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Lo scarica barile di Azzolina e Arcuri sulla scuola

Salvatore Merlo

Mancano pochi giorni all’inizio dell’anno scolastico, di banchi nuovi nemmeno l’ombra. Ecco il ballo in maschera dell’irresponsabilità

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Roma. In primavera facevano a gara per risolvere il problema. E allora Lucia Azzolina, che sarebbe il ministro dell’Istruzione, storceva il naso e si lamentava perché si considerava commissariata dal commissario chiamato ad affrontare l’emergenza Covid, perché mai non possiamo occuparcene noi del ministero, che siamo bravissimi? Mentre lui, Domenico Arcuri, il commissario che avrebbe dovuto rifornire le scuole d’Italia, intanto si faceva prodigo (a parole) di banchi monoposto dunque a prova di virus, e quindi come un Rodomonte o uno Spezzaferro raccontava di decine di aziende già mobilitate, insomma pronte a offrire “fino a tre milioni di nuovi banchi” per la riapertura delle scuole. Boom. Così, adesso che la riapertura delle scuole è questione di giorni e dei banchi non c’è nemmeno l’ombra (ieri sono arrivati 400 banchi ma sono quelli comprati dalle scuole stesse o dagli enti locali), ora che ai primi di settembre rientrano gli allievi per i corsi di recupero, eccoli ancora, di nuovo, sempre loro, Azzolina e Arcuri, che adesso però non si sfidano più nella gara a chi è più in gamba, ma si consegnano al contrario a un ping pong di responsabilità. Il commissario, infatti, non fa che ripetere, in ogni audizione, dentro e fuori dal Parlamento, che il ministero e il comitato tecnico scientifico gli hanno fatto sapere troppo tardi che quei banchi servivano. E il ministro, in televisione, a “in Onda”, ha risposto così a chi le chiedeva se allora, finalmente, questi benedetti banchi che dovevano essere pronti prima dell’inizio dell’anno scolastico saranno consegnati almeno entro fine ottobre: lo garantisce? “Non sono io a garantirlo, ma il commissario Arcuri”. Intelligenti pauca. Il tempo è così poco reale: sta sospeso un’eternità per settimane e in un secondo precipita per mesi interi. E più precipita, più diventa complicato giustificare l’inazione. 

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Roma. In primavera facevano a gara per risolvere il problema. E allora Lucia Azzolina, che sarebbe il ministro dell’Istruzione, storceva il naso e si lamentava perché si considerava commissariata dal commissario chiamato ad affrontare l’emergenza Covid, perché mai non possiamo occuparcene noi del ministero, che siamo bravissimi? Mentre lui, Domenico Arcuri, il commissario che avrebbe dovuto rifornire le scuole d’Italia, intanto si faceva prodigo (a parole) di banchi monoposto dunque a prova di virus, e quindi come un Rodomonte o uno Spezzaferro raccontava di decine di aziende già mobilitate, insomma pronte a offrire “fino a tre milioni di nuovi banchi” per la riapertura delle scuole. Boom. Così, adesso che la riapertura delle scuole è questione di giorni e dei banchi non c’è nemmeno l’ombra (ieri sono arrivati 400 banchi ma sono quelli comprati dalle scuole stesse o dagli enti locali), ora che ai primi di settembre rientrano gli allievi per i corsi di recupero, eccoli ancora, di nuovo, sempre loro, Azzolina e Arcuri, che adesso però non si sfidano più nella gara a chi è più in gamba, ma si consegnano al contrario a un ping pong di responsabilità. Il commissario, infatti, non fa che ripetere, in ogni audizione, dentro e fuori dal Parlamento, che il ministero e il comitato tecnico scientifico gli hanno fatto sapere troppo tardi che quei banchi servivano. E il ministro, in televisione, a “in Onda”, ha risposto così a chi le chiedeva se allora, finalmente, questi benedetti banchi che dovevano essere pronti prima dell’inizio dell’anno scolastico saranno consegnati almeno entro fine ottobre: lo garantisce? “Non sono io a garantirlo, ma il commissario Arcuri”. Intelligenti pauca. Il tempo è così poco reale: sta sospeso un’eternità per settimane e in un secondo precipita per mesi interi. E più precipita, più diventa complicato giustificare l’inazione. 

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Più il tempo passa, più si resta pericolosamente impiccati alle spacconate e alle millanterie, alle promesse fatte a maggio e ancora irrealizzate alla vigilia di settembre. Così, ieri pomeriggio, a Palazzo Chigi, davanti a Giuseppe Conte e al ministro della Salute Roberto Speranza, nel corso di una riunione proprio sui banchi fantasma, Lucia Azzolina ha allargato lo sguardo su tutti i presenti, compreso Domenico Arcuri, e con una smorfia di sorriso, quasi il lampo livido che precede lo scoppio del fulmine, ha pronunciato all’incirca queste parole: “Qua la responsabilità è collettiva”. A riprova del fatto che il problema c’è, è gigantesco, e al governo lo sanno benissimo, al punto che un ordine di scuderia è calato dall’alto su tutti i ministri, i capigruppo e i dirigenti dei partiti di maggioranza: “Non parlate di scuola”.

  

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Chi ha vinto la gara per la costruzione dei banchi? Non si sa. Quando arriveranno? Forse alla fine di ottobre, ma anche no, dipende. E quanti saranno questi banchi? Mistero. E quali regioni e quali istituti saranno riforniti per primi? Boh. Persino il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ieri, intervistato dalla Stampa, si chiedeva come sia possibile che a pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico non si sappia nemmeno chi dovrebbe costruirli questi arredi scolastici con i quali garantire il distanziamento dei ragazzi delle elementari, delle medie e delle superiori che stanno per tornare in classe. E non si può nemmeno dire che il virus ci abbia preso alla sprovvista, stavolta. Dal ministero dipende, in teoria, un lavoro di cernita e di analisi sugli edifici: esistono aule più grandi, si possono trovare spazi per diluire la concentrazione degli alunni? Se infatti si trovassero degli spazi insperati, questo significherebbe che per garantire il distanziamento dovrebbero servire meno banchi. Al contrario, se non dovessero essere individuati spazi nuovi, i banchi dovranno essere certamente di più. Ma quanti? E il lavoro di cernita è stato fatto? E come hanno potuto incaricare queste misteriose aziende di costruire dei banchi scolastici se non sanno quanti ne servono e nemmeno dove vanno consegnati? Chissà. A una settimana dal primo rientro di alunni nelle classi ci sono solo domande, pochissime risposte, e una grana che potrebbe presto diventare politica visto che in tanti ripetono, a mezza bocca, la stessa cosa: “Sulla scuola il governo rischia di cadere”. Ragione per la quale i protagonisti di questa vicenda, Azzolina e Arcuri, la ministra e il commissario, ogni qual volta si sforzano di considerare freddamente l’intero groviglio nel quale si sono cacciati, annaspano e si consegnano al ballo in maschera dello scaricabarile. “La responsabilità è collettiva”, “no è di Azzolina”, “anzi è di Arcuri”. Finirà che è di… nessuno.

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