(foto EPA)

cattivi scienziati

Omicron si diffonde con rapidità estrema, anche tra vaccinati. Ecco perché urge la terza dose

Enrico Bucci

Uno studio dell'Imperial College di Londra su 11mila soggetti infetti dalla nuova variante conferma la bassa protezione di due dosi di vaccino vista in altri lavori scientifici. Morale: è importante far progredire la campagna vaccinale e continuare a indossare la mascherina

Ci siamo. Abbiamo dall’Inghilterra il primo studio su scala piuttosto ampia che tratta esplicitamente diversi fattori confondenti e che valuta l’effetto della diffusione di Omicron nella popolazione inglese. I ricercatori dell’Imperial College di Londra hanno confrontato 11.329 persone con infezioni da Omicron confermate o probabili con quasi 200.000 persone infette da altre varianti. Finora, dicono i ricercatori, non vi è “nessuna prova che Omicron abbia una gravità inferiore a Delta, giudicando dalla proporzione di persone risultate positive che riportano sintomi, o dalla proporzione di casi che cercano cure ospedaliere dopo l’infezione”. Al contrario, la probabilità di avere sintomi più o meno severi, in associazione con l’infezione da Omicron e dopo correzione in base allo stato vaccinale, all’età e ad altri fattori, risulta indistinguibile da quella associata a Delta.

Cosa dice lo studio dell'Imperial College su Omicron

Si conferma la bassa protezione di due dosi di vaccino vista in altri studi, con l’efficacia contro i sintomi compresa tra 0 per cento e 20 per cento dopo due dosi (0 per cento per AstraZeneca) e tra 55 per centro e 80 per cento dopo una terza dose con vaccino a Rna. Controllando per stato vaccinale, sesso, età, etnia, sintomatologia, provenienza geografica e periodo di infezione, le probabilità di reinfezione con Omicron sono 5,4 volte maggiori rispetto a quelle di reinfezione con Delta. Inoltre, “la protezione contro la reinfezione da Omicron offerta da un’infezione passata potrebbe essere inferiore al 19% per cento”. Al momento, il tempo di raddoppio è stimato a meno di 2,5 giorni. 

La distribuzione di Omicron per età, regione ed etnia attualmente differisce notevolmente da Delta, indicando che la trasmissione di Omicron non è ancora uniforme nella popolazione. Considerata l’immunoevasività della nuova variante, questo dato potrebbe rimanere tale per molto tempo. Una rondine non fa primavera, e lo studio dei ricercatori inglesi deve essere ancora revisionato dai pari; tuttavia, si tratta del primo studio su una popolazione molto ampia di soggetti infettati, in grado di controllare una quantità di fattori confondenti grazie alla sua potenza statistica sufficiente. Inoltre, questo studio è in accordo numerico con tutte le stime precedenti sulla trasmissibilità di Omicron e con quelle circa l’effetto protettivo offerto dai diversi vaccini, sin qui derivate da studi di minore dimensione e peggio controllati; per il momento, dunque, e a meno di sorprese notevoli, resta lo studio migliore che abbiamo a disposizione.

Perché è importante accelerare con le terze dosi (e continuare a indossare la mascherina)

Restano alcuni potenziali effetti confondenti che neppure questo studio può esaminare: in particolare, l’interazione fra ospedalizzazione e parametri multipli (per esempio, stato vaccinale ed età) non è possibile nemmeno con il campione considerato, perché i ricoverati in ospedale non sono ancora in numero sufficiente. Inoltre, sebbene il sottocampione dello studio in cui l’infezione da Omicron è stata accertata con sequenziamento si comporti esattamente come quello in cui Omicron è stata determinata mediante semplice Pcr, vi è pur sempre la possibilità (remota) che altri ceppi si nascondano nei risultati dei test di Pcr. Sulla base di questi risultati, e in assenza di dati migliori a smentirli, possiamo affermare che con buona probabilità è il nostro sistema immune a proteggerci, dopo stimolazione temporalmente prossima con un vaccino; il virus, dal punto di vista della severità della malattia, non rivela per il momento cambiamenti sostanziali, mentre invece si diffonde con una rapidità estrema e contagia anche i vaccinati. A meno che altri studi di simile o maggiore dimensione non smentiscano i ricercatori inglesi – cosa che può ancora accadere, visto che per ora si tratta di una singola analisi – dobbiamo quindi confermare che ciò che si deve fare è chiaro: vaccinare con una terza dose, indossare mascherine (di livello adeguato) e diminuire le interazioni sociali quando possibile, tenendo conto che un virus che si propaga molto velocemente finisce per esaurire il serbatoio di suscettibili altrettanto velocemente, e di esaurire quindi la sua spinta epidemica.

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