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Riaprire le scuole non serve

Non aiuta l’economia e porta milioni di persone in giro. Si studia a casa, calmi

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Riaprire: sì, no, forse, quando. E soprattutto: cosa? La questione che in molti si stanno ponendo e che Matteo Renzi ha gettato tra i primi nel dibattito politico è seria. Poi c’è un segmento della società che più di altri è al centro delle preoccupazioni delle famiglie, ma che ragionevolmente dovrebbe essere tenuto fuori dalle priorità vitali della “riapertura”: la scuola. Ieri, mentre si inizia a parlare del Dpcm-proroga atteso per il 2 o 3 aprile, il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina ha ripetuto, un’altra volta, che con le scuole chiuse “si andrà oltre il 3 aprile”. Una cosa che tutti gli operatori scolastici danno per scontata da settimane, e la maggior parte delle scuole si sta attrezzando per un anno scolastico che non riprenderà.

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Riaprire: sì, no, forse, quando. E soprattutto: cosa? La questione che in molti si stanno ponendo e che Matteo Renzi ha gettato tra i primi nel dibattito politico è seria. Poi c’è un segmento della società che più di altri è al centro delle preoccupazioni delle famiglie, ma che ragionevolmente dovrebbe essere tenuto fuori dalle priorità vitali della “riapertura”: la scuola. Ieri, mentre si inizia a parlare del Dpcm-proroga atteso per il 2 o 3 aprile, il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina ha ripetuto, un’altra volta, che con le scuole chiuse “si andrà oltre il 3 aprile”. Una cosa che tutti gli operatori scolastici danno per scontata da settimane, e la maggior parte delle scuole si sta attrezzando per un anno scolastico che non riprenderà.

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A nessuno fa piacere, ma è anche necessario tenere a bada con realismo l’apprensione di studenti e famiglie. Va preso atto che se c’è una cosa che può riaprire “dopo”, dopo almeno molti settori dell’economia, del commercio, della vita pubblica è proprio la scuola. Che, dal punto di vista meramente economico, non è produttiva. E, dal punto di vista della sicurezza sanitaria, significa rimettere in circolazione qualche milione di persone, tra studenti e insegnanti, innalzando i rischi e senza vantaggi pratici. Dal punto di vista delle esigenze dell’istruzione, i limiti della didattica in smart working sono evidenti, ma vanno soppesati: la didattica a distanza non è a disposizione di tutti, purtroppo, ma della maggior parte degli studenti sì. Perdere alcuni mesi di scuola non è un buco curricolare decisivo e insanabile per nessuno, non lo è mai stato e i piani di recupero possono essere approntati anche nel prossimo anno.

 

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Per quanto riguarda gli esami, ci sono più possibilità di soluzione: dal rinvio allo svolgimento a distanza: è su questo – sul decidere presto e in modo chiaro – che il ministro Azzolina dovrebbe concentrarsi, anziché annunciare ogni settimana la proroga di una chiusura che è già nelle cose. Famiglie e studenti dovrebbero invece concentrarsi sul fatto che si può studiare ugualmente, che nessuno verrà lasciato indietro e che qualche lacuna scolastica eventuale non precluderà a nessuno il futuro. In fondo, anche Einstein zoppicava in matematica.

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