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Il competente del popolo

Carmelo Caruso

Rettore capace, giornalista mancato, il neoministro dell’università Manfredi è un forte segnale di cambiamento

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E’ il napoletano che potrebbe cambiarli per sempre: mai più incompetenti e spettinati, ma curiosi e rispettosi della competenza che per Gaetano Manfredi, neoministro della Università e della Ricerca è “la struttura di cemento armato della conoscenza. Se sono quello che sono lo devo all’università che mi ha dato l’opportunità di studiare con grandi professori”. E dunque, non è solo la nomina più indovinata di Giuseppe Conte, che è vero doveva farsi perdonare quel Lorenzo Fioramonti, vanitoso stravagante in quota M5s, ma è forse la vittoria straordinaria del sapere e del rigore contro i complotti e gli stregoni anti vaccinisti, i lunatici che negano l’allunaggio, finalmente l’emancipazione dalla spavalda ignoranza che Laura Castelli ha enunciato come nuova teoria generale: “Questo lo dice lei…”.

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E’ il napoletano che potrebbe cambiarli per sempre: mai più incompetenti e spettinati, ma curiosi e rispettosi della competenza che per Gaetano Manfredi, neoministro della Università e della Ricerca è “la struttura di cemento armato della conoscenza. Se sono quello che sono lo devo all’università che mi ha dato l’opportunità di studiare con grandi professori”. E dunque, non è solo la nomina più indovinata di Giuseppe Conte, che è vero doveva farsi perdonare quel Lorenzo Fioramonti, vanitoso stravagante in quota M5s, ma è forse la vittoria straordinaria del sapere e del rigore contro i complotti e gli stregoni anti vaccinisti, i lunatici che negano l’allunaggio, finalmente l’emancipazione dalla spavalda ignoranza che Laura Castelli ha enunciato come nuova teoria generale: “Questo lo dice lei…”.

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E’ forse la vittoria straordinaria del sapere e del rigore contro i complotti e gli stregoni antivaccinisti che negano perfino l’allunaggio

Con Manfredi si insedia quindi un vero scienziato, ma si insidiano, una volta per tutte, i filtri dei ciarlatani e dei mattoidi, gli squinternati d’assalto che nel M5s hanno sempre trovato riparo, asilo e diffusione: terrapiattisti, marciate con noi! Cattedre? Scuole? Ricerca? Prima di Manfredi era tutto da distruggere. Beppe Grillo fino a maggio scorso ne proponeva infatti il superamento e a loro posto una scuola senza più professori, senza più diploma e senza laurea, aperta sette giorni su sette: “Si chiama Scuola 42. Nessun libro, nessuna lezione, nessun orario. E’ questa la nostra risposta a quella che dovrebbe essere la scuola di domani”. E’ l’istruzione che ha in mente Grillo, ma è la solita fuga dalla fatica e dallo zelo che promette a Pinocchio l’Omino di Burro. Di sicuro, non è l’istruzione né la ricerca che prepara il nuovo ministro.

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Ingegnere di 56 anni, rettore dell’università Federico II, presidente della Crui, lascerà Napoli per Roma che però ha sempre allontanato malgrado gli sia sempre stata prospettata come salto inevitabile: sia il centrodestra che il centrosinistra avrebbero voluto candidarlo in parlamento. Quella di Manfredi è invece la Roma da cui proteggersi e mantenersi a distanza e non per snobismo, ma per paura del contagio in quanto città letargica che, annotava lo scrittore Edgardo Bartoli, “infastidisce l’Italia occupata per la sua canaglia impiegatizia che la rende sempre sospetta di parassitismo. Abitare a Roma richiede un sentimento di eterna insufficienza del mondo e una tolleranza superiore a ogni sdegno. Sono qualità per animi predisposti alla vastità”. Manfredi è uomo di spazi stretti (è nato a Ottaviano e continua a vivere a Nola), ma di orizzonti e frontiere aperte, per questa ragione “Roma seduce, ma non me. Io quando sono a Roma sono attento a non essere romano. Il rischio, il mio timore, è essere inglobato in una Roma politica e autoreferenziale. Noi abbiamo bisogno di altro, di antidoti alla sete di potere”. Non è figlio di accademici, ma è fratello di Massimiliano, già deputato del Pd, una militanza nella sinistra giovanile, ma “a casa abbiamo sempre voluto che si laureasse. Gli mancano pochi esami. Era uno studente di ingegneria brillantissimo”.

 

Prima della nascita del fratello, ha raccontato sul Mattino a Maria Chiara Aulisio, su di lui si sono concentrate tutte le attenzioni dell’intera famiglia Manfredi, la nonna e poi la zia zitella Maria, “per dieci anni è stato così. La nascita di Massimiliano è stata quindi la mia liberazione”. Dei campani che si dividono in contemplatori longilinei e brevilinei d’azione, Manfredi è il longilineo che interviene. “Appena è stato nominato rettore della Federico II ha messo in sicurezza i conti e credo che questo non sia il suo più grande merito, ma forse è il primo dei meriti”, dice Fiorenzo Liguori, uno dei più preparati docenti italiani di diritto amministrativo che Manfredi ha voluto nella sua squadra da rettore: “Da uomo di cantiere ha compreso che il pericolo per l’università è quello di credersi un edificio finito e non un edificio ogni giorno da ricostruire”.

