editoriali
Scuola, chiuso per disinteresse?
La paura dei contagi non giustifica mesi (e anni) di finte soluzioni
A voler essere un poco cinici, o forse un po’ più realisti del re, si dovrebbe cominciare a mettere a tema una brutta possibilità: che le scuole italiane il 14 settembre non riaprano, come invece ufficializzato dalla ministra Lucia Azzolina. A pensar male si fa peccato e non sempre ci si azzecca, checché ne dicesse Andreotti. Ma il peccato più grave, e che un paese serio deve assolutamente evitare, è non guardare con realismo ai fatti.
A voler essere un poco cinici, o forse un po’ più realisti del re, si dovrebbe cominciare a mettere a tema una brutta possibilità: che le scuole italiane il 14 settembre non riaprano, come invece ufficializzato dalla ministra Lucia Azzolina. A pensar male si fa peccato e non sempre ci si azzecca, checché ne dicesse Andreotti. Ma il peccato più grave, e che un paese serio deve assolutamente evitare, è non guardare con realismo ai fatti.
I fatti dicono che il numero dei contagi da coronavirus – per quanto al momento non drammatici e letali come mesi fa – sta risalendo. La paurosa parola “curva” l’abbiamo già dimenticata, ma è lì che ci aspetta alla prova di settembre. Inoltre c’è “l’inghippo” delle elezioni locali più referendum il 20 e 21 settembre, e aprire per richiudere può persino essere un test di funzionamento, ma qualcuno proverà a usarlo come una scusa per stare fermi. La cruda verità è più complessa, e generale. Le scuole sono chiuse da marzo, tutti gli altri paesi hanno elaborato strategie, fatto prove. In Italia da mesi si inventano slogan, e problemi che vengono invece presentati come soluzioni.
Luciano Capone spiega nel dettaglio come la soluzione “banchi monoposto” sia diventata un’altra complicazione insolubile, mentre forse bastava censire le aule extra disponibili e mettere in condizione i direttori scolastici di utilizzarle. Invece di minacciare la responsabilità penale per i presidi in caso di contagio. E la mitica app di Azzolina per calcolare le planimetrie dov’è finita? Le ultime finte soluzioni sono le mascherine, che il Cts prima non riteneva obbligatorie e adesso invece propende per renderle tali (se un bambino se la toglie, sarà punita la maestra?). Poi ci sono le assunzioni, su cui si è litigato per mesi: concorso sì o no. Ma che alla prova dei fatti, si sa, non basteranno a coprire gli organici: perché il problema delle graduatorie è strutturale. Il punto della scuola è che in Italia a nessuno interessa davvero, con buona pace di Draghi. Per tutti i governi è una gatta da pelare, e nessuno rischia nulla su riforme che ribalterebbero usi, malcostumi e interessi di mezzo paese. Ora imperversano commissari e comitati, ognuno in cerca di gloria. Tanto i figli poi crescono e i banchi vuoti restano lì.