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diario di scuola

Metodologia tanta, ma contenuti pochi. No, non è più la "Buona Scuola"

Marco Lodoli

Mentre dal ministero si chiedono sempre più informatica e competenze linguistiche, manca del tutto l'attenzione ai nuovi sviluppi delle materie. E il percorso dei giovani per arrivare alla cattedra sarà sempre più accidentato. Così il fumo prevale sull'arrosto

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Ci rimasi un po’ male quando ci fu lo sciopero contro la riforma della “Buona Scuola”: adesione pressoché totale, classi deserte, solo io e un bidello a vagare per i corridoi. Ci rimasi male perché avevo partecipato a parecchie riunioni al Miur provando a dare il mio contributo, e mi ero addirittura illuso che alla fine qualcosa di utile fosse venuto fuori, anche se molti aspetti, più tecnici, più burocratici, mi sfuggivano completamente. Però più di centomila precari sarebbero stati assunti in pianta stabile, gli insegnanti avrebbero avuto un bonus da 500 euro da spendere in consumi culturali, si sarebbe creata la figura dell’insegnante di potenziamento, che avrebbe sostituito i supplenti volanti: insomma, non mi sembrava il disastro che invece appariva evidente a tutti i prof. italiani. Passò la notizia che i presidi avrebbero potuto chiamare chi volevano, e dunque cugini, cognati, amici e amici degli amici, scavalcando ogni tipo di graduatoria. Non era affatto così, ma questo fu percepito dalla classe insegnante e la contestazione fu massiccia e convinta.

Ora, a distanza di sette anni, c’è stato un altro grande sciopero, appoggiato da tutti i sindacati, dai più morbidi ai più agguerriti. Il punto cruciale riguarda la formazione e il reclutamento degli insegnanti. La formazione riguarderà “le metodologie didattiche innovative e le competenze linguistiche e digitali”, che si svolgeranno al di fuori dell’orario scolastico, che saranno compensate solo al 40 per cento dei prof., e che saranno finanziate essenzialmente tagliando nei prossimi anni più o meno diecimila posti di lavoro. Il ministero vuole che i nuovi professori sappiano usare al meglio i computer, che siano in grado di dominare perfettamente gli strumenti digitali, perché la nuova didattica passerà soprattutto attraverso queste nuove competenze. Insomma, dovrebbe nascere una scuola nuova, dalla quale scompare il vecchio prof. che prova a conquistare i suoi studenti con lezioni affascinanti, coinvolgenti, in cui riversare tutto quello che ha studiato all’università e poi da solo, per anni e anni, ogni giorno, e nella quale appare il nuovo prof., che dalla lampada magica del computer ricava mille stimoli, più in linea con la struttura mentale e con la fantasia dei ragazzi di oggi.

Quello che mi ha sempre stupito in queste recenti richieste di aggiornamento è la mancanza assoluta di attenzione verso gli sviluppi delle varie materie. A me sembrerebbe utilissimo un aggiornamento su cosa è accaduto nella letteratura italiana, e non solo italiana, negli ultimi trenta o quaranta anni, sugli autori che hanno provato a raccontare il nostro acceleratissimo tempo, e lo stesso per quanto riguarda la storia, e la scienza, e la filosofia, e tutte le materie. Una vivace rinfrescata ai programmi, uno sguardo appassionato sulle trasformazioni artistiche e scientifiche. Il presente non è fatto solo di nuova tecnologia, di modelli e forme prodotte dai computer, ma soprattutto di nuove consapevolezze, di nuove espressioni, di nuove ricerche intellettuali, sia nel campo creativo sia in quello scientifico. Spiegare Carducci e D’Annunzio attraverso agili capriole del computer può anche essere interessante, ma credo che sarebbe molto più interessante avvicinare i ragazzi agli scrittori di questa epoca, che solo con le parole hanno saputo descrivere le nuove crisi e le nuove speranze. E questo vale per ogni disciplina.

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Insomma, mi sembra che prevalga la metodologia sui contenuti, la forma sulla sostanza. Per quanto riguarda il percorso che un giovane laureato dovrà compiere per arrivare alla cattedra, sarà sempre più faticoso e accidentato. Esami su esami, crediti su crediti, idoneità, anni di prova, un calvario dolorosissimo e incerto. E’ giusto che gli studenti abbiano insegnanti ben preparati, ma io temo che il fumo prevalga sull’arrosto e che alla fine in troppi si perderanno nel labirinto, sbranati dal minotauro della sfiducia. Tra l’altro giovani colleghi mi raccontano che tanti crediti, necessari per scalare posizioni in classifica, vengono venduti da sedicenti università telematiche, pronte a incassare soldini e a consegnare attestati. Come sempre, la semplicità viene messa da parte in nome di una presunta serietà che alla fine è solo caos, ansia, discriminazione. I nuovi professori arriveranno alla meta spompati, ubriachi di nuove metodologie (ma quali sono, poi?) e senza avere il tempo di continuare a studiare con piacere la loro materia. E’ così, accendiamo i computer e allacciamo le cinture: si ricomincia a correre nel vuoto.

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