 

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A otto anni accompagnava il padre nelle sue ispezioni per cantieri e gli operai sporchi di calce lo caricavano sulle spalle

E’ figlio di ingegnere, ma non è figlio dell’ingegneria come prosecuzione a tutti costi del cognome. “In realtà volevo fare il giornalista. Ero molto bravo nelle materie letterarie. Alle medie già pensavo che dopo il liceo mi sarei iscritto a una facoltà umanistica e poi avrei cominciato a scrivere. Eravamo un gruppo di amici con la stessa idea. Alla fine abbiamo tutti cambiato idea”. A otto anni accompagnava il padre nelle sue ispezioni per cantieri e gli operai sporchi di calce lo caricavano sulle spalle, anche se il momento più bello era quando si “completava l’ultimo solaio e sul punto più alto dell’edificio, nel rispetto di una antica tradizione delle maestranze si issava la bandiera italiana”. E poi, ricorda, arrivava il momento del pranzo pagato dal capo, quello che segnava la chiusura dei lavori “dove si stava tutti insieme. progettisti e muratori, manovali e carpentieri. Non avrei voluto mai mancare a quei pranzi per nulla al mondo”.

 

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Non ha fatto nulla per farsi nominare ministro, ma a Napoli tutti sanno che il Pd aveva già provato a chiedergli di candidarsi sindaco ben tre anni fa, prima di consegnare nuovamente la città a Luigi De Magistris con cui Manfredi, almeno lui, non ha polemizzato. Subito dopo la nomina, anche De Magistris, solitamente venezuelano negli aggettivi, ha detto: “Manfredi è una figura di altissimo profilo”. Attraverso quella che hanno definito complicità – ma si trattava solo la moderazione che chi accusa non possiede – alcuni quotidiani hanno titolato: “Manfredi ministro dei centri sociali”. Hanno ritagliato una frase di buon senso per assegnarli una patente che non gli appartiene. Da rettore aveva suggerito di non criminalizzare i centri sociali, ma questo non significa che sia mai stato il teorico dell’occupazione come educazione sentimentale dello studente, lo sciopero come momento di formazione e non più assenza da dover giustificare che si era inventato Fioramonti. Al contrario del professore di Pretoria, che vuole farsi partito, Manfredi ha amicizie che vanno al di là dei partiti anche se la matrice è “di centrosinistra, il suo taglio è doroteo. Non è un temperamentale” dice un rettore che lo ha conosciuto nella sua veste di presidente della Crui. Non ha nascosto il piacere della lusinga come tanti che si nascondono, ma solo per celare le vere ambizioni: “E’ chiaro che gli inviti a candidarsi fanno sempre piacere, ma io credo che per cambiare la nostra società ognuno si debba impegnare al massimo nel suo ruolo. La politica lasciamola fare ai politici”, ha dichiarato in più di un’intervista. E’ anche noto che il Pd e il M5s stiano pensando a questo professore per realizzare in Campania quella che in Umbria è fallito: la candidatura unitaria per le regionali. Senza incarichi da ministro, ha già fatto infuriare i leghisti per la sua proposta di aprire a Napoli una succursale della Normale di Pisa, città che si è scoperta sovranista e lottato per non delocalizzare; come se Napoli non fosse Italia, ma la pericolosa Cina. Prima che il sindaco di Pisa, Michele Conti, leghista, si opponesse, “qui non passa lo straniero”, Manfredi aveva sottoscritto un accordo per trasferire al Sud alcuni corsi di eccellenza come astrochimica, gestione dei beni culturali 2.0 e ottenuto il lasciapassare della comunità accademica perché “è un’iniziativa che ha il pregio di far crescere culturalmente il Meridione”. Per una volta, l’altro Manfredi, è intervenuto sull’argomento con una lettera, (“Siamo a Totò che vende la fontana di Trevi”), che i leghisti hanno creduto essere del rettore. La bravissima Maria Esposito, responsabile della comunicazione della Federico II e motore di tutto l’ateneo, ha dovuto dunque smentire e spiegare che il Manfredi che, giustamente, diceva la sua, non era tuttavia il Manfredi che ha preferito tacere. E’ finita così: Pisa non ha voluto trasferire i suoi corsi a Napoli, ma Napoli, dopo il rifiuto di Pisa, ha ottenuto 50 milioni di euro per sviluppare una propria scuola di specializzazione. Le imprese hanno capito che a Napoli, quando c’è da sperimentare davvero, bisogna parlare con Manfredi prima ancora che conversare con De Magistris.

