrebbero nascondere; eliminare ogni possibile distrazione dei maschi.

 

Qualche mese fa, accadde anche ai maschi di un'altra scuola superiore, sempre in Inghilterra (la Chiltern Edge School): venne proibito loro di indossare i pantaloncini, ma, se proprio volevano tenere le gambe al fresco, potevano usare le gonne (un modo efficace per sedare ogni sensualità è l'inondazione di ridicolo).

 

Incredibilmente, l'ordinanza restrittiva non risponde a istanze di genitori o alunni: è una misura preventiva voluta dai direttivi scolastici, una decisione presa annusando il tempo presente e, in definitiva, ingigantendone le fobie. La reazione degli studenti e delle studentesse è stata di quasi unanime dissenso – rincuoriamoci, rincuoriamoci! - per una norma che viene percepita non solo come una museruola, ma pure una complicazione rispetto alla parecchio sentita questione dell'autostima. Gli studenti della Phillips High School hanno firmato una petizione chiedendo la revoca del divieto e rivendicando il diritto di indossare capi che li facciano sentire a proprio agio. Qui c'è il punto: la gonna o qualsiasi indumento che lasci scoperto il corpo e indichi in modo univoco il genere sessuale di chi lo indossa, è automaticamente considerato disagevole, imbarazzante. Proprio questo contestano i ragazzi: l'idea che il sesso li imbarazzi, li costipi, li umili. Allo stesso modo, si ribellano alla eliminazione preventiva e schematica delle operazioni complesse, come è l'indagine sulla propria identità sessuale e su come e quanto essa combaci con il proprio genere sessuale. Contestano l'idea che togliere al mondo i suoi colori li faciliti e li esenti dal desiderare di combinarli.

 

Naomi Wolf, femminista, ha definito il divieto della gonna “una sciocchezza”. Sarebbe rassicurante pensare a una boutade infelice di intere classi docenti in preda a un risveglio di puritanesimo, se non fosse che la misura ha i caratteri precisi di un modo di intendere, ultimamente, il pensiero: uno strumento di prevenzione dalla realtà, a sua volta ridotta a un acceleratore automatico di traumi.

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