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L'intervista

Quello che (ancora) manca alla scuola. Parla il capo dei presidi

Angelica Migliorisi

Dalla gestione degli insegnanti fragili al rientro degli studenti dopo un'assenza per malattia, Antonello Giannelli ci spiega quali sono le incertezze a pochi giorni dall'avvio dell'anno scolastico. "Alle famiglie dico: collaboriamo"

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Il 14 settembre è alle porte, ma il ritorno tra i banchi per gli studenti è sempre meno nitido. E mentre l’opposizione punta il dito contro la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, rea di aver temporeggiato sulla questione Scuola, le proteste arrivano adesso anche da chi, le aule, le conosce meglio di chiunque altro. Il 5 settembre Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, ha inviato una lettera alla ministra chiedendole “le indicazioni necessarie per quella ripresa dell’attività in presenza che costituisce una assoluta priorità per il Paese: mai come oggi la scuola è stata al centro dell’interesse collettivo”. Dieci i punti dolenti, quelli ancora irrisolti: dalla “gestione dei lavoratori fragili” alle “sostituzioni del personale assente”. Il tutto mentre il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, spegne le speranze di chi credeva che il peggio fosse passato, firmando il nuovo Dpcm e prorogando al 7 ottobre le misure di contrasto alla diffusione del Covid-19.

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Il 14 settembre è alle porte, ma il ritorno tra i banchi per gli studenti è sempre meno nitido. E mentre l’opposizione punta il dito contro la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, rea di aver temporeggiato sulla questione Scuola, le proteste arrivano adesso anche da chi, le aule, le conosce meglio di chiunque altro. Il 5 settembre Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, ha inviato una lettera alla ministra chiedendole “le indicazioni necessarie per quella ripresa dell’attività in presenza che costituisce una assoluta priorità per il Paese: mai come oggi la scuola è stata al centro dell’interesse collettivo”. Dieci i punti dolenti, quelli ancora irrisolti: dalla “gestione dei lavoratori fragili” alle “sostituzioni del personale assente”. Il tutto mentre il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, spegne le speranze di chi credeva che il peggio fosse passato, firmando il nuovo Dpcm e prorogando al 7 ottobre le misure di contrasto alla diffusione del Covid-19.

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Qual è lo stato dei lavori sui dieci punti critici?

Non sono ancora stati risolti, per questo abbiamo mandato una richiesta di attenzione. Il primo punto, per esempio, riguarda i lavoratori fragili: c’è stata una circolare dei ministeri del Lavoro e della Salute incentrata su questa particolare categoria, ma si focalizza soprattutto sul punto di vista del medico competente invece che su quello della gestione del lavoratore da parte del dirigente scolastico. Non essendo malati, al momento non possono essere trattati come fossero in malattia. Sono in grado di lavorare ma non devono essere esposti al rischio di un contagio. Non è chiaro come tratteremo queste persone, al momento c’è una lacuna normativa. Un’altra questione insoluta è quella delle certificazioni mediche degli alunni che tornano dopo un’assenza per malattia di cui noi non sappiamo la causa: un conto è se rientrano dopo un raffreddore o una banale influenza, un altro è se hanno contratto il Covid. Siamo in attesa di capire tutto questo.

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È vero che molti docenti non vogliono fare i tamponi?

Temo sia una polemica sterile. Partiamo dal fatto che non ci sono dati: commentare delle notizie che non è detto siano fondate e basate su evidenze scientifiche è terribile. Si corre il rischio di alimentare una diatriba o addirittura una fake news. Il ministero dovrebbe pubblicare questi dati – ammesso che li abbia. Quello che io posso dire è che, per quanto riguarda alcune regioni, non c’erano le informazioni da parte del servizio sanitario: so di tanti docenti che si sono rivolti al medico di famiglia, il quale non aveva nessuna informazione né sapeva come agire. Tra l’altro sembra che anche i medici dovessero aderire volontariamente e non tutti hanno aderito. È chiaro che, in questo clima, si fa presto a dire che i docenti non si sottopongono al test. Ma è il sistema sanitario a non favorire la pratica.

    

Ravvisa delle mancanze da parte del governo? Ci si è mossi troppo tardi?

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Il governo ha affrontato prima l’emergenza economica per far ripartire le attività produttive. Cosa comprensibile, da un certo punto di vista. Ma da parte mia, avrei preferito fin da subito una maggiore attenzione al nostro mondo.

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Cosa ne sarà degli “studenti fragili”?

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Sono una categoria attenzionata in tutti i documenti. Si cerca di metterli sempre a proprio agio: per esempio i ragazzi disabili che non potranno indossare la mascherina, non la porteranno. Dovranno essere i loro compagni e i docenti a indossarla. Credo che l’interesse per loro sia massimo, non è possibile pensare di vivere come se non ci fosse la pandemia. Questi studenti potranno andare a scuola. Se parliamo di ragazzi che non possono contrarre malattie perché, per esempio, immunodepressi, c’è già un’iniziativa ministeriale chiamata “La Scuola in ospedale” che riguarda i lungodegenti, ma che si occupa anche di seguirli quando vengono dimessi dall’ospedale e seguono le lezioni da casa. È un progetto che risale a diversi anni fa. Quindi in caso di studenti le cui condizioni di salute non consentano la frequenza, ci sono iniziative che possono aiutarli.

    

Per quanto riguarda i direttori dei servizi generali amministrativi (Dsga)?

In alcune regioni non sono ancora terminate le prove, c’è un certo ritardo: le assunzioni dovevano avvenire a partire dal 1 settembre. Stiamo aspettando. Voglio ricordare che si tratta di figure fondamentali dell’organizzazione scolastica, senza le quali i presidi si troverebbero in estrema difficoltà a gestire le varie attività.

      

Siamo all’8 settembre. Cosa si sente di dire a una mamma che tra pochi giorni manderà il figlio a scuola?

Le direi che deve avere la massima fiducia nel sistema perché abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare affinché tutto possa riprendere in sicurezza. Dopodiché, chiedo alle famiglie la massima collaborazione, in particolare su due aspetti: in primo luogo, misurare la temperatura ogni mattina ai bambini e non portarli a scuola con trentasette e mezzo di febbre. Questo è fondamentale. In secondo luogo, chiedo ai genitori di parlare con i propri figli dell’importanza dell’uso della mascherina in base alle istruzioni scolastiche (già sappiamo benissimo che in certe situazioni si potranno togliere). La famiglia deve riuscire a fare accettare ai bambini l’idea che la mascherina sia indispensabile.

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