 

E’ noto che Pd e M5s pensano a lui per realizzare in Campania ciò che in Umbria è fallito: la candidatura unitaria per le regionali

La Apple si è lasciata convincere e ha deciso di sottoscrivere una partnership per aprire la Ios Deloveper Academy, 400 posti per formare gratuitamente nuovi sviluppatori di app, ma poi si sono aggregate la Deloitte, Ferrovie dello Stato, in futuro verrà inaugurata una academy per tutto ciò che riguarda il 5G mentre sul lato umanistico, Manfredi è l’artefice del corso di alta formazione in storia e filologia del manoscritto antico. “Importantissimo è il luogo dove è sorta la Apple Academy. Si tratta di San Giovanni a Teduccio, zona periferica e degradata” aggiunge ancora Liguori che ne ha seguito con Manfredi i primi passi.

 

I primi passi da provinciale che si sposta a Napoli, Manfredi li ha invece percorsi a bordo della Circumvesuviana, il vero treno di Paolo Conte, il treno dei desideri, dei ritardi, la carrozza che collega i provinciali campani con il resto del mondo. “Da studente l’ho presa giorno per giorno”, ripete Manfredi anche oggi che non ha voluto spostarsi da Nola. Non si è mai voluto trasferire in città e continua a muoversi mattina e sera senza auto blu, ma con un furgoncino, un Citroën dell’università, perché l’uomo è francescano: “Mi basto e mi basta poco”. La moglie si chiama Cettina Del Piano, ed è un medico ospedaliero, compagna di classe al liceo. Si sono fidanzati all’età di quindici anni, “ne sono passati ormai quaranta”. La figlia si chiama Sveva, “insieme a mia moglie cerchiamo di non invadere troppo la sua vita, con i figli unici si rischia di essere sempre eccessivamente protettivi. L’ho imparato sulla mia pelle”. Di formazione classica, Manfredi ha studiato al Liceo Carducci di Nola che sul suo sito ha appena pubblicato una foto dell’alunno illustre. Si deve invece al suo insegnante di matematica, Mario Rionero, la mancata carriera da giornalista: “In occasione degli esami di maturità, mi chiese a quale facoltà avessi intenzione di iscrivermi, gli dissi Lettere, mi guardò fisso: Manfredi, sei sprecato. Quella frase mi fece riflettere e, influenzato anche un po’ dal mestiere di papà, mi iscrissi a ingegneria, dove è cominciato un percorso per me straordinario. Ho un grande debito nei confronti dell’università”. E ha un debito di gratitudine, anche se lo ha ampiamente ripagato, nei confronti del suo maestro Edoardo Cosenza, padre delle tecniche delle costruzioni, tra i massimi esperti italiani tanto da essere protagonista della ricostruzione in Abruzzo del dopo sisma, uomo che è nel cuore di Silvio Berlusconi mentre Manfredi è nel cuore di Cosenza. A differenza di Manfredi, Cosenza ha accettato di entrare in politica come assessore regionale della giunta di Stefano Caldoro. Come Manfredi viene da tutti annoverato come una riserva campana.

 

Tra i libri che in questo periodo tiene sul comodino c’è The Death of Expertise di Tom Nichols, il saggio sulla fine della competenza

Se Manfredi è il sogno “possibile” del centrosinistra, Cosenza lo è del centrodestra. Entrambi poi sono amici di Guido Trombetti, altro vanto dell’università Federico II, docente di Analisi matematica, già rettore come Manfredi e come Manfredi ex presidente della Crui. A questo punto occorre parlare di questa specialissima università che l’italianista Francesco De Sanctis, ministro dell’Istruzione, voleva fare diventare la “prima d’Europa” e che è stata incendiata dai tedeschi ma ricostruita dagli storici Adolfo Omodeo ed Ernesto Pontieri. Perfino Luigi Di Maio, quando ha dovuto colmare le lacune in materia di regionalismo e autonomia differenziata, si è rivolto alla Federico II, università dove si era iscritto ma che aveva abbandonato per inseguire il gatto e la volpe, Grillo e Casaleggio. A luglio, come figliol prodigo, Manfredi lo ha ricevuto insieme a Franco Staiano, ordinario di diritto costituzionale e animatore dell’osservatorio sul regionalismo differenziato. Tra i titoli di Manfredi, e tutti autentici, si deve per ultimo riconoscere quello che non è un titolo, ma una scelta di campo. Ha censurato Federico Infascelli, docente di Nutrizione e alimentazione animale, perché aveva annusato che la sua ideologia aveva surrogato la raccolta di dati empirici. Infascelli aveva peggiorato alcuni valori sulla pericolosità ogm. Parole chiare le ha avute quando il M5s ha attaccato Radio Radicale: “Interrompere questo percorso sarebbe delittuoso”.

 

Tra i libri che in questo periodo tiene sul comodino c’è The Death of Expertise di Tom Nichols, il saggio sulla fine della competenza. A Napoli l’unica debolezza che gli rimproverano, e non perdonano, è la sua fede calcistica (bianconera). Credeteci, Manfredi ha già vinto. Il M5s si è affidato a lui dopo aver predicato il predominio dell’incompetenza. Manfredi dunque come i libri che mutano, nel bel film di Pietro Marcello, altro campano, l’analfabeta Martin Eden. Forza, Di Maio! Mai più ministri fuoricorso, ma tutti ministri laureati. Cinque stelle, ma con lode.

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