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cattivi scienziati

Il telescopio James Webb rivoluziona il modo in cui vediamo noi stessi e l’universo

Enrico Bucci

Gas e polveri associati a galassie e stelle possono ora essere studiati con un dettaglio senza precedenti, permettendoci di scoprire informazioni cruciali sull’origine di moltissimi oggetti cosmici. L'ultima immagine è quella di una galassia a spirale come la nostra Via Lattea

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Come già accennato su questa pagina, la visione a infrarossi del nuovo James Webb Space Telescope (JWST) permetter di studiare con un dettaglio senza precedenti alcune componenti forse meno note dell’universo conosciuto, ma di un’importanza cruciale per l’origine di moltissimi oggetti cosmici, per la chimica extraterrestre e, infine, per l’origine stessa della vita come la osserviamo oggi: i gas e le polveri associati a galassie, stelle, supernove, pianeti extrasolari eccetera.

A dimostrazione delle straordinarie capacità di JWST, arriva un’immagine del centro di NGC 628, una galassia a spirale come la nostra Via Lattea, ottenuta a partire da tre serie di dati raccolti a diverse lunghezze d’onda nella regione del medio infrarosso.

Gabriel Brammer, un ricercatore dell'Università di Copenaghen in Danimarca che non fa parte della squadra di ricerca direttamente coinvolta nel lancio e nelle attività di JWST, ha scaricato i dati da un apposito sito online mantenuto dalla NASA, il Mikulski Archive for Space Telescopes, che mette a disposizione senza limitazioni alla comunità scientifica internazionali i dati ottenuti da molte delle missioni NASA, man mano che essi arrivano, inclusi quelli ottenuti da JWST; già questo, da solo, è un fatto notevole e un esempio di come la “scienza aperta” a tutta la comunità di ricerca interessata possa ben funzionare, accelerando le osservazioni e rendendo più proficua e ampia l’analisi dei dati in tempo reale.

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Ora, la galassia NGC 628 era stata ripresa da molto tempo, sfruttando la luce visibile raccolta mediante molti altri telescopi, incluso Hubble; ma l’immagine ottenuta in infrarosso ad alta risoluzione da JWST è molto diversa e rivela una struttura nascosta, legata come detto alla distribuzione di polveri e gas, che non sono evidenziabili alla luce ordinaria. Proprio osservando questi particolari, nonostante i dati siano stati ottenuti da JWST solo domenica, alcuni scienziati hanno già notato che il centro della galassia appare relativamente vuoto e con una struttura diversa da quello che ci si poteva attendere sulla base delle immagini ottenute nel visibile, il che potrebbe indicare interessanti processi fisici. Naturalmente, proprio per la rapidità con cui è stato possibile dare questo primo sguardo ai dati di JWST, ogni osservazione e indicazione a questo stadio è preliminare; tuttavia, questa rapidità e la semplicità con cui è stato possibile creare un’immagine da dati appena acquisiti rappresenta uno dei più tangibili vantaggi di JWST rispetto al suo predecessore Hubble: i miglioramenti nella tecnologia per l'elaborazione e la distribuzione dei dati consentono oggi a chiunque, dagli astronomi ai non esperti, di esplorare i dati in una maniera mai prima possibile.

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Per ottenere la sua immagine, Brammer ha reso ciascuna delle tre regioni infrarosse che ha combinato rispettivamente in blue, in verde e in rosso; come ognuno può immediatamente realizzare, il risultato finale è una spirale di un bel colore violetto. Questo significa che nella regione resa di colore verde l’intensità di luce emessa è relativamente bassa, rispetto alle altre due: abbiamo qui un altro esempio di quale sia il nuovo tipo di informazione ottenibile mediante il JWST. Infatti, il colore dell'immagine di Brammer è generato dalla composizione chimica unica delle nubi di polvere e gas di NGC 628.

Una prima possibilità già prospettata dagli esperti è che la mancanza di luce emessa nella banda di infrarosso resa con il verde da Bremmer sia dovuta alla presenza di molecole relativamente grandi e complesse chiamate idrocarburi policiclici aromatici, come affermato da Michael Merrifield dell'Università di Nottingham, nel Regno Unito.

Queste molecole possono avere origine spontaneamente anche a temperature molto basse (-183 C°), come recentemente dimostrato; e proprio queste molecole sono un plausibile candidato per la formazione delle prime membrane biologiche, cioè per la formazione di compartimenti in grado di stabilizzare e proteggere i primi replicatori biologici come oggi fanno le membrane cellulari. Forse gli idrocarburi policiclici aromatici potrebbero addirittura essere i componenti che nella “zuppa chimica primordiale” hanno innescato l’emersione dei primi autoreplicatori, precedendo il mondo a RNA; se anche non fosse così, hanno certamente costituito una riserva di diversità chimica ampia e versatile nel mondo in cui la vita è emersa per la prima volta.

La ricerca ci dirà più avanti, integrando ed ampliando sia dati che analisi, quali sono il reale significato e la reale portata di quanto osservato preliminarmente a partire dall’immagine ottenuta da Brammer.

Quel che più importa, consentitemi di sottolinearlo ancora, è tuttavia che ci troviamo a discutere persino su questa pagina delle possibili interpretazioni di dati raccolti solo domenica scorsa da uno strumento magnifico posto a grande distanza dal nostro pianeta, con una partecipazione, una rapidità e semplicità di analisi che rappresentano un’autentica rivoluzione.

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Tenetevi forte, perché JWST cambierà il modo in cui vediamo noi stessi e l’universo intorno a noi.

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