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cattivi scienziati

Ecco come i batteri influenzano il cambiamento climatico

Enrico Bucci

Ben prima di noi si sono sviluppati essere viventi che manipolano a loro vantaggio gli eventi climatici. Grazie al programma di intelligenza artificiale di Google sappiamo come accade. Riusciremo a porvi rimedio?

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L’idea che l’uomo sia responsabile dell’alterazione del clima sul nostro pianeta ci è ormai divenuta familiare. Meno noto è il fatto che, ben prima di noi, si sono sviluppati esseri viventi che manipolano gli eventi metereologici a proprio vantaggio, grazie all’utilizzo di meccanismi molecolari che non hanno uguali in termini di efficienza.

L’occasione per presentare questo lato affascinante della moderna conoscenza scientifica mi è fornita da una notizia tecnica, di cui spiegherò più avanti il valore: Alphafold, il programma di intelligenza artificiale sviluppato da Google e messo a disposizione della comunità scientifica, è riuscito a determinare quale sia la struttura tridimensionale di una particolare proteina nella membrana di certi batteri del genere Pseudomonas. Il lettore ricorderà come, anche su queste pagine, si fosse rimarcato il passo rivoluzionario compiuto nell’applicare l’intelligenza artificiale alla determinazione della struttura tridimensionale delle proteine; qui, per sottolineare l’importanza della struttura delle proteine nel determinare le funzioni degli organismi biologici, dirò solo che, per esempio, è la struttura tridimensionale della proteina Spike di SARS-CoV-2 che determina la sua minore o maggiore capacità di agganciare il recettore ACE-2 sulle cellule umane, iniziando così l’infezione.

La struttura della proteina di cui voglio scrivere oggi corrisponde ad una funzione molto particolare: la capacità, cioè, di formare ghiaccio rapidamente in acqua super-raffreddata, ma prossima alla temperatura di fusione del ghiaccio – diciamo intorno a 2 gradi sottozero. A questa temperatura, la proteina in questione è in grado di indurre la formazione di nuclei di ghiaccio, che innescano la cristallizzazione del resto dell’acqua liquida; polveri minerali non sono in grado di farlo con altrettanta efficienza, e soprattutto necessitano di temperature molto più basse – diciamo intorno a 20 gradi sottozero. Ma a che serve una proteina in grado di formare ghiaccio? Per i batteri che le hanno evolute, sono fondamentali. Questi batteri, infatti, sono patogeni delle piante: in presenza di sufficiente umidità e di basse temperature, possono amplificare i danni da gelata, ferendo il tessuto delle piante e così aumentando notevolmente la propria capacità di infezione.

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Ma vi è molto di più. Molti di questi batteri possono essere sollevati a grandi altezze nell’atmosfera terrestre, dove insieme a muffe, polline e altri microorganismi costituiscono dal 20% al 75% (nelle foreste tropicali) del particolato atmosferico che si trova nelle nubi. La gran parte dei batteri trovati nelle nuvole vi sopravvive, e ve ne sono alcuni che sono stati trovati metabolicamente attivi: ma come “scendere” al suolo, per ritornare al proprio ambiente abituale? Ebbene, la proteina di cui si è determinata la struttura appartenente al batterio Pseudomonas syringe induce la formazione di ghiaccio a temperature che nelle nuvole, e soprattutto sopra le masse emerse alle medie latitudini, sono usuali; di fatto, questa proteina è capace di nucleare ghiaccio inducendo quindi precipitazioni piovose o nevose, secondo la temperatura, e così agevolare il batterio nella sua discesa a terra, dopo la sua cavalcata fra le nubi.

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Grazie ad Alphafold, oggi sappiamo come: la proteina costituisce una grande superficie molecolare, la quale è proprio adatta ad ospitare un certo numero di molecole di acqua disposte in un reticolo cristallino – quello del ghiaccio. Questo poi si accresce spontaneamente a formare un fiocco di neve oppure funziona da punto di nucleazione per una gocciolina di pioggia, sufficientemente pesante da cadere al suolo riportando il batterio a contatto con le piante di cui si nutre. Se la temperatura è prossima allo zero, a questo punto nuovo ghiaccio sarà favorito dal batterio sulla superficie delle piante, creando ferite e completando il ciclo. Pertanto, si pensa che l'attività di nucleazione del ghiaccio sia un adattamento dei microbi per promuovere la loro deposizione dalle nuvole povere di nutrienti alla vegetazione o al suolo ricchi di sostanze nutritive, una teoria chiamata bioprecipitazione.

Se ci riflettiamo, è incredibile come nel DNA di certi organismi viventi – in questo caso i batteri – grazie al meccanismo Darwiniano sia stata depositata l’informazione necessaria a manipolare persino la meteorologia in senso vantaggioso per la loro propagazione, in un modo che, peraltro, influenza poi a sua volta la sopravvivenza di moltissime altre specie. Resta solo da vedere se l’informazione codificata invece nei nostri cervelli circa l’effetto della specie umana sul clima sarà sufficiente a cambiare in senso favorevole alla nostra sopravvivenza, e a quella delle altre specie, il nostro comportamento.

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