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Nelle scuole da nord a sud la ripartenza di settembre è un punto interrogativo

Marianna Rizzini

Nella ricerca e nella rincorsa di torti e ragioni, c’è chi ha il timore che possa riprodursi una situazione simile a quella vista rispetto alla Sanità nei mesi più duri del lockdown

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Roma. Il conto alla rovescia per la riapertura delle scuole è cominciato, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina promette di rendere più efficiente la chiamata dei supplenti (problema sottostante a quello dell’eventuale divisione delle classi per ragioni di distanziamento sociale) e il confronto stato-regioni produce da un lato le linee guida per la riapertura e dall’altro un documento che, sulla base delle indicazioni del Comitato tecnico-scientifico, dà indicazioni per riaprire “in sicurezza”. Ma i genitori e gli studenti non smettono di preoccuparsi: troppe sono le incertezze che rendono la ripartenza di settembre un enorme punto interrogativo. E nei territori l’incertezza produce tensioni. A Milano, intanto, qualche giorno fa, il comune guidato da Beppe Sala ha chiesto con una lettera alla Regione Lombardia delucidazioni (e certezze) sulla riapertura delle scuole d’infanzia. L’assessore regionale all’Istruzione, Melania Rizzoli, ha risposto che sulla riapertura del “Sistema integrato dei servizi di educazione e istruzione” dalla nascita fino a sei anni il sindaco di Milano e il suo assessore hanno “confuso il destinatario” e che “l’allarme dev’essere rivolto al governo”. L’assessore comunale milanese all’Istruzione Laura Galimberti ha risposto dicendo che “non è intenzione dell’amministrazione comunale scaricare alcuna responsabilità”.

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Roma. Il conto alla rovescia per la riapertura delle scuole è cominciato, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina promette di rendere più efficiente la chiamata dei supplenti (problema sottostante a quello dell’eventuale divisione delle classi per ragioni di distanziamento sociale) e il confronto stato-regioni produce da un lato le linee guida per la riapertura e dall’altro un documento che, sulla base delle indicazioni del Comitato tecnico-scientifico, dà indicazioni per riaprire “in sicurezza”. Ma i genitori e gli studenti non smettono di preoccuparsi: troppe sono le incertezze che rendono la ripartenza di settembre un enorme punto interrogativo. E nei territori l’incertezza produce tensioni. A Milano, intanto, qualche giorno fa, il comune guidato da Beppe Sala ha chiesto con una lettera alla Regione Lombardia delucidazioni (e certezze) sulla riapertura delle scuole d’infanzia. L’assessore regionale all’Istruzione, Melania Rizzoli, ha risposto che sulla riapertura del “Sistema integrato dei servizi di educazione e istruzione” dalla nascita fino a sei anni il sindaco di Milano e il suo assessore hanno “confuso il destinatario” e che “l’allarme dev’essere rivolto al governo”. L’assessore comunale milanese all’Istruzione Laura Galimberti ha risposto dicendo che “non è intenzione dell’amministrazione comunale scaricare alcuna responsabilità”.

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Nella ricerca e nella rincorsa di torti e ragioni, c’è chi ha il timore che in Lombardia possa riprodursi, sulla scuola, una situazione simile a quella vista rispetto alla Sanità nei mesi più duri del lockdown (con rimpallo e palude conseguenti). Intanto dal comitato “Priorità alla scuola” Chiara Ponzini, una delle voci del coordinamento milanese, dice che “dodicimila bambini non hanno, a oggi, un posto confermato nelle scuole dell’infanzia” e che è già emerso un altro problema: “In diverse circolari di presidi”, dice Ponzini, “non si assicura il tempo pieno, battaglia storica vinta dalle nostre madri che hanno lottato per una scuola democratica e a tempo pieno che completasse l’educazione con la difesa del lavoro femminile”. E ieri “Priorità alla scuola” ha organizzato un presidio a Milano, davanti alla Regione Lombardia, e in altre regioni, tra cui l’Emilia-Romagna, presentando al governatore e presidente della Conferenza stato-regioni Stefano Bonaccini una lettera con “richieste, proposte operative e punti fermi per la riapertura della scuola”. Dice Maddalena Fragnito, voce di “Priorità alla scuola” a Milano e a livello nazionale: “Le Regioni hanno accettato le linee guida senza colpo ferire, perché? Se si riapre così, si rischia di sottovalutare le conseguenze – in termini di disuguaglianze, inefficienze, rabbia – di molte questioni irrisolte”. C’è il problema dei problemi, infatti, cioè la didattica a distanza, ma anche quello delle aule e dei docenti necessari a garantire il distanziamento. Poi ci sono i fondi, gli spazi, il ricorso ai precari e al terzo settore. Come far quadrare i conti? Come garantire un minimo di uniformità? “La chiusura delle scuole durante il lockdown”, dice Fragnito, “ha evidenziato questioni in sospeso da anni. Speriamo questa sia l’occasione per risolverle, finalmente, al di là della riapertura di settembre”.

 

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Riaprire in sicurezza, ma come?: “Perché non riaprire intanto le famose infermerie? Potrebbero fare da ponte, intanto, tra scuola e strutture sanitarie”, dicono Ponzini e Fragnito. E alle regioni si fa presente, nella lettera del comitato, che i genitori “non sono disposti ad accettare la DaD come strumento non emergenziale” (rimostranza che accomuna le proteste dal nord al sud).

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