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La riapertura delle scuole, un’ossessione sospetta

Giuliano Ferrara

Polemizzano tutti. Alla tiritera dell’oddio aprono i bar ma chiudono le scuole perché sono barbari, si accoppia il giudizio negativo o rassegnato verso l’home schooling che si è realizzato

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Ora vorrei sostenere che il ritorno a scuola è un indizio di normalità ritrovata, la soluzione di molti problemi per le famiglie e in particolare per le madri, e che bambini e ragazzi e universitari (lo studentato) traggono un enorme giovamento dalla scuola vera, in presenza corporale di discenti e insegnanti, sia per la socializzazione sia per il disciplinamento sia per il gusto della libertà e dell’amicizia, per non parlare dell’istruzione, della ricerca, del tirocinio per il lavoro qualificato, ché questo della scuola pubblica e privata è un grande strumento insieme di controllo, di educazione, di aiuto alla vita delle famiglie, e di impulso alla libertà e alla vita di relazione nell’impulso alla conoscenza. Non ho figli, ma sono stato figlio, e la sincera filastrocca di benedizione della scuola è finita. Spero si capisca che cosa voglio dire d’ora in avanti e mi si assolva al tribunale della cancel culture e dello hate speech, alla mia statua io ci tengo.

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Ora vorrei sostenere che il ritorno a scuola è un indizio di normalità ritrovata, la soluzione di molti problemi per le famiglie e in particolare per le madri, e che bambini e ragazzi e universitari (lo studentato) traggono un enorme giovamento dalla scuola vera, in presenza corporale di discenti e insegnanti, sia per la socializzazione sia per il disciplinamento sia per il gusto della libertà e dell’amicizia, per non parlare dell’istruzione, della ricerca, del tirocinio per il lavoro qualificato, ché questo della scuola pubblica e privata è un grande strumento insieme di controllo, di educazione, di aiuto alla vita delle famiglie, e di impulso alla libertà e alla vita di relazione nell’impulso alla conoscenza. Non ho figli, ma sono stato figlio, e la sincera filastrocca di benedizione della scuola è finita. Spero si capisca che cosa voglio dire d’ora in avanti e mi si assolva al tribunale della cancel culture e dello hate speech, alla mia statua io ci tengo.

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C’è un lato delle continue polemiche sulla scuola, in rapporto all’epidemia, che infatti non capisco. Polemizzano tutti: liberisti e libertari convinti del carattere ingombrante dello stato nella vita privata, conservatori e progressisti, in certi casi senza eccezioni, quasi tutti mostrano un grado altissimo di sfiducia nell’esperimento forzato di insegnamento a distanza che è durato mesi.

  

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Qualificano quel periodo come una stagione di tormento, giudicano le misure di lockdown scolastico come una maledizione imposta da classi dirigenti che se ne fregano del benessere reale dei cittadini e dell’infanzia, dell’adolescenza, della gioventù e delle famiglie interessate direttamente al fenomeno, mettono in croce chi ha disposto il lungo intervallo tuttora in corso in Italia, gente che ha a cura la salute e negazionisti alla stessa stregua lodano chiunque abbia deciso, non importa se un Trump o un Macron o un Netanyahu, persone così diverse, di dare la priorità al ritorno in classe. Ignorano i dati negativi sulle riaperture, che fanno pensare (bastava leggere sabato qui la cronaca perfetta di Daniele Raineri su America e Israele, sulla grande disillusione del ritorno nella Itaca dell’educazione nazionale). L’idea o sottotesto è che se tutto è un potenziale focolaio, l’azienda agricola e il nucleo dei parenti e la fabbrica o l’ufficio o la spiaggia e il caffè ristorante movida stadio viaggio treno bus eccetera, la scuola no, è un sacrosanto luogo di custodia che ministri e ministre cattive tengono chiuso alla fruizione pubblica egalitaria benevola decente e indispensabile.

  

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A questa scemenza edificante, alla tiritera dell’oddio aprono la strada e il bar ma chiudono le scuole perché sono barbari, si accoppia il giudizio negativo o rassegnato, dopo primi festeggiamenti da necessità, verso quel tanto di home schooling che si è realizzato, il tempo pieno familiare invitabile che ne è seguito, e gli strumenti di relazione educativa attraverso le tecnologie di ravvicinamento sociale, fenomeni i riappropriazione libera di spazi gestiti dallo stato nanny, lo stato badante, in una situazione che lo imponeva tassativamente. Ammiro sinceramente chi si batte per il ritorno a scuola, date certe, procedure di sicurezza possibili, e chi considera degno del rischio questo ritorno, che è necessario, auspicabile, urgente e possibile, ma in questo amor scholae che sa tanto di raccolta differenziata e ambientalismo apocalittico e statalismo infuso in vena, circolando in bicicletta su una ciclabile, o peggio in monopattino, e in questo odio per la magnifica attitudine privata di tanti in questi mesi di sostituire il moloch della scuola con lo schooling com’era possibile, vedo qualcosa di sospetto, mi spiace. E quando mi dicono che nonostante la casa bruci, per ragioni diverse da quelle da lei indicate, la giovanissima Greta Thunberg è tornata a scuola, bè, penso che l’ossessione scolastica, per la bandiera dei fridays for future che la scuola la marinavano, sia uno dei quei segni di debilitazione del vero contenuto della libertà intellettuale e etica degli umani oggi ravvisabili un po’ dovunque.